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Nell’ambito del progetto Interreg Minplus – da cui è nato anche il nostro Focus Immigrazione e Accoglienza– torniamo a descrivere il sistema di accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo in Canton Ticino, ponendo particolare attenzione alle modalità di comunicazione adottate dalle istituzioni. Dopo aver descritto in questo articolo il funzionamento del sistema dell’accoglienza svizzero e il ruolo assunto dalla Croce Rossa Svizzera nella comunicazione sia esterna, verso le comunità locali che interna, di seguito approfondiamo l’esperienza del Soccorso Operaio Svizzero (SOS), che gestisce direttamente alcuni progetti di formazione e inserimento lavorativo rivolti a rifugiati, ammessi provvisoriamente e minori stranieri non accompagnati, e dell’Ufficio della formazione continua del Canton Ticino. A tal fine abbiamo intervistato Valeria Canova, responsabile del settore migrazione di SOS, e Rebecca Simone, responsabile del servizio In-Lav della stessa organizzazione. Sono state inoltre sentite Tatiana Lurati e Roberta Cecchi della Divisione Formazione Professionale dell’Ufficio dell’innovazione e della formazione continua.


Accoglienza e inclusione lavorativa dei migranti in Canton Ticino

Una volta raggiunti gli obiettivi minimi di autonomia previsti, i rifugiati in Canton Ticino possono accedere a soluzioni abitative indipendenti e iniziare il loro cammino di inserimento socio lavorativo nella società svizzera. In questo percorso sono affiancati dagli operatori del Soccorso Operaio Svizzero. Attualmente SOS Ticino ha in carico circa 1.600 persone in procedura d’asilo, con status di rifugiato, ammesso provvisorio, o con risposta negativa, ma che per vari motivi non può essere allontanato dal territorio elvetico, suddivise tra singoli e gruppi familiari. SOS Ticino, oltre a seguire la gestione degli appartamenti e l’inserimento scolastico dei minori, promuove attraverso il servizio In-lav e le varie misure messe a disposizione dal Cantone percorsi di orientamento alla formazione e al lavoro di oltre 500 adulti tra 18 e 55 anni.

Valeria Canova, responsabile del settore migrazione, spiega che l’organizzazione, pur consapevole della necessità di attuare processi comunicativi corretti, solo dallo scorso anno si è dotata di una specifica figura dedicata alla comunicazione esterna e al fundraising. L’emergenza Covid ha però dirottato le energie della collaboratrice, ora occupata ad organizzare il lavoro della sezione di SOS che, attraverso i fondi della “Catena della solidarietà” ed erogazioni provenienti dal Cantone, si è dedicata a far fronte alle nuove povertà nate dalla pandemia. Dunque, fino a questo momento, la comunicazione istituzionale è stata in carico alla direzione che si è occupata soprattutto di interventi originati da stimoli esterni, in particolare connessi ad eventi critici, spesso legati ai percorsi di accoglienza dei rifugiati.


Le tante piccole iniziative di SOS Ticino

Dalle informazioni fornite emerge comunque che la comunicazione messa in atto da SOS Ticino, non essendo strutturata, si dipana attraverso piccole iniziative come la partecipazione ad eventi di solidarietà sul territorio, ed è inoltre considerato un elemento importante l’opera dei volontari che operano all’interno dell’organizzazione che con il loro esempio diffondono i principi della cultura dell’accoglienza tra la popolazione. Un discorso a parte merita il lavoro svolto dalla sezione In-Lav che si occupa degli inserimenti lavorativi dei rifugiati. “Fino allo scorso anno, in epoca precedente al Covid,” ci dice Rebecca Simona “risultava efficace il contatto diretto con il mondo delle imprese e delle loro organizzazioni sindacali finalizzato a far conoscere le opportunità rappresentate dall’inserimento dei rifugiati in azienda: ciò avveniva sia attraverso contatti con singoli imprenditori, ma anche organizzando momenti di incontro informali in un ambiente neutro, a piccoli gruppi, all’interno di un bar e di fronte ad una tazza di caffè. Ora non è più possibile e stiamo cercando altre vie”.

Accanto a queste occasioni, il lavoro quotidiano dell’organizzazione realizza un tipo di comunicazione che si può configurare come “indiretta” nel senso che l’inserimento di rifugiati nelle aziende porta a conoscenza del mondo imprenditoriale l’attività di SOS Ticino e i percorsi di integrazione che promuove. La presenza dei rifugiati all’interno delle aziende e il lavoro in comune portano spesso alla conoscenza diretta e personale del migrante e alla sua accettazione. Risulta inoltre molto apprezzato il lavoro degli operatori che fanno da ponte con l’azienda, accompagnando da vicino l’inserimento del migrante.


