In tema di buone pratiche di accoglienza, alcuni territori tendono ad attrarre una minore attenzione da parte degli studiosi, sembra questo il caso dell’area di Novara. La provincia è la quarta in Piemonte per numero assoluto e percentuale di persone di origine straniera (37.830 nella provincia, pari al 9, della popolazione straniera residente nella regione). Gli stranieri superano il 10% della popolazione residente nella provincia e raggiungono il 15% nel capoluogo: le nazionalità più rappresentate sono quella marocchina, a seguire quella albanese, rumena, ucraina e pakistana (qui si possono consultare altri dati).
Tuttavia, Novara è l’unica provincia piemontese a non ospitare progetti afferenti al SAI (il sistema nazionale di accoglienza e integrazione), mentre nel corso degli anni sono stati istituiti sul territorio diversi CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria). I dati presenti sul portale Piemonte Immigrazione ci dicono che al 29 gennaio 2019 i richiedenti asilo erano nella provincia novarese 842: ancora una volta Novara si trova in quarta posizione dopo Torino, Cuneo e Alessandria. Anche se il loro numero si è notevolmente ridotto in conseguenza del calo dei flussi migratori registrati nell’anno della pandemia e oggi sono ridotti di un terzo.
Le caratteristiche del sistema di accoglienza novarese sono state descritte nel capitolo a cura di Paolo Moroni “Novara: l’accoglienza dei richiedenti asilo e MSNA tra buone prassi e nodi critici” contenuto nel report sulle “buone pratiche dal Piemonte al Canton Ticino” che Percorsi di secondo welfare ha curato nell’ambito del progetto Minplus. Di seguito si propone un approfondimento dedicato a una delle esperienze che contraddistinguono questo territorio.
L’esperienza della Cooperativa Integra
La Cooperativa Integra gestisce da anni servizi volti all’accoglienza nella città di Novara, in particolare ha in gestione un Centro di Accoglienza Straordinaria che ospita circa 150 persone. Questo centro è strutturato in appartamenti (da 5 a 14 posti letto) distribuiti nel quartiere di S. Agabio di Novara. Nel centro lavorano 10 operatori dell’accoglienza, 3 mediatori culturali e un’assistente sociale, oltre ad altri operatori addetti alla mensa e alle pulizie.
Questa esperienza è nata sette anni fa e ha vissuto i diversi mutamenti intervenuti nel corso del tempo nel sistema di accoglienza, dal picco degli sbarchi nel 2014 e 2015, passando per Decreto Salvini, e per finire con il Decreto Lamorgese. Nel frattempo, le nazionalità più rappresentate tra i migranti accolti nel centro sono cambiate; mentre negli anni passati si trattava nella maggioranza dei casi di nazionalità sub sahariane, oggi gli ospiti sono prevalentemente pakistani e bengalesi che provengono dai confini italiani a Est.
Parlando con Eloisa Rapisardi e Sabrina Alliata, rispettivamente responsabile legale e assistente sociale della cooperativa emerge come in seguito al Decreto Salvini nell’accoglienza straordinaria siano state ridotte le attività volte all’insegnamento dell’italiano L2 (come seconda lingua) e quelle di supporto psicologico. Ciò ha comportato forti criticità per il sistema di accoglienza, l’apprendimento della lingua e la cura dei traumi rappresentano infatti, secondo Eloisa e Sabrina, le prime necessità a cui rispondere nella fase di prima accoglienza.
Strettamente connesso al bisogno di apprendere la lingua è quello di orientarsi sul territorio e crearsi delle proprie reti che possano accompagnare e favorire l’inclusione sociale. Gli ospiti del Centro si aspettano di trovare lavoro nel breve periodo ed è dunque importante, con l’aiuto dei mediatori, spiegare loro che si tratta di un percorso che necessita tempi e passaggi solitamente più lunghi.
Il primo è rappresentato appunto dall’apprendimento della lingua, i successivi passaggi dalla capacità di orientarsi sul territorio, di presentarsi, scrivere un CV, frequentare – se necessario – corsi di formazione per essere pronti ad esperienze di tirocinio e lavoro nel mercato del lavoro locale. Perché questo percorso si realizzi, a Novara come in altri territori, risulta importante coinvolgere una rete plurale e diversificata di attori.
Reti multi-attore e comunicazione
Eloisa e Sabrina citano diversi attori con cui interagiscono con continuità: il Centro di Salute Mentale (CSM), il Servizio per le tossicodipendenze (SERT) il cui intervento si rende necessario a fronte della presenza di problemi di natura psichiatrica e legati alle dipendenze; il Centro Permanente per la Formazione degli Adulti (Cpia) per quanto riguarda l’apprendimento della lingua e l’istruzione; l’associazionismo (come gli scout e la comunità di S. Egidio) che possono offrire occasioni importanti di inclusione in reti informali e amicali; il Comune con i servizi sociali che possono garantire una maggiore integrazione dell’accoglienza nel sistema di welfare locale; le agenzie formative che accompagnano migranti e italiani verso il mondo del lavoro. Si pensi, ad esempio, alla collaborazione con Filos Formazione con cui Integra ha dato vita, tra gli altri, al progetto AMAL.
