In Canton Ticino la decisione di creare un luogo di ospitalità specifico per minori stranieri richiedenti asilo, giunti soli e senza una figura adulta di riferimento, è stata presa all’inizio del 2015, anno in cui, in Svizzera, il numero di profughi non ancora maggiorenni era quasi raddoppiato rispetto a quello precedente. Ce ne parla Paolo Moroni, sulla base delle interviste realizzate nell’ambito del progetto Interreg Italia Svizzera Minplus.
Federico Bettini, Responsabile dei Foyer della Croce Rossa Ticinese, spiega:
“Nella loro fase iniziale i percorsi di accoglienza per richiedenti asilo e ammessi provvisori sono gestiti dalla nostra organizzazione in centri collettivi, uno di questi, ospitato in un grande edificio con appartamenti, è presente nel comune di Paradiso in prossimità di Lugano. Proprio in questo centro erano ospitati, oltre ad adulti soli e famiglie, anche minorenni non accompagnati provenienti, in un primo tempo, dalla Somalia, poi anche da Eritrea, Afganistan e dall’Africa occidentale. I ragazzi, per la maggior parte di sesso maschile e tra i sedici e i diciassette anni, pur ricevendo dagli operatori l’attenzione particolare dovuta alla loro età, non erano soggetti agli specifici interventi che sarebbero stati richiesti dalla loro peculiare situazione di adolescenti soli e probabilmente traumatizzati dall’esperienza di viaggio”.
Alla luce di questa criticità, Croce Rossa e l’Ufficio Richiedenti Asilo e Rifugiati cantonale decisero di realizzare un apposito servizio, destinando l’ultimo piano dello stabile di Paradiso alla creazione di un Foyer per minorenni stranieri non accompagnati. In cantone Ticino l’istituzione dei Foyer, considerati come esperienze socioeducative alternative ai collocamenti in centri collettivi di grandi dimensioni, risale ai primi anni Settanta.
I Foyer avevano lo scopo di fornire agli adolescenti spazi fisici e sociali dove trovare appoggio e protezione, modelli adulti per identificarsi e confrontarsi, costruire e consolidare l’identità personale. Sull’esempio di queste comunità educanti, si pensò di dedicare ai giovani profughi una struttura che fornisse loro, attraverso una presa in carico completa di tipo socio educativo e assistenziale, percorsi di educazione al rispetto, al territorio e alla cittadinanza, attraverso la scolarizzazione, la formazione e il sostegno psicologico senza dimenticare le attività sportive, ludiche e di animazione.
Dal 2015 ad oggi oltre al Foyer di Paradiso, che può ospitare fino a 48 ragazze e ragazzi in piccoli nuclei abitativi ed è finalizzato all’accoglienza e alla prima attivazione di percorsi di integrazione, è stato avviato un secondo Foyer a Castione costituito da due nuclei distinti, per 40 posti complessivi: il primo destinato a ulteriori e più avanzati percorsi di integrazione, il secondo propedeutico all’uscita dal percorso di tutela e all’avvio di una vita semiautonoma al di fuori delle strutture dedicate all’accoglienza.
La figura del Curatore unico
Fabio Spinetti, lavora presso il settore curatele e tutele dell’Ufficio dell’Aiuto e della Protezione del Cantone che si occupa di sostenere, attraverso le misure indicate dal Codice civile svizzero, minori e adulti che necessitano di sostegno. Inoltre riveste il delicato ruolo di Curatore unico, ovvero rappresentante legale delle ragazze e dei ragazzi minorenni stranieri che arrivano in Ticino senza la tutela di un adulto, e chiarisce la posizione legale dei minori non accompagnati in Svizzera:
“Per quanto attiene alla custodia dei minori non accompagnati la base legale su cui poggia la loro cura e assistenza non differisce sostanzialmente da quella di qualsiasi altro minorenne residente sul territorio, dando loro, in buona sostanza, le stesse opportunità. Come per tutti i minorenni affidati fuori dal contesto familiare valgono le disposizioni federali e cantonali in materia, secondo le quali l’affidamento è oggetto di decisione di un’autorità civile come pure della sorveglianza dello Stato, sia sul minorenne che sulle strutture che lo accolgono che devono essere specificatamente autorizzate”.
