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I percorsi di inserimento nel ruolo di Assistente Familiare

La figura dell’Assistente Familiare assume un ruolo centrale nelle odierne modalità di risposta ai crescenti fabbisogni della popolazione anziana. La costruzione e lo sviluppo di nuove strategie di welfare¹, più coerenti con il quadro dei bisogni e delle risorse destinato a caratterizzare il contesto socioeconomico in cui viviamo, non può quindi prescindere da un adeguato investimento sulla qualificazione di questa figura professionale.

La questione appare tuttavia assai complessa, in quanto deve fare i conti con il peculiare funzionamento del mercato del lavoro che oggi caratterizza le Assistenti Familiari. Siamo infatti in presenza quasi esclusivamente di donne, per lo più straniere, che accedono al ruolo lavorativo attraverso canali informali di tipo privatistico. In molti casi il rapporto di lavoro non viene contrattualizzato. La sua regolazione passa per una transazione diretta e informale tra la famiglia dell’anziano e la persona che si assume il lavoro di cura e assistenza, assicurando spesso un monte ore di presenza giornaliero e settimanale molto elevato².

I contorni del ruolo professionale appaiono poco definiti, così come i prerequisiti richiesti per accedervi. Si tratta di modalità di inserimento ed esercizio del ruolo professionale che presentano significativi inconvenienti sia riguardo al servizio erogato agli anziani ed alle famiglie che in termini di qualità della vita di lavoro di coloro che ricoprono questo ruolo professionale. Tuttavia esse al momento appaiono in molti casi l’unica soluzione concretamente “praticabile”, in quanto immediatamente disponibile e in grado di fornire il più soddisfacente punto di incontro tra i bisogni degli anziani e delle loro famiglie e le caratteristiche ed esigenze delle persone che offrono la disponibilità per questo tipo di lavoro.

Qualificare il lavoro di assistenza domiciliare

Una strategia di qualificazione del lavoro di assistenza domiciliare è quindi chiamata a riconoscere e assumere questa situazione, partendo dalle concrete modalità di funzionamento del mercato per cercare di attivare azioni rivolte a migliorare le modalità di accesso, regolazione ed esercizio relative a questo genere di attività. Vanno in questa direzione un insieme molto variegato di iniziative e progetti rivolti ad intercettare, far emergere e regolamentare i percorsi di inserimento e le condizioni lavorative delle Assistenti Familiari, cercando di mettere a disposizione servizi che aiutino queste persone e le famiglie degli anziani a definire e gestire al meglio le condizioni ed i rapporti di lavoro connessi alle attività di cura e assistenza a domicilio³.

Da una parte sono presenti iniziative rivolte a far incontrare domanda ed offerta di lavoro in un quadro di maggiore trasparenza e regolamentazione delle prestazioni attese, a tutela sia dei lavoratori che delle famiglie degli anziani. Dall’altra si cerca di definire standard di riferimento per l’esercizio della professione e azioni di accompagnamento allo sviluppo delle competenze necessarie a svolgere un servizio di assistenza domiciliare qualificato.

La proposta formativa messa a punto all’interno del Progetto Casa Comune di Novara⁴ (di cui vi avevamo già raccontato qui) intende collocarsi in questa prospettiva, assumendo la peculiarità delle attuali condizioni di esercizio del ruolo di Assistente Familiare e cercando di favorire processi di sviluppo delle competenze delle persone che lo ricoprono, in una logica di sostegno a nuovi modelli di governance e qualificazione dei servizi di assistenza domiciliare per gli anziani.

Un dispositivo formativo centrato sulle pratiche lavorative delle persone

L’efficacia della formazione è legata alla sua effettiva vicinanza con le concrete modalità con cui le persone si inseriscono nel ruolo lavorativo e “costruiscono” le proprie competenze. Nella grande maggioranza dei casi l’accesso al ruolo di Assistente Familiare passa di fatto attraverso percorsi non regolamentati e poco governati. La maturazione della professionalità di questi operatori avviene in modo più o meno efficace ed esaustivo attraverso la pratica “sul campo”, a partire da un bagaglio personale di abilità e conoscenze disomogeneo e frutto delle proprie traiettorie individuali in altri contesti non formali e/o informali.

Le persone si trovano di fronte ad attività e richieste che presidiano in modo più o meno soddisfacente, scontando carenze che si ripercuotono sia sulla qualità del servizio di assistenza che sulle loro condizioni di lavoro. In situazioni di questo tipo risulta poco credibile proporre modelli formativi tradizionali, centrati su un cospicuo numero di ore e processi di apprendimento orientati alla trasmissione/acquisizione di conoscenze e procedure all’interno di un contesto d’aula. Appare invece più opportuno proporre dispositivi formativi che riconoscano e valorizzino i percorsi che oggi caratterizzano l’assunzione del ruolo di Assistente familiare, accompagnando e qualificando i processi di apprendimento che hanno comunque potenzialmente luogo all’interno delle pratiche lavorative.