I rapporti con i media e con l’opinione pubblica

Per quanto riguarda i rapporti con i media sembra riprodursi una situazione che rispecchia le posizioni della cittadinanza ticinese nel suo complesso. Come spiega ancora Valeria Canova “da una parte sono presenti mezzi di informazione che, grazie all’opera di giornalisti sensibili al tema delle migrazioni, seguono con interesse il lavoro che SOS Ticino e le altre organizzazioni svolgono su mandato cantonale, ma dall’altra alcune testate, in particolare quelle legate ai partiti anti-stranieri mostrano nei confronti del nostro lavoro un atteggiamento che a volte si spinge oltre la semplice critica.

La cosa che colpisce in questi attacchi è il fatto che SOS Ticino, pur operando su mandato del Cantone e applicando decisioni prese a livello delle istituzioni confederali e di quelle cantonali – di cui fanno parte anche partiti con posizioni anti-straniere -, sia investito direttamente dalle critiche come se fosse direttamente responsabile delle politiche di accoglienza. È possibile mettere in evidenza questo modo di operare riferendosi ad una serie di articoli apparsi tra dicembre 2020 e gennaio 2021 su un settimanale legato a forze politiche con posizioni anti-immigrazione.

“Bisogna premettere”, ci dicono le responsabili di SOS, “che in associazione con Caritas Ticino abbiamo ottenuto da parte della Confederazione il mandato per svolgere il delicato compito di assistere i migranti nel loro percorso, mettendo a disposizione giuristi preparati in tema di immigrazione… I giornalisti del settimanale, raccolta l’informazione, confezionano articoli di forte critica in cui i giuristi, di cui è esplicitato nome e cognome, sono additati come direttamente responsabili delle sentenze favorevoli e dunque della permanenza dei migranti in Svizzera”.

I responsabili di SOS Ticino, a seguito di un attacco sul piano personale ai giuristi incaricati, hanno riflettuto a lungo se fosse opportuno sporgere una denuncia, ma ha prevalso ancora una volta la linea tradizionale dell’organizzazione che non desidera impegnarsi in sterili polemiche con le testate apertamente contrarie alle politiche di accoglienza. Comunque, secondo le responsabili, “il punto critico nel processo comunicativo delle organizzazioni che si occupano dell’integrazione sociale dei rifugiati, ma anche genericamente degli stranieri, è rappresentato dall’area grigia rappresentata da quella parte di società collocata tra coloro che si sono radicalizzati su posizioni anti-stranieri e chi parte già da posizioni favorevoli all’immigrazione. La difficoltà sta nel raggiungere chi si trova nel mezzo e questo può essere fatto solo in maniera graduale, attraverso piccoli passi, promuovendo un atteggiamento dialogante e iniziative che possano coinvolgere e sensibilizzare".


Le esperienze nelle scuole e i pre-tirocini

Grandi opportunità di comunicazione verso questa fascia di popolazione sono rappresentate dagli interventi che SOS Ticino è chiamato a svolgere all’interno degli Istituti scolastici sul tema dell’integrazione dei rifugiati nella società svizzera, ma anche alcune iniziative di cui gli stessi migranti sono stati protagonisti e che hanno coinvolto alcune delle maggiori istituzioni culturali ticinesi.

È stato il caso, nel 2019, della partecipazione di un gruppo di rifugiati ad uno spettacolo teatrale dal titolo ‘Avanti Avanti Migranti’ realizzato con gli allievi dell’accademia di teatro della SUPSI rappresentato oltre che a Lugano anche a Zurigo e Venezia, ma anche dell’iniziativa con il museo LAC di Lugano, dove dopo un percorso di formazione, nello scorso autunno 2020, alcuni rifugiati hanno svolto il ruolo di guide museali accompagnando due gruppi di visitatori composti da svizzeri e migranti.


Raccontare mestieri e mondo del lavoro: come opera l’Ufficio formazione continua

Accanto a CRSS e SOS, in Canton Ticino l’Ufficio della formazione continua e dell’innovazione del Cantone Ticino è l’organismo pubblico che in modo più diretto si dedica della realizzazione di percorsi di integrazione socio lavorativa, in particolare attraverso il progetto “Pretirocinio di integrazione” che ha l’obiettivo di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani rifugiati tra 18 e 30 anni attraverso l’acquisizione di competenze di base e la sperimentazione della pratica professionale.

