Il giorno 13 gennaio, presso la Sala Polivalente di Regione Emilia-Romagna, un folto pubblico ha partecipato al convegno “Per un nuovo welfare: esperienze generative”. L’iniziativa ha avuto due obiettivi fondamentali. In primo luogo, sono stati presentati alla cittadinanza i risultati di una ricerca sviluppatasi nell’ambito del Tavolo Economico-Sociale – composto da funzionari regionali, esponenti di Confcooperative, Legacoop, AGCI e del Forum Terzo Settore – e condotta dal Servizio programmazione e sviluppo dei servizi sociali, dal Nucleo di Valutazione e da Ervet Spa, con il contributo metodologico di AICCON. In secondo luogo, il convegno è stata una preziosa occasione per una riflessione attorno alle modalità di costruzione di nuove politiche pubbliche e allo sviluppo di formule innovative di collaborazione pubblico/privato.
Il Convegno è stato aperto da Enrico Cocchi, della Direzione Generale Programmazione Territoriale della Regione Emilia-Romagna. Cocchi ha indicato nella comprensione e definizione delle politiche di coesione sociale e nel loro collegamento con quelle territoriali ed economiche, una delle principali sfide che il governo regionale intende raccogliere, in una fase in cui esso è chiamato all’ottimizzazione della spesa pubblica; ferma restando la volontà di non rinunciare agli standard qualitativi tradizionalmente elevati che caratterizzano il welfare emiliano-romagnolo. Del resto, ha sottolineato Cocchi, i temi dell’economia sociale, dell’innovazione e del rafforzamento del rapporto tra politiche territoriali e sociali sono ormai divenuti prioritari nell’agenda europea.
E’ seguito l’intervento di Daniele Alni, Presidente di Ervet SpA, che ha spiegato il ruolo assunto da quest’ultimo soggetto nel processo di realizzazione della ricerca. Si è trattato di un compito di assistenza tecnica e di affiancamento, nell’ottica di agevolare il reperimento delle informazioni rilevanti per l’individuazione dei casi – successivamente oggetto di studio – presenti sul territorio. Il lavoro svolto ha permesso, tra le altre cose, di prendere atto degli importanti mutamenti che stanno interessando il welfare della Regione, i cui confini, rispetto al campo di azione dei soggetti del Terzo Settore, risultano ormai in via di “ridisegno”.
Ha preso quindi la parola Caterina Brancaleoni, del Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici della Regione Emilia-Romagna, che ha illustrato i principali snodi della ricerca “Un altro welfare: esperienze generative”. L’obiettivo di definire il contributo allo sviluppo del territorio fornito dai soggetti del Terzo settore, in particolare in termini di coesione e di innovazione sociale, è stato perseguito mediante l’individuazione di un percorso metodologico che permettesse di guardare a questo cruciale protagonista del welfare “in 3D”, cioè valorizzando il suo contributo con riferimento alla coesione sociale, economica e territoriale. La costruzione dell’impianto analitico ha visto il contributo essenziale delle tre principali centrali cooperative e dei rappresentanti del Terzo settore emiliano-romagnolo, con l’obiettivo di elaborare una “griglia” di criteri selettivi rispetto ai casi portati all’attenzione dei ricercatori. Sulla base di questi presupposti sono stati individuati 16 progetti di welfare, rispetto ai quali l’apporto del Terzo settore è da considerarsi qualificante, e su di essi è stata condotta una ricerca approfondita, tesa alla individuazione dei soggetti coinvolti – istituzioni pubbliche, attori for profit e non profit -, delle dinamiche di sviluppo dei progetti e delle ricadute di tali sperimentazioni in termini di coesione sociale, economica e territoriale (i risultati della ricerca possono essere apprezzati nel documento allegato).
Il successivo intervento, di Paolo Venturi, Direttore di AICCON – Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Nonprofit, è stato teso alla valorizzazione del contributo conoscitivo offerto dalla ricerca attorno ai temi del ruolo del Terzo settore nel sistema di welfare emiliano-romagnolo. In particolare, è certamente meritevole di attenzione il fatto che l’economia sociale, nel territorio, non si sostanzi più in mere iniziative isolate ed intermittenti, ma in vere e proprie “politiche”, in quanto si tratta frequentemente di iniziative concertate con gli enti locali in un’ottica sussidiaria ed integrativa. In questo nuovo scenario, il pubblico tende a non agire più attraverso iniziative di spesa, bensì come “facilitatore” di processi che spesso tengono insieme, ciascuno con le sue prerogative, privato for profit e non profit. Nella stessa direzione si è mosso il successivo intervento di Giovanni Melli, Portavoce del Forum Terzo Settore dell’Emilia Romagna , che ha sottolineato, in primo luogo, come dalla ricerca emerga una fisionomia del welfare territoriale del futuro come fattore di sviluppo prima ancora che di spesa; in secondo luogo, il ruolo del pubblico rimane insostituibile per la sua garanzia di prestazioni appropriate nell’ottica della tutela dei diritti sociali di tutti i cittadini, secondo criteri di equità e giustizia.
La giornata è proseguita con una serie articolata di ulteriori interventi. Tra essi merita sicuramente menzione quello di Maria Cecilia Guerra, Sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha posto l’accento su alcuni punti particolarmente significativi. In primo luogo, è bene che venga compiuta un’opera di accurata valutazione del vocabolario del welfare: le politiche sociali, nelle leggi sul federalismo sono definite “assistenza”. Bisogna ripartire da qui, riformulando le espressioni in modo da favorire un approccio multidimensionale alle domande di cui gli individui sono portatori; ciò al fine di scongiurare il ritorno alla “carità”, cioè ad interventi residuali, offerti al singolo come atto volontario che lascia sullo sfondo la mobilitazione collettiva per i diritti. In secondo luogo, se è certo che la dicotomia pubblico/privato è ormai asfittica ed impone il riposizionamento degli attori in una chiave che promuova la coesione sociale, è anche necessario guardarsi dai “falsi amici” terminologici, e in particolare da quelle accezioni di “sussidiarietà” che si sono fatte strada in questi anni, invocando il puro e semplice abbandono da parte del pubblico di posizioni che devono al contrario essere presidiate con forza, proprio in questa fase storica. Il modo più efficace per affrontare le trasformazioni in corso, nel settore delle politiche sociali di questo paese, passa per la ripresa dell’iniziativa politica attorno al tema dei LEA. Solo così il pubblico potrà ridefinire il proprio ruolo, rispetto a quello del privato, senza abdicare alla funzione di garanzia nei confronti dei diritti di cittadinanza.
Il convegno di Bologna del 13 gennaio scorso si è chiuso con una importante scommessa per il futuro: quella di rendere il welfare di domani l’esito di una operazione di “somma” e non di “sottrazione”. Il confronto su questi temi, per la loro rilevanza, non potrà che arricchirsi di ulteriori iniziative di cui “Percorsi di Secondo Welfare” continuerà a dare conto.
Riferimenti
Link al sito della Regione Emilia-Romagna con interviste ai relatori del convegno