Il Cantone Ticino ha fatto la scelta di attribuire i mandati di tutela dei minori stranieri ad un Curatore unico, facente funzione di delegato alla rappresentanza legale di quelli presenti sul territorio. Questa figura svolge una funzione di controllo e autorizzazione per gli atti correnti di rappresentanza e assume le decisioni riguardanti i minori in collaborazione con gli operatori dei Foyers della Croce Rossa. Le decisioni di carattere straordinario sono invece in carico dell’Autorità Regionale di Protezione (ARP), un organismo di carattere giudiziario previsto dal Codice civile svizzero che svolge funzioni di protezione dei minori e degli adulti, ha funzioni di verifica e approvazione dell’operato del Curatore che ad esso deve rispondere.
Come sono strutturati i Foyer
Federico Bettini descrive poi l’organizzazione interna dei Foyer e gli obiettivi educativi del team multidisciplinare specialistico, costituito da operatori sociali, psicologi, personale sanitario, mediatori interculturali, traduttori e volontari, che segue le ragazze e i ragazzi nel loro percorso.
“La strutturazione delle giornate è scandita da momenti di formazione che si articolano, per i nuovi venuti, attraverso un progetto di prescolarizzazione che prevede l’insegnamento delle basi della lingua italiana finalizzato all’inserimento nella scuola pubblica. Gli obiettivi principali sono quelli riferiti a preparare i ragazzi al loro futuro inserimento scolastico, al rispetto degli orari e favorire l’abitudine al nuovo ritmo quotidiano scolastico e di una vita strutturata, concetto della puntualità, della regolarità, della frequenza e cura del materiale scolastico. Per i ragazzi più vicini alla maggiore età vengono attivati percorsi di pre-pretirocinio che possano dar loro la possibilità di orientarsi consapevolmente nella scelta di un settore professionale. Sono inoltre presenti programmi occupazionali, svolti all’interno di atelier di attività manuali, e si punta molto sulla collaborazione alle attività domestiche e nella conduzione degli appartamenti al fine di fornire strumenti per gestire e costruirsi una vita in modo autonomo, seguendo le regole di base della convivenza”.
Federico Bettini sottolinea che, per instaurare un buon rapporto educativo, la fiducia reciproca è fondamentale, così come le regole, che devono essere trasmesse in modo che tutti le capiscano e le accettino. Tutti i collaboratori del team hanno il mandato di spiegare chiaramente perché è necessario fare una determinata cosa oppure perché bisogna farla diversamente:
“Le differenze culturali, in particolare, non possono essere spiegate con due parole. Ad esempio, per i ragazzi, era ovvio che le ragazze stessero in cucina; quando hanno visto che per farlo ricevevano un piccolo compenso, hanno subito protestato, ma ho spiegato loro in modo obiettivo che tutti vengono remunerati alla stessa maniera, senza differenze a seconda del sesso. Da allora in cucina è appeso un piano su cui sono riportati i turni di ciascuno e lo stesso sistema è stato messo in atto per le pulizie e il bucato”.
I programmi scandiscono le giornate, promuovono l’affidabilità e mostrano che l’aiuto di ciascuno è necessario, ma i minori presenti nel Foyer si ritrovano su un terreno insicuro che può venire loro a mancare all’improvviso. Nel momento in cui hanno lasciato il loro paese di origine e gli affetti famigliari si sono ritrovati ad affrontare un passaggio rapido dall’infanzia all’età adulta, in cui farsi carico del proprio destino e del proprio futuro, senza più il sostegno e la protezione dei genitori. A questo proposito il Responsabile dei Foyer spiega che:
“Questi giovani giungono in un contesto nuovo che non riconosce le caratteristiche di adulto maturate durante il percorso che li ha portati in Ticino, ciò provoca un’ulteriore sfida di ridefinizione del sé, oltre a quella già dettata dal percorso migratorio. Il ritorno ad una condizione che non permette loro di prendere decisioni autonome sul proprio futuro rappresenta un momento di crisi che a volte può originare comportamenti che possono venire interpretati come devianti”.
Federico Bettini sottolinea ancora che tenere conto di questo aspetto è fondamentale nella relazione educativa con i minori non accompagnati. Altrettanto importante, se possibile, diventa l’ascolto della storia di ciascuno: ripercorrere i passaggi che hanno portato i ragazzi al Foyer, può facilitare il lavoro che gli operatori mettono in atto per ricucire identità il più delle volte vittime di traumi anche gravi e che vivono situazioni di estrema fragilità. Per svolgere questo importante lavoro, all’interno del Foyer, è stato pensato un apposito locale protetto, organizzato come un salottino, che fornisse un setting adatto a creare un ambiente favorevole al dialogo con educatori e psicoterapeuti.