La proposta formativa elaborata nell’ambito del progetto Casa Comune mira a mettere a disposizione un mix agile e sostenibile di occasioni, contesti e strumenti che aiutino coloro che già svolgono questo ruolo sul campo a imparare dalla propria esperienza, ai fini di consolidare ed accrescere il bagaglio individuale di competenze di cui dispongono. Il dispositivo formativo per le Assistenti Familiari si propone, assumendo come riferimento il framework professionale relativo al ruolo concretamente agito nei contesti di lavoro, di raccordare le pratiche lavorative esperite dalle singole persone con un percorso di confronto e riflessione critica con altri soggetti che vivono situazioni simili, ai fini di consolidare e sviluppare le competenze maturate attraverso di esse.
L’impianto formativo si fonda in particolare sull’integrazione di diverse strategie mirate a supportare le opportunità ed i processi di apprendimento e professionalizzazione delle persone coinvolte⁵:

• processi di auto-osservazione mirata delle proprie pratiche lavorative, ai fini di sviluppare adeguate occasioni di riflessione sulle stesse anche attraverso il confronto con gli altri partecipanti all’esperienza formativa;
• momenti di supervisione diretta delle pratiche lavorative individuali da parte di un Operatore Socio Sanitario che opera all’interno del sistema di erogazione dei servizi di Assistenza Domiciliare regolato dalla Pubblica Amministrazione, attraverso un’adeguata negoziazione preventiva delle loro finalità e modalità operative con i partecipanti e le famiglie presso cui lavorano;
• predisposizione di setting di confronto e riflessione critica tra le Assistenti Familiari sulle proprie esperienze lavorative, ai fini di favorire una migliore consapevolezza delle pratiche professionali che si è in grado di padroneggiare e delle possibili condizioni e strategie per svilupparle ulteriormente, innalzando i propri livelli di competenza.


Condizioni di fattibilità e di efficacia dell’azione formativa

L’efficacia di dispositivi intenzionalmente orientati a sostenere i processi di apprendimento sul lavoro è fortemente influenzata dalle condizioni di contesto in cui vanno ad inserirsi. Una proposta di accompagnamento allo sviluppo delle competenze delle Assistenti familiari e della qualità dei servizi di assistenza a domicilio come quella appena richiamata è destinata a fare i conti con parecchie resistenze.

Molti dei potenziali destinatari potrebbero non essere particolarmente motivati ad investire in un percorso di questo genere. Alcuni perché caratterizzati da un progetto di vita in cui l’attuale occupazione è vista come un’opportunità temporanea, da massimizzare economicamente in termini di breve periodo. Altri perché percepiscono come gravoso conciliare un lavoro pesante ed assorbente con un impegno simile, a fronte di risultati che dal loro punto di vista potrebbero essere difficilmente valutabili. Per le famiglie non è facile cogliere i potenziali vantaggi nel favorire la partecipazione della propria Assistente Famigliare e nel consentire l’ingresso di un altro operatore all’interno del proprio contesto. Spesso la scelta di ricorrere ad un’assistenza domiciliare viene effettuata per fronteggiare situazioni di emergenza difficilmente gestibili altrimenti, nelle quali è molto problematico percepire e valutare la qualità effettiva del servizio.

Anche sul fronte istituzionale possono presentarsi alcune resistenze. Ad esempio la logica formativa potrebbe apparire troppo complessa ed onerosa se rapportata ad altre soluzioni con cui si formano le figure professionali in ingresso nel mercato del lavoro. Partendo da questo presupposto occorre considerare, come parte integrante e rilevante dell’impianto formativo proposto, la necessità di prevedere, negoziare e presidiare alcune possibili condizioni in grado di sostenerne la fattibilità e favorirne l’efficacia. Se ne richiamano alcune a puro titolo esemplificativo, come possibili elementi da tenere presente al momento di progettare ed attivare iniziative formative di questo tipo all’interno di uno specifico territorio:

• una forte integrazione tra la gestione dei servizi di incontro tra domanda e offerta di Assistenti Familiari e la promozione della proposta formativa presso famiglie e lavoratrici;
• un ruolo di supervisione attiva e sistematica allo svolgimento di queste iniziative da parte della struttura di governance del sistema territoriale di cura e assistenza agli anziani, per assicurare un’adeguata sinergia tra le azioni formative per le Assistenti Familiari ed i processi di evoluzione e qualificazione complessiva dell’offerta integrata di servizi pubblici e privati all’interno del territorio;
• l’attribuzione di vantaggi ed agevolazioni alle famiglie che accettano di favorire l’investimento formativo delle loro collaboratrici, sia in termini finanziari che di servizi (ad esempio amministrativi);
• la valorizzazione della partecipazione all’attività formativa in termini di opportunità per un ingresso in una più ampia comunità professionale territoriale che si occupa di percorsi di cura e assistenza. Occorrerebbe creare le condizioni per cui il rapporto con l’Operatore Socio Sanitario costituisca per l’Assistente Familiare l’avvio di un interscambio di più ampio respiro, funzionale ad aprirgli la prospettiva di una partecipazione (soprattutto in termini di relazioni e di riferimenti) ad una comunità professionale in grado di generare senso di appartenenza e identità.

