Quando, otto anni fa, è stata inaugurata la prima a Mirafiori Nord nessuno aveva pensato di chiamarla «casa del quartiere», ma con il passare del tempo e l’apertura delle altre otto in giro per la città la definizione è diventata ovvia: «Ci siamo guardati in faccia e abbiamo capito di avere risposto a bisogni presenti in vari quartieri e che eravamo diventati un punto di riferimento» racconta Renato Bergamin, referente della rete delle case del quartiere di Torino.
Cascina Roccafranca, a Mirafiori Nord, la Casa del Quartiere di San Salvario, i Bagni Pubblici di via Agliè in Barriera di Milano, il Cecchi Point di Aurora, la Casa nel Parco di Mirafiori Sud, lo +SpazioQuattro a San Donato, il Barrito di Nizza Millefonti, il Bossoli83 del Lingotto e la Casa di Quartiere delle Vallette si sono unite in una rete e oggi si troveranno insieme ad altre realtà sparse per l’Italia per riflettere sul ruolo che hanno nelle città che cambiano.
Quello di oggi è il primo dei due seminari, organizzati con la rivista «Animazione Sociale», che prendono spunto dal «manifesto delle case del quartiere» lanciato da qualche settimana: «I nostri sono spazi diversi, per dimensione e della quantità di persone coinvolte, ma in tutti si dà spazio all’iniziativa dei cittadini che possono auto- organizzarsi» spiega il responsabile di Cascina Roccafranca. Torino è infatti la punta più avanzata in Italia, per qualità e quantità, di questo modello di welfare, alternativo a quello statale, ma soprattutto il più possibile vicino alle persone.
Torino, capitale del welfare alternativo. Tutto merito delle 9 "case di quartiere"
Jacopo Ricca, La Repubblica, 7 novembre 2015