“Da quando siamo nati, non abbiamo mai fatto parte del sistema d’accoglienza pubblico”, spiega la direttrice di Refugees Welcome Fabiana Musicco. “Questo perché l’ospitalità in famiglia non era riconosciuta dalle istituzioni come una soluzione possibile”. Con la guerra in Ucraina, però, anche questo è cambiato.
Per accogliere le persone in fuga dal conflitto scatenato dalla Russia, lo Stato italiano ha aggiunto anche questa possibilità: dei 17.000 posti circa che il Terzo Settore metterà a disposizione, 4.463 saranno in famiglia. E anche Refugees Welcome sarà coinvolta, all’interno di un progetto presentato dall’ARCI nazionale.
In questo articolo vi raccontiamo la risposta dell’organizzazione alla crisi ucraina, tra continuità e cambiamento. Il pezzo si aggiunge ai più ampi ragionamenti che stiamo realizzando sul sistema di accoglienza italiano di fronte alle conseguenze della guerra in Ucraina.
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Gli strumenti per lavorare sull’entusiasmo
Refugees Welcome Italia nasce nel 2015. Durante la cosiddetta crisi dei rifugiati, in parte legata alla guerra in Siria, alcuni cittadini decidono di aprire le porte delle loro abitazioni ai migranti. Da allora, Refugees Welcome si è andata strutturando e, sul suo sito, si legge che oggi è “una organizzazione indipendente che promuove la mobilitazione dei cittadini per favorire l’inclusione sociale di rifugiati, rifugiate e di giovani migranti”.
“Siamo una risposta della società civile organizzata: diamo strumenti per mettere a valore la voglia di protagonismo dei cittadini rispetto alle migrazioni”, riprende Musicco. “Abbiamo una metodologia codificata con delle linee guida multidisciplinari. Alle persone accolte, proponiamo progetti personalizzati, ma all’interno di una cornice che favorisce relazioni significative. Da queste, passa l’integrazione”, spiega la direttrice. Refugees Welcome, che ha uno staff centrale e dei gruppi locali, è attiva in 30 città e, da quando è nata, ha accolto circa 400 persone.
Numeri piccoli che, con la guerra in Ucraina, sono esplosi.
“Tra il 2015 e l’inizio del 2022, avevamo avuto 9.200 famiglie che si erano iscritte alla nostra piattaforma, dando la disponibilità di ospitare. Dallo scoppio della guerra in Ucraina il 24 febbraio a metà aprile, ne abbiamo contate 4.250. Un record”, racconta Musicco. disponibilità dei cittadini ad accogliere sono arrivate anche a molti altri enti, tra cui i Comuni, che non sempre sanno come gestirle.
L’occasione di creare un modello
“Questa nuova crisi” ragiona la direttrice di Refugees Welcome “evidenzia una capacità di rispondere della società civile pazzesca, che però va presa in carico”. È quello che sta provando a fare lo Stato, in particolare con la Protezione civile, cui è stata affidata la gestione di questa fase iniziale ed emergenziale dell’accoglienza.
Accanto all’ampliamento dei posti nel Sistema accoglienza e integrazione (Sai) e nei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) e all’ospitalità da parenti e amici, per la prima volta, per scelta o per necessità, il Terzo Settore è stato coinvolto in maniera diretta, con anche la possibilità di ospitare in famiglia. Ed è proprio quello di cui si occuperà Refugees Welcome all’interno di un progetto più ampio di ospitalità gestito da ARCI in tutta Italia.
Per Musicco, “la possibilità di fare accoglienza diffusa in famiglia con adeguati sistemi per dei progetti personalizzati potrebbe essere l’occasione di creare un modello”. Ma la sfida non è semplice. Innanzitutto, l’organizzazione è abituata a lavorare con tempistiche molto più lunghe di quelle che verranno chieste ora. Inoltre, è solita inserire in famiglia persone già da tempo in Italia, quindi, con una certa conoscenza del contesto e una minima stabilità: ora, invece, stiamo parlando di donne e bambini appena arrivati e, spesso, anche traumatizzati dalla guerra.
La direttrice, però, sembra ottimista, anche perché, aggiunge, “per la prima volta, agli enti selezionati verrà chiesto di spiegare quale modello di valutazione d’impatto sociale adotteranno”.
Un albo per le famiglie accoglienti
Il progetto con ARCI non è però l’unica attività che Refugees Welcome sta portando avanti nell’ambito dell’emergenza Ucraina. La guerra ha fatto crescere velocemente anche un’altra iniziativa dell’organizzazione: l’albo delle famiglie accoglienti.
Il primo albo di questo tipo è stato creato dal Comune di Ravenna nel marzo 2021, grazie a un progetto europeo finanziato dal Fondo asilo migrazione e integrazione (FAMI). È una piattaforma digitale cui i cittadini si possono iscrivere in ogni momento per ospitare o aiutare persone fragili o in difficoltà, come rifugiati e rifugiate, ma anche anziani o minori. “È un’alleanza pubblico-privato in un’ottica di sussidiarietà”, sostiene Musicco.
Il Comune collabora con il privato sociale, in questo caso Refugees Welcome e altre organizzazioni, per selezionare e formare i candidati e abbinarli correttamente alle persone che possono sostenere al meglio. Le organizzazioni del privato sociale lavorano in convenzione mentre le famiglie accoglienti ottengono un sostegno economico, indicativamente tra i 300 i 400 euro.
Anche in questo caso, l’invasione russa dell’Ucraina ha fatto da propulsore e, per accogliere i profughi, sono nati degli albi delle famiglie accoglienti anche a Roma, Bari, Bergamo e Padova. E altri ancora potrebbero presto arrivare.
I Comuni sono decisivi
Secondo Refugees Welcome, quella degli albi delle famiglie accoglienti è una pratica innovativa per “tre aspetti distinti ma complementari:
- Innovazione amministrativa attraverso la definizione di uno strumento ad hoc, il primo in Italia, per accogliere, profilare e abbinare cittadini attivi che danno disponibilità ad accogliere con persone che vivono in situazioni di vulnerabilità e fragilità.
- Innovazione tecnologica, attraverso il design e la realizzazione di una piattaforma digitale capace di aggregare i bisogni e risorse territoriali.
- Innovazione culturale che mette a sistema le risorse della cittadinanza attiva con la dotazione professionale dei Servizi e degli enti del privato sociale e ridefinisce il ruolo degli Enti pubblici da erogatori tout court di servizi a quello di facilitatori di relazioni e connessioni”.
Per la direttrice Musicco, “i Comuni sono decisivi, per l’accoglienza e per il welfare in generale”. “Le amministrazioni dovrebbero fare la governance, avere chiaro il quadro di cosa offre il territorio, valorizzare quel che c’è, in ottica di complementarietà. Altrimenti, il rischio è che ogni sistema diventi autoreferenziale”, spiega.
In tal senso, a suo giudizio, “lavorare in modo multidisciplinare è fondamentale e, per le amministrazioni, non è sempre facile”. Laddove ci si riesce, però, “le comunità diventano una risorsa per i Comuni. Se formate e seguite” conclude Musicco “le comunità possono essere il fattore critico di successo”. Per l’accoglienza dei profughi ucraini. E non solo.