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L’aumento dell’aspettativa di vita è una conquista della modernità, ma porta con sé un maggior numero di anni che le persone rischiano di vivere in una condizione più o meno grave di non autosufficienza, sia dal punto di vista delle funzioni fisiche che di quelle cognitive. Per questa ragione occorre progettare fin da ora politiche integrate che permettano di affrontare il fenomeno dell’invecchiamento nella sua complessità, cercando il più possibile di mantenere gli anziani attivi grazie al coinvolgimento delle comunità nel loro complesso. Una recente delibera di Regione Lombardia va in questa direzione, individuando le linee guida che le aziende sanitarie dovranno seguire per mettere in campo questo tipo di interventi insieme agli stakeholder territoriali. Perché questo accada appare importante definire un approccio integrale in grado di tenere insieme varie dimensioni e specificità. Che richiedono anzitutto un diverso approccio culturale al tema. Di seguito si propongono alcune riflessioni in tal senso.

Le sfide dell’invecchiamento

Quello dell’invecchiamento è un tema che oggi riguarda tutti i Paesi avanzati ma colpisce in particolare l’Italia, che conta una popolazione di 14 milioni di anziani over 65 – pari al 25% della popolazione – la metà dei quali hanno oggi più di 75 anni.

Le sfide portate da questa situazione sono numerose, ma alcune sono più evidenti di altre. Dal punto di vista delle politiche sociali e della sanità le conseguenze di un costante invecchiamento della popolazione sono facili da intuire: più problemi di conciliazione dei/delle caregiver, aumento dei costi di cura, posti in strutture insufficienti e/o inaccessibili economicamente, solo per citarne alcuni. Ma accanto ad esse crescono le problematiche che riguardano altri aspetti “laterali” come quelli collegati all’abitare, ai mutamenti climatici e alla transizione digitale, le cui conseguenze sono più complesse da intuire.

Per questa ragione, qualsiasi investimento sulla longevità e l’invecchiamento attivo oggi deve passare da un approccio focalizzato esclusivamente sul welfare ad un paradigma che sempre più guardi al cosiddetto “welfare eco-sociale”1, che prende cioè in considerazione i sempre più numerosi nessi tra politiche sociali e politiche ambientali, da un lato, e digitalizzazione dei servizi (della casa, con la domotica, ma anche della salute, tramite la telemedicina), dall’altro.

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Altrettanto strategico è il rapporto sempre più stretto e sinergico che serve tra Pubblico e privato, che consente interventi focalizzati sui territori e capaci di coinvolgere le comunità locali per valorizzare, in un’ottica di secondo welfare, il contributo di istituzioni pubbliche, società civile, corpi intermedi, Terzo Settore e privato profit.

In questo quadro gli investimenti dovrebbero ruotare intorno alla costruzione di “comunità amiche della longevità” che permettano di realizzare ambienti e spazi urbani e periurbani idonei a favorire un invecchiamento sano e una longevità attenta alla progressiva trasformazione dei citati bisogni eco-sociali. Lo scopo? Promuovere una vita longeva (a cominciare dall’infanzia) realizzando servizi adeguati e contesti favorevoli a inquadrare in modo nuovo l’ultima fase della vita, anche attraverso scambi e sinergie intergenerazionali.

La delibera di Regione Lombardia sull’invecchiamento attivo

In questo senso appare interessante citare il fatto che pochi giorni fa la Regione Lombardia ha approvato una delibera (DGR 2168/24) che fornisce indicazioni operative per la predisposizione, l’attuazione e la rendicontazione di interventi volti a favorire e promuovere l’invecchiamento attivo superando “l’approccio assistenzialista” in favore di “una visione proattiva dell’anzianità” e promuovendo “un approccio attivo e partecipativo nella famiglia e nella comunità, sostenendo interventi per l’invecchiamento attivo ed una positiva interazione tra le generazioni”. così come previsto dal Piano Nazionale per la Famiglia del 2022.

L’obiettivo generale è promuovere l’autonomia, l’inclusione sociale e l’invecchiamento attivo degli anziani, contrastando l’isolamento e la deprivazione relazionale e affettiva, superando una visione incentrata sui servizi socio-sanitari, dedicati soprattutto alla non

autosufficienza, in favore di un approccio più attento agli anziani nel loro complesso (e, quindi, valorizzando la citata dimensione eco-sociale).

In cerca di un nuovo modello: le sfide aperte per il futuro del welfare lombardo

A essere interessante sono soprattutto le modalità scelte per perseguire tale obiettivo: sperimentare modelli di servizi avanzati e innovativi capaci di sviluppare un patto di scambio tra anziani e giovani attraverso patti transgenerazionali da realizzare in tre aree principali: socializzazione e inclusione sociale; autonomia e benessere: partecipazione e cittadinanza attiva.