Diversi sono gli elementi che sembra interessante evidenziare. In primo luogo, il lavoro di rete con gli attori presenti sul territorio non può sostituire la necessità di reintrodurre nei Centri di Accoglienza le figure dello psicologo (che può garantire un supporto continuativo e delle attività di insegnamento dell’italiano L2. Il nuovo bando, il primo dopo l’introduzione delle modifiche ai decreti sicurezza lo scorso ottobre da parte del Consiglio dei Ministri, prevederà infatti 6 ore a settimana di supporto psicologico e 4 di insegnamento di italiano L2 (Bando prefettura di Novara). La rete va, a parere delle due nostre interlocutrici, consolidata ad integrazione di un’accoglienza che a sua volta va rafforzata in termini di risorse, invertendo la direzione imboccata con il Decreto Salvini.
In secondo luogo, sono ravvisabili margini di miglioramento nella rete interessata ai processi di accoglienza sul territorio novarese: servono maggiori investimenti di risorse, di tempo ed energia perché possano consolidarsi partenariati più ampi e strutturati che potrebbero certamente portare a maggiori risultati in termini di inclusione.
Un altro elemento appare importante, sia in tema di reti multi-attore che di comunicazione, e si riferisce al mondo del volontariato. Questo offre un contributo di straordinaria importanza, ma appare necessaria un’azione di comunicazione efficace anche nei confronti dei volontari e un forte coordinamento in modo da evitare che le azioni dei vari attori coinvolti produca sovrapposizioni e confusione. Si rende necessario in alcuni casi che i volontari siano adeguatamente formati. Il ruolo dell’associazionismo risulta assai importante nel favorire l’inclusione in reti informali dei migranti, Eloisa e Sabrina citano tra le migliori esperienze gli scout e la Comunità di S. Egidio. Da tempo sul territorio si sta inoltre ragionando sulla possibilità di avviare progetti che favoriscano forme di tutoraggio e di accompagnamento dei migranti da parte delle famiglie novaresi.
L’accoglienza è una partita di cricket
Il lavoro svolto con costanza e professionalità dalla cooperativa ha portato in questo territorio diversi risultati in termini di inclusione sociale e lavorativa. Sul lato del lavoro, le esperienze di maggiore successo derivano dall’inserimento in corsi di formazione che terminano con stage curriculari. Attraverso questo meccanismo, infatti, si realizzano percorsi di accompagnamento che favoriscano l’occupabilità degli ospiti e la realizzazione di attività di matching con le aziende del territorio.
La comunicazione rappresenta un tema cruciale e molto difficile, quando si parla di accoglienza. Si pensi alle barriere linguistiche e culturali tra gli ospiti, gli operatori, la comunità locale e i migranti. Appare essenziale spiegare agli ospiti non solo gli aspetti legali e procedurali legati alla domanda di asilo ma anche i passaggi che caratterizzano il percorso di inclusione, il ruolo e le funzioni di ogni professionista coinvolto nel percorso, per accompagnarli nel conoscere il territorio, ruoli e funzioni di ogni servizio. Altri margini di miglioramento riguardano le azioni volte a favorire la comunicazione con la popolazione residente da più tempo nel territorio: all’inizio l’accoglienza del quartiere non è stata facile, ma poi l’interazione quotidiana – come spesso accade – ha permesso l’instaurarsi di rapporti di buon vicinato e amicizia.
Certamente, il lavoro quotidiano degli operatori dell’accoglienza ha monitorato e presidiato questi aspetti, ma di più si potrebbe fare con maggiori risorse e investimenti ad hoc. Senza progettualità di questo tipo, costruire una nuova narrazione sulle migrazioni, per quanto auspicabile, passa in secondo piano rispetto alla risposta ai bisogni più urgenti e stringenti.
In conclusione, possiamo affermare che le reti multi-attore per l’accoglienza e inclusione dovrebbero funzionare secondo una geometria variabile a seconda degli obiettivi e delle fasi del percorso, all’interno di un quadro dove sia presente e condivisa una chiara definizione dei ruoli e delle “regole del gioco”.
Attualmente Integra è impegnata anche in attività sperimentali e integrative promosse nell’ambito del progetto Interreg Minplus; si tratterà di rafforzare le attività di insegnamento dell’italiano L2 (in particolare nei mesi estivi di chiusura del Cpia) e di iniziative che coinvolgano l’associazionismo e il mondo del volontariato.
Le sfide quotidiane non mancano: siamo abituati ad esempio a immaginare che un gruppo di giovani uomini non veda l’ora di giocare a pallone, invece gli ospiti pakistani e bengalesi amano un gioco poco diffuso in Italia e che richiede un’attrezzatura specifica.
Si tratta del cricket, uno sport di squadra praticato con mazza, palla e guantone giocato fra due gruppi di undici giocatori ciascuno. Nato in Inghilterra, almeno nella sua forma moderna, è molto praticato nei Paesi del Commonwealth: Bangladesh, India, Sri Lanka, Pakistan, Galles, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Zimbabwe e nei Caraibi anglofoni. È dunque molto amato tra i migranti che giungono dall’Asia centrale, anche a Novara sono molti quelli che cercano di praticarlo, anche se le condizioni non sempre aiutano (come mostra questo video de La Stampa). Per questo Sabrina ha proprio intenzione di aiutare gli ospiti del Centro ad organizzare una vera e propria partita. Sarà per molti la prima che giocheranno qui in Italia.