 

La formazione delle Assistenti familiari come risorsa per qualificare i sistemi territoriali di Assistenza Domiciliare

Il modello presentato più sopra non va visto semplicemente come una modalità per formare delle persone: esso costituisce anche un’opportunità in grado di concorrere ad un concreto processo di ridefinizione del servizio di Assistenza a Domicilio nel territorio. Maggiormente in linea con l’insieme di bisogni e risorse che caratterizzano oggi la nostra società ed orientato verso un modello di Secondo Welfare con una diversa e migliore valorizzazione del rapporto tra risorse pubbliche e private⁶.

Oggi siamo in una situazione in cui l’offerta di servizi di Assistenza Domiciliare regolati dalla Pubblica Amministrazione assume di fatto un ruolo progressivamente ridotto rispetto ai crescenti fabbisogni della popolazione anziana⁷. L’implementazione di esperienze formative come quella appena richiamata presuppone un approccio diverso, rivolto a valorizzare l’expertise presente all’interno di questi servizi come risorsa in grado di interfacciarsi e dialogare con le forme private di assistenza domiciliare di cui sono sempre più costretti a farsi carico le famiglie.

Ad esempio il ruolo di supervisione assegnato ad Operatori Socio Sanitari che agiscono all’interno del sistema di erogazione di servizi di Assistenza Domiciliare regolato dalla Pubblica Amministrazione, oltre ad essere un risorsa importante per il raggiungimento dei risultati formativi, configura un potenziale terreno di prima sperimentazione verso modelli diversi di governance e qualificazione dell’offerta dei servizi territoriali complessivamente presenti nel territorio.

La sfida diventa quella di ridefinire politiche e fornire azioni di supporto che si pongano nella prospettiva di qualificare l’insieme dell’offerta (pubblica e privata) presente nel territorio, valorizzando le diverse risorse disponibili attraverso la diffusione di pratiche lavorative e standard di servizio condivisi e contrassegnati da adeguati livelli di qualità.
Il modello formativo centrato sul workplace learning intende collocarsi in questa prospettiva, nella logica di sperimentare nuove modalità di raccordo tra pubblico e privato e di alimentare delle comunità professionali locali all’interno di uno specifico territorio. La sua finalità non è semplicemente quella di formare delle Assistenti familiari, ma di costituire un’occasione di apprendimento per l’intero sistema di Assistenza Domiciliare territoriale.


Riferimenti 

¹ Per una esaustiva ricognizione delle nuove strategie di welfare in Italia cfr. Ferrera M., Maino F., (a cura di), Primo rapporto sul secondo welfare in Italia, Centro di ricerca e documentazione Luigi Einaudi, 2013.
² Per una accurata analisi della condizione delle assistenti familiari cfr. Ambrosini M., Immigrazione irregolare e welfare invisibile. Il lavoro di cura attraverso le frontiere, Il Mulino, Bologna, 2013.
³ Cfr. ad esempio Torrioni P.M., Sporteli e servizi per l’assistenza familiare. Sperimentazione e prospettive di welfare mix nella provincia di Torino, Celid, Torino, 2015.
Casa Comune è un progetto Interreg tra Italia e Svizzera che vede come capofila il Comune di Novara e coinvolge in qualità di partner l’associazione Opera Prima (capofila svizzero), la società cooperativa Filos, la cooperativa sociale Nuova Assistenza Onlus e il Centro servizi per il volontariato della Provincia di Novara (CSV). Esso è stato realizzato tra l’aprile 2013 e l’ottobre 2015 con l’obiettivo di lavorare a nuovi modelli di assistenza domiciliare degli anziani sul territorio (cfr. www.casacomunenovara.it).
Per un’esaustiva descrizione del modello formativo, dei suoi presupposti metodologici e della sua architettura cfr. Porzio G., “Supportare lo sviluppo professionale delle Assistenti familiari. Un modello formativo centrato sul Workplace Learning”, in AAVV, Ripensando la cura domiciliare per gli anziani. Casa Comune: un progetto transfrontaliero Italia-Svizzera.
Maino F., “Il secondo welfare tra risorse scarse, nuovi protagonisti e innovazione sociale”, Politiche sociali e servizi, n.1, Vita e Pensiero, Milano, 2013.
Ambrosini M., cit.