Significativa, a nostro avviso, è anche la scelta di affidare la governance degli interventi alle Agenzie di Tutela della Salute (ATS), che avranno il compito di coordinare le azioni e assicurare la coprogettazione e la sinergia progettuale tra i vari livelli (sociale, sociosanitario e sanitario) predisponendo Piani di azione2 biennali (da presentare entro la fine del 2024) le cui linee guida sono definite dalla DGR stessa in un ampio allegato.

Per raggiungere tale obiettivo la Regione prevede uno stanziamento complessivo di 4 milioni di euro da ripartire tra le ATS in base alla popolazione anziana, che in Lombardia è oggi composta da oltre 2,3 milioni di over 65 (il 23,3% della popolazione).

L’importanza di approcci che aiutino realizzare interventi condivisi

Come detto, rendere le comunità locali più adatte agli anziani e ad una popolazione longeva è un’azione necessaria per promuovere il benessere di chi invecchia, ma anche della società nel suo complesso se intende trovare soluzioni che permettano di mantenere le città prospere, sostenibili e inclusive nonostante gli epocali cambiamenti in atto a livello demografico.

Proprio per questo è importante creare “comunità per la longevità” (tema approfondito di recente nella postfazione del Rapporto “Abitare e anziani (fragili): evidenze e spunti per coprogettare nuove forme di housing”) che incoraggino e sostengano l’invecchiamento attivo e contrastano la fragilità sociale e relazionale ottimizzando le opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita mentre le persone invecchiano. Il fatto che la principale Regione italiana abbia scelto di adottare questo approccio è una buona notizia.

Tuttavia, perché i Piani di azione previsti dalla DGR 2168 possano presto vedere la luce e, soprattutto, siano in grado di determinare effetti concreti sulla vita della popolazione, occorre aiutare da subito le ATS a comprendere a pieno la portata delle sfide che devono affrontare e le nuove modalità che queste richiedono. Come detto, al di là del perimetro socio-sanitario – certamente di piena competenza delle ATS – sono numerose le questioni eco-sociali che vanno prese trasversalmente in considerazione.

In questo senso occorre pensare a investimenti, coprogettazioni e partnership pubblico-private che adottino un approccio integrato e integrale – letteralmente che tenga conto di tutti gli elementi – finalizzato al benessere delle persone e alla loro partecipazione attiva alla vita delle comunità. Un approccio che, nella pratica, permetta di sviluppare azioni di comunicazione e informazione per favorire l’incontro tra domanda e offerta, aggregazione dei bisogni e delle risposte, logiche di condivisione quali elementi in grado di incidere sia sulle determinanti sociali sia su quelle sanitarie riguardanti la salute e il benessere psicofisico, ma anche le tante altre dimensioni citate all’inizio di questo articolo.

Secondo Welfare promuove da tempo riflessioni in questa direzione, come dimostrano le nostre recenti pubblicazioni sull’abitare degli anziani, i cambiamenti demografici, la conciliazione e l’innovazione dei servizi, ma anche l’ampio lavoro di analisi portato avanti in seno al Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza raccontato attraverso il Focus LTC.

Anche alla luce di tale lavoro di approfondimento, a nostro avviso ai Piani di azione territoriale per l’invecchiamento attivo di Regione Lombardia servirà anzitutto un nuovo approccio culturale che sia in grado di mettere in discussione modalità di azione welfare-centriche e sanitario-centriche che oggi non sono più sufficienti per affrontare la complessità delle sfide legate all’invecchiamento. Questo, come detto, deve partire da policymaker, stakeholder e operatori del settore, ma deve essere in grado di allargarsi a diversi e numerosi altri soggetti territoriali che sono e saranno sempre più interessati dai temi dell’invecchiamento. Questo anche adottando un’ottica intergenerazionale che crei nuovi nessi tra anziani e il resto della popolazione, in particolare quella più giovane.

 

Sei un’organizzazione interessata a lavorare con noi in quest’ottica? Contattaci a info@secondowelfare.it.

 

Note

  1. Per approfondire si veda: Hirvilammi T., Häikiö L., Johansson H., Koch M. e Perkiö (2023), Social Policy in a Climate Emergency Context: Towards an Ecosocial Research Agenda, in Journal of Social Policy; Cucca R., Kazepov Y., Villa M. (2023), Towards a Sustainable Welfare System? The Challenges and Scenarios of Eco-social Transitions, Politiche Sociali (ISSN 2284-2098).
  2. Nello specifico i Piani in capo alle ATS dovrà prevedere e descrivere:

    • analisi dei bisogni degli anziani in relazione alle caratteristiche del territorio;
    • la modalità di attuazione degli interventi e di raccordo con gli altri servizi presenti sui territori, con particolare attenzione alle Case di Comunità;
    • la rete di soggetti coinvolti;
    • la tipologia di attività offerte;
    • l’organizzazione (personale impiegato, orari di apertura, struttura);
    • il budget dei costi legati all’implementazione delle azioni;
    • le motivazioni che sottintendono alle scelte.
Foto di copertina: Efrem Efre, Pexels.com