La scuola di Barbengo
Federico Bettini descrive poi il progetto, realizzato con la Scuola media di Barbengo, per l’inserimento dei ragazzi ancora in età di obbligo scolastico, ospiti del Foyer di Paradiso nei normali canali di istruzione.
“Nella scuola media di Barbengo (512 allievi in totale) sono stati accolti 20 giovani, dei quali 17 di origine eritrea, 2 afgani e 1 albanese. Insieme avrebbero formato una classe, ma questa scelta si sarebbe rivelata controproducente portando alla ghettizzazione dei ragazzi all’interno della scuola. Si è scelto invece di assegnare al massimo due (in un solo caso tre) minori non accompagnati per classe, ciò è avvenuto in base all’età fornita nei documenti ufficiali. Anche per i più grandi si è evitata l’iscrizione all’ultimo anno scolastico perché avrebbe compromesso la possibilità di integrarsi e li avrebbe messi nella condizione di esercitare una scelta prematura rispetto al proseguimento degli studi o alla scelta di un apprendistato”.
Anche gli orari di frequenza sono stati pensati per favorire il lavoro degli insegnanti per alloglotti, figure da tempo presenti nell’ordinamento scolastico svizzero, che inizialmente hanno sostenuto l’inserimento dei minori non accompagnati con un’articolazione oraria che prevedeva molte ore di lingua italiana, mentre la frequenza alle normali lezioni era ridotta. Con l’acquisizione di una padronanza migliore della lingua di insegnamento, l’intensità delle lezioni per alloglotti è andata diminuendo per favorire la loro partecipazione al ritmo normale della classe.
Un contributo sostanziale al processo di integrazione dei ragazzi, insieme a quello della comunità e della scuola, è riferito alla rete di volontari che affiancano la Croce Rossa nel suo compito. La presenza dei volontari, che si occupano principalmente di doposcuola, attività di animazione e ludiche, rappresenta un ulteriore passaggio di conoscenza della comunità in cui i ragazzi sono inseriti e all’interno della quale dovranno intraprendere il loro percorso di autonomia. Grazie alla loro disponibilità è stato possibile riempire i tempi morti che si sarebbero venuti a creare durante le vacanze estive scolastiche, accompagnando i ragazzi a corsi di nuoto o organizzando attività ludiche e di conoscenza del territorio.
Il passaggio alla maggiore età
Nel giugno 2019 erano presenti nei Foyer gestiti dalla Croce Rossa in Ticino un totale di 69 ospiti di cui 58 di genere maschile e 11 femminile provenienti da Eritrea, Afghanistan, Somalia, Iran, Siria, Nigeria, Gambia, Sierra Leone, Ciad, Etiopia. Il loro numero dal 2017 è andato drasticamente calando, se si pensa che in quell’anno le richieste di asilo da parte di minori non accompagnati nella Confederazione erano state 733, mentre nel 2019 si sono quasi dimezzate.
Comunque, l’approccio che caratterizza la gestione del fenomeno dei minori non accompagnati in Ticino è quello di non considerare la maggiore età una discriminante assoluta, come mostra il fatto che ben 40 ospiti dei Foyer ticinesi hanno superato i 18 anni di età. Il responsabile dei Foyer ci conferma inoltre che la distinzione tra maggiorenni e minorenni, nel caso dei giovani migranti, è artificiosa e fuorviante non tenendo conto di tutta una serie di fattori tra cui quello riferito, non tanto all’età anagrafica, ma al tempo trascorso dal momento di inserimento all’interno della struttura e dunque dalla durata del cammino di integrazione. A questo riguardo Federico Bettini sottolinea che:
“È necessario considerare il percorso di questi giovani come un processo graduale che non deve necessariamente esaurirsi al compimento della maggiore età, dunque può avere una durata variabile e dipendere dall’acquisizione delle competenze, siano esse di carattere trasversale che professionali, che permettano al giovane di inserirsi in modo autonomo nella società ospitante… Il lavoro degli operatori dei Foyer si basa sui valori del dialogo, dell’empatia e della pazienza e segue, nei confronti dei ragazzi, un percorso relazionale che, avendo come base la comprensione linguistica, porti ad instaurare modalità comunicative che stabiliscano prima la conoscenza e creino poi la reciproca fiducia necessaria al buon esito del lavoro educativo”.