Immaginate il sindaco di un piccolo Comune dell’entroterra lucano, chiamiamolo Zora, 12.000 abitanti. È stato eletto nella primavera del 2019, con molti progetti per arrestare il declino della città, condannata da anni a una triste decrescita. Poi una pandemia, i negozi che chiudono, i programmi che sembrano dover restare nel cassetto. Certo, Zora non esiste, ma la storia è vera e per molti Comuni il finale è un futuro in bilico, che si poggia su una sigla: PNRR. Si apriranno i cassetti di quel sindaco? Per realizzare quali programmi? Cosa sarà di Zora tra 10 anni?
Di cosa parliamo quando parliamo di PNRR
Anche per effetto delle riforme prescritte dall’Unione Europea per accedere ai fondi, il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza rappresenta la possibilità per ripensare il modello di sviluppo economico e sociale del Paese, dei territori e dei Comuni. Il PNRR è molto più di un ristoro per la crisi seguita alla pandemia, ma a una condizione: che lo si consideri davvero “una leva per lo sviluppo” – quante volte l’abbiamo sentito? – e non come ennesima, forse ultima, occasione di spesa.
Le possibilità, lo sappiamo, ci sono. Alle risorse del PNRR (191,5 miliardi di euro) si aggiungono il fondo complementare (30 miliardi), il fondo React EU (13 miliardi), ma anche la programmazione Europea 2021-2027 che – tra Fondi strutturali e Fondi a gestione diretta – vale altri 100 miliardi. Risorse che dovrebbero intimorire un Paese che ha tra i punti di debolezza la capacità di spesa dei fondi ordinari, come dimostra l’ultimo studio sui Comuni della Cassa Depositi e Prestiti che trovate qui.
La domanda chiave
Il primo rischio da evitare per “prendere sul serio” il PNRR sta nell’appiattire il dibattito su procedure (traguardi, target, indicatori), tempistiche (le scadenze imposte dall’Unione) e poteri (cabine di regia e ripartizione tra governo centrale e locale), ignorando una domanda: a quale comunità si vuole dare vita con questi soldi? A cui si aggiunge un’altra questione cruciale: quali soggetti sono chiamati a dare risposta a questa domanda.
Tre snodi: co-progettazione, visione, macchina amministrativa
La soluzione necessaria è allargare il tavolo di progetto che si è aperto su questi fondi, e di conseguenza la discussione collettiva, in modo da includere oltre gli enti locali tutti i soggetti che svolgono attività sussidiarie sul territorio.
La co-progettazione, inizialmente ai margini del processo di costruzione del PNRR, è stata progressivamente inclusa e rappresenta il principio guida della Missione 5 Inclusione e Coesione, che comprende gli investimenti di principale interesse per gli Enti del Terzo Settore e del privato sociale.
La costruzione di una visione comune tra gli attori è però un principio trasversale a tutte le Missioni; sul territorio il PNRR prevede secondo diverse stime fondi tra i 30 e i 60 miliardi divisi tra molteplici investimenti. Molte di quelle risorse saranno affidate attraverso processi partecipativi, ma forse quello che più conta per innescare reali percorsi di sviluppo – ed è il secondo punto chiave – è programmare gli investimenti pensando ai modelli per la gestione futura dei servizi, individuando i bisogni a cui rispondere e l’impatto potenziale. Conta insomma assumere una logica condivisa di responsabilità sociale di territorio.
Insieme alla visione progettuale sarà infine necessario coniugare una macchina amministrativa in grado di accompagnare il processo. Affinché la storia di Zora e quella di tutti i Comuni come quello abbia un lieto fine, è necessario spendere con efficacia ma anche programmare la spesa e rendicontare, rispettando tempi, target ed indicatori.
I 24 bandi aperti: un valore di 14 miliardi di euro
Per programmare è anche necessario accedere ad informazioni di qualità, e sul PNRR è difficile andare oltre le cifre annunciate e capire nel concreto cosa è possibile fare, secondo quali tempi e procedure.
Ad oggi – da quanto risulta all’osservatorio che il Bando della Matassa ha attivato sul PNRR – sono aperti e percorribili 24 distinti bandi che fanno riferimento a diverse aree tematiche: economia circolare, cultura, rigenerazione urbana, sanità, istruzione ed educazione. Tutti insieme i bandi attualmente disponibili valgono quasi 14 miliardi di euro (7,2% delle risorse totali del PNRR), l’84% dei quali è destinato agli enti pubblici. Ma a breve si apriranno opportunità anche per il Terzo Settore e il mondo delle imprese.
Di grande interesse ad esempio, sarà il Fondo per l’imprenditoria femminile, 400 milioni per promuovere la nascita di nuove imprese guidate da donne, di cui si attende l’apertura della procedura di presentazione delle domande da parte di Invitalia.
Un ragionamento che proseguirà
Secondo Welfare in collaborazione con Excursus+, che cura la piattaforma Il Bando nella Matassa e affianca le organizzazioni del Terzo Settore nella co-progettazione – dedicherà una serie di articoli all’analisi dei principali bandi del PNRR.
Partiremo dai finanziamenti per lo sviluppo e la rigenerazione dei piccoli Comuni tra turismo e cultura, dedicando un focus alle risorse per rinnovare le reti educative, per poi concludere la serie con un approfondimento sulle opportunità per la creazione e il consolidamento delle imprese.
Memento PNRR
Quale comunità vogliamo realizzare grazie al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza? È la domanda a cui vogliamo rispondere con la serie “Memento PNRR”.