È stato pubblicato pochi giorni fa “The State of Housing in the EU”, il rapporto biennale curato dall’Housing Europe Observatory, che fotografa la condizione abitativa in Europa. All’interno anche un approfondimento sul caso Italiano. Vi raccontiamo i principali contenuti.
Un problema strutturale
L’accesso alla casa rappresenta ancora un problema per molti cittadini europei. Nel 2017, il 10,2% delle famiglie ha speso più del 40% del proprio reddito in spese abitative, percentuale che sale al 37,8% tra coloro a rischio povertà. Un problema a cui, si legge nel rapporto, i governi hanno dato risposte frammentate, perlopiù sotto forma di incentivi ad attori privati e sussidi. Questi ultimi in particolare tra il 2009 e il 2015 sono cresciuti da 54,5 miliardi di euro a 80,8 miliardi di euro. Benchè utili, spiegano gli autori, tali misure non dovrebbero distogliere i governi dall’affrontare il problema in modo strutturale: ciò consentirebbe anche risparmi significativi sul lungo periodo.
L’aumento dei divari sociali
La questione abitativa sta comunque attirando l’attenzione dei cittadini europei, tanto che per la prima volta è stata lanciata un’iniziativa popolare a livello europeo per chiedere più case accessibili. Sebbene cresca la consapevolezza della necessità di ridurre i consumi energetici anche nelle abitazioni, la povertà energetica in Europa colpisce quasi 50 milioni di persone, con conseguenze negative sui livelli di salute.Inoltre, negli ultimi anni, il tema dell’accesso alla casa sarebbe stato spesso strumentalizzato dai movimenti populisti ed anti-immigrazione, che hanno attribuito la scarsità di alloggi disponibili all’arrivo degli immigrati, in molti casi finendo per influenzare l’agenda pubblica.
Un nuovo ruolo per le città
Le città mostrano un ruolo di primo piano nel determinare le politiche abitative e le conseguenti condizioni dei propri cittadini. Da un lato perché è prorpio nelle città che si riscontrano le maggiori difficoltà di accesso alla casa, dall’altro perché è a livello urbano che sono state avviate interessanti iniziative su questo fronte. Tuttavia, suggerisce il rapporto, le politiche abitative urbane devono essere integrate con le altre politiche, ad esempio quelle dei trasporti. Infine, si riscontra un’evoluzione del ruolo degli housing providers, che spesso oltre agli alloggi offrono altri servizi di natura economica e sociale. Frequenti sono ad esempio le partnership con i servizi per l’impego, come nel caso dell’Emploi-Logement francese.
La situazione italiana
Il rapporto dedica un approfondimento ad ogni Paese, tra cui l’Italia. Solo il 4% della popolazione italiana ha accesso ad un alloggio con affitto calmierato, mentre il tasso di deprivazione abitativa si mantiene sull’11%, contro una media UE del 5,6%.
Dopo l’abolizione del Fondo Gescal, con il Piano Casa del 2008 per la prima volta è stato riconosciuto un ruolo per gli attori non pubblici, in primis le fondazioni di origine bancaria, nell’offerta di alloggi accessibili, con la creazione del fondo FIA, che raccoglie risorse dal Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, Cassa Depositi e Prestiti e investitori privati. Grazie a questi stanziamenti, entro il 2020 dovrebbero essere realizzati 250 progetti, per un totale di cica 18.500 unità abitative.
Il settore dell’edilizia residenziale pubblica continua a soffrire della mancanza di finanziamenti e di problemi nella manutenzione e gestione degli alloggi. Fenomeni che, uniti alla dismissione dell’edilizia pubblica avviata negli anni ‘90, determinano una costante diminuzione degli alloggi disponibili. Sono oggi circa 700.000 gli alloggi pubblici presenti in Italia, mentre sono 650.000 le richieste, già approvate, nelle liste di attesa municipali: il che significa che il numero degli iscritti alle liste è quasi pari al numero di alloggi esistenti.
Non mancano tuttavia interessanti iniziative, soprattutto a livello locale. Come a Bologna, dove il Comune ha stanziato 61 milioni di euro per rendere disponibili 1000 unità abitative entro il 2020 in collaborazione con l’ACER.
Secondo il rapporto sarebbero necessari maggiori investimenti pubblici, sostenuti anche dal Governo centrale, per migliorare la qualità e aumentare lo stock di alloggi disponibili. Inoltre, i risultati positivi ottenuti nel settore dell’edilizia sociale privata, potrebbero essere potenziati favorendo l’integrazione e il coordinamento tra gli attori coinvolti. Da questo punto di vista sembra promettente il recente lancio di un Comitato nazionale per l’housing sociale con l’obiettivo di suggerire politiche abitative di lungo termine.
Il report può essere scaricato qui