L’Italia ha bisogno del contributo dei lavoratori stranieri e il settore domestico ne è un esempio: su 961.000 domestici regolari censiti dall’Inps nel 2021, 672.000 sono stranieri; circa il 70% del totale. Sebbene la nazionalità maggiormente rappresentata sia quella romena (145.000 addetti) è però la componente non comunitaria a prevalere: ben 514.000 lavoratori provengono da Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Circa il 53% del totale complessivo.
È questa la fotografia scattata da Assindatcolf, Associazione nazionale dei datori di Lavoro Domestico, contenuta nel Dossier Statistico Immigrazione 2022 realizzato dal Centro Studi e Ricerche Idos, in collaborazione il Centro Studi e rivista Confronti, e presentato oggi all’Università degli Studi di Salerno.
Andrea Zini, presidente di Assindatcolf, ha spiegato che nonostante questi dati “in Italia da oltre un decennio non vengono destinate quote dedicate al comparto domestico nei decreti flussi annuali. Una grave mancanza che sta mettendo a dura prova le famiglie datrici, che già oggi hanno difficoltà a trovare sul mercato personale che si occupi di anziani e bambini”. La mancanza di regolamentazione dei flussi, come abbiamo spiegato in un nostro recente articolo della serie Lavoro Migrante, favorisce inoltre situazioni illecite in cui i diritti degli stranieri che lavorano nel settore domestico non sono tutelati.
Secondo Zini “per invertire la tendenza sono necessarie delle politiche di lungo corso che puntino a riformare il welfare in tutte le sue sfaccettature, a partire dalla programmazione dei flussi di ingresso“.