Sull’impatto che questa attività ha nei confronti della pubblica opinione abbiamo sentito, come detto, la responsabile dell’Ufficio Tatiana Lurati Grassi e la referente del progetto Roberta Cecchi. Quest’ultima ci ha spiegato che la comunicazione istituzionale da parte di tutti gli uffici cantonali avviene attraverso canali ufficiali e autorizzati, in particolare quando si tratta di interventi a trasmissioni televisive o radiofoniche o ad interviste giornalistiche. In riferimento al progetto “Pretirocinio di integrazione” questa condotta è ulteriormente giustificata dalle apprensioni che il tema dell’immigrazione, se trattato in modo superficiale, può suscitare nella pubblica opinione.

Poiché il progetto, per la sua realizzazione, necessita della collaborazione di imprese e organizzazioni del mondo imprenditoriale (OML), il lavoro di comunicazione deve partire proprio da queste ultime. Le nostre interlocutrici ci spiegano che è stato necessario attuare una capillare azione di sensibilizzazione, prima di tutto, per far capire “chi sono questi ragazzi, cosa fanno e perché sono venuti, in quanto la sperimentazione in azienda rappresenta il primo passo per rendere più consapevole la scelta del settore professionale di inserimento nel successivo percorso di apprendistato”.

L’avvio di una campagna di incontri in presenza con le aziende presso la Città dei Mestieri della Svizzera Italiana è stata bloccata dalla pandemia, ma la promozione delle opportunità legate ai pretirocini di integrazione è continuata attraverso webinar con testimonianze dirette di aziende già impegnate nell’ospitare tirocinanti, formatori e ragazze e ragazzi impegnati nel percorso. 

In riferimento alla comunicazione verso i migranti in carico al progetto la criticità maggiore, oltre a quella linguistica, è rappresentata dalle barriere di tipo culturale che portano a differenti interpretazioni della realtà, ma anche dal divario di conoscenze e competenze – alcuni ragazzi sono analfabeti anche nella loro lingua -, e alla presenza di traumi psicologici subiti durante il viaggio verso la Svizzera.

Roberta Cecchi ha raccontato alcuni esempi concreti riferiti alle rappresentazioni non corrette che i ragazzi possono avere dei vari mestieri o alla mancata conoscenza del numero di professioni tra cui scegliere. Il caso dell’agricoltura è emblematico: tra le varie possibilità di pretirocini esiste quella riferita al settore agricolo che comprende un’ampia scelta di proposte professionali nei vari settori. “Da parte dei ragazzi quando viene offerta un’esperienza nel settore agricolo, scatta un rifiuto totale, dovuto allo scarso riconoscimento sociale che questo tipo di lavoro ha nella maggior parte dei Paesi di origine. Lo stesso discorso vale anche per il meccanico di bicicletta, considerato una professione sminuente rispetto ad altre”.


L’importanza della mediazione culturale

Devono quindi essere messi in atto, da parte delle figure che accompagnano i rifugiati nell’esperienza, processi comunicativi che implicano anche un’attività di mediazione culturale, finalizzata a far comprendere il diverso prestigio che alcune professioni possono avere nella cultura del lavoro in Svizzera. L’ostacolo rappresentato dal diverso approccio al mondo del lavoro deve essere superato in collaborazione con le aziende, le organizzazioni del mondo del lavoro e con la scuola.

Generano inoltre difficoltà di comunicazione anche altri aspetti di tipo culturale, come quelli riferiti alle connotazioni di genere nei diversi ambiti professionali, alle limitazioni di carattere religioso e familiare o alla necessità dell’intermediazione di un parente di sesso maschile nei rapporti con donne e ragazze.

È necessario, dunque, un approccio comunicativo che tenga conto di tutti questi fattori e che supporti i giovani nel loro processo di integrazione favorendo l’acquisizione di tutte quelle competenze trasversali necessarie ad un inserimento positivo nei passi successivi finalizzati all’inserimento in un percorso di apprendistato.


Questa è la seconda di due parti dell’approfondimento sulla comunicazione dell’accoglienza in Canton Ticino. Qui trovate la prima parte, in cui si parla delle modalità di comunicazione adottate dalla Croce Rossa Svizzera verso le comunità locali.