A poche settimane dallo scoppio dell’emergenza Coronavirus, nella seconda metà di marzo, la gravità della situazione sanitaria ha portato l’Agenzia di Tutela della Salute, il Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci e la Fondazione della Comunità Bergamasca a predisporre un piano d’azione per rispondere in modo adeguato ai bisogni delle persone, soprattutto le più fragili, maggiormente esposte ai rischi connessi all’emergenza causata dal Covid-19. A preoccupare da subito è stato il trasferimento dei malati Covid-19 in dimissione dagli ospedali e il loro ritorno sul territorio che avrebbe messo sotto stress il sistema dell’assistenza sociale territoriale.
A questa sfida hanno risposto insieme i quattordici Ambiti distrettuali della provincia di Bergamo e i loro Uffici di Piano, che da vent’anni gestiscono i servizi sociali in forma associata. Grazie alla loro competenza e alla conoscenza del territorio hanno costituito altrettante Unità Territoriali per l’Emergenza Sociale (UTES) per svolgere attività di informazione, sostegno alle fragilità e gestione logistica.
Il progetto, finanziato con risorse pubbliche e private, ha visto come catalizzatore finanziario la Fondazione della Comunità Bergamasca e ha previsto, dal punto di vista operativo, la costituzione di una unità sovracomunale in ognuno dei 14 Ambiti distrettuali, coordinati dal Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci e dall’Ufficio dei Sindaci di ATS Bergamo. Tali strutture organizzative hanno da fine marzo sostenuto lo sforzo dei Sindaci fornendo un supporto di tipo sociale ai Centri Operativi Comunali (COC) – che i Comuni hanno attivato su indicazione della Prefettura – per aiutare nella gestione di una situazione emergenziale territorialmente estesa e particolarmente delicata visto il numero dei contagi.
Abbiamo chiesto a Marcella Messina, Assessora alle Politiche Sociali della città di Bergamo e Presidente del Consiglio di Rappresentanza dei Sindaci della Provincia, di spiegarci che cosa sono le UTES, quali attività hanno messo in campo in queste settimane e quale eredità lasceranno sul territorio nella fase post-Covid.
Dottoressa Messina, che cosa sono le UTES? Come vengono costituite e da chi?
Le UTES sono realtà sovra comunali nate nella provincia di Bergamo per supportare i servizi sociali comunali nella gestione dell’attuale situazione di emergenza sociale correlata al Covid-19. Nella bergamasca sono attive 14 UTES la cui gestione è affidata alle Assemblee dei Sindaci degli Ambiti distrettuali/territoriali e ai loro Uffici di Piano, strutture istituzionali e tecniche già da vent’anni organizzate in forma associata nei Piani di Zona, in virtù della Legge 328/2000 e della Legge Regionale 3/2008. Le UTES sono coordinate dal Consiglio di rappresentanza dei Sindaci e da ATS Bergamo e – forti dell’esperienza maturata in tanti anni di lavoro sui territori – si sono rese rapidamente operative.
Quale è la loro finalità e cosa è stato fatto in questi due mesi di emergenza?
Le attività messe in campo dalle UTES sono di tre tipi: informative, di sostegno alla fragilità e di supporto alla logistica. Con riferimento all’attività di informazione, attraverso l’attivazione di un call center e la messa in rete dei contatti dei singoli Comuni, è stato attivato un servizio telefonico di ascolto e informazione ai cittadini, per le esigenze sociali, anche in lingua straniera e operativo anche nei week end. Questo servizio di ascolto si occupa anche di orientare le richieste ai successivi livelli di intervento sociale territoriale.
Il sostegno alla fragilità prevede la strutturazione di modalità operative per la presa in carico e la gestione dei bisogni sociali delle persone con Covid-19 dimesse dagli ospedali e fornisce, sul territorio dell’Ambito, un servizio domiciliare sociale di supporto per la persona e la sua famiglia, in particolare per le situazioni di estrema fragilità: i servizi vanno dall’assistenza domiciliare alla consegna pasti, dall’acquisto di generi alimentari per le persone in difficoltà economica al trasporto sociale e socio-sanitario.
A titolo esemplificativo, nella settimana del 20 aprile, sono state 9.750 le persone che hanno ricevuto consegne a domicilio tra pasti, spesa, farmaci e altri beni, 2.600 i cittadini fragili che hanno ricevuto ascolto, supporto, orientamento e consulenza rispetto ai servizi e agli interventi disponibili, circa 1.700 i disabili monitorati, assistiti e supportati a distanza, 712 le persone in Servizio di Assistenza Domiciliare (SAD), 120 i cittadini che hanno richiesto supporto psicologico e 40 le persone che, in dimissione dalle strutture ospedaliere, si sono viste attivare dalle UTES i servizi necessari al loro rientro a casa.
Infine, rispetto alla logistica, l’Unità Territoriale si occupa di distribuire i Dispositivi di Protezione individuale (DPI) alle persone poste in isolamento domiciliare obbligatorio (ove gli ospedali non abbiano già provveduto), agli operatori sociali e di volontariato impegnati nell’attività di assistenza sociale alle persone. Infine raccorda, per assicurarli in tutti i Comuni dell’Ambito, i servizi di prossimità per i cittadini che ne hanno bisogno (come la consegna farmaci, i pasti a domicilio, l’assistenza…) e il trasporto sociale.
Quali sono le risorse su cui possono contare le UTES per realizzare tutte queste attività?
Il progetto è finanziato con risorse pubbliche e private raccolte grazie all’impegno della Fondazione della Comunità Bergamasca tra cui il fondo corrente della Conferenza dei Sindaci. La Fondazione ha aperto un fondo dedicato per raccogliere donazioni a sostegno dell’emergenza sociale. Un progetto promosso da e con il sostegno di Radio Number One come media partner e con la partecipazione di #SosteniAMO Bergamo.
Lo scopo della Fondazione è quello di contribuire a tenere viva quella vasta rete di realtà associative e organizzazioni che operano nella nostra comunità a supporto dei soggetti più fragili, rete che da sempre caratterizza positivamente il nostro territorio e costituisce un elemento qualificante del welfare bergamasco. Con #SosteniAMO Bergamo la Fondazione di comunità ha voluto dare un concreto segnale di vicinanza e di supporto al lavoro dei sindaci e di tutti gli amministratori.
A questo punto è forse possibile fare un primo bilancio sull’esperienza di queste settimane: quali sono le principali difficoltà che le UTES stanno affrontando? E quali i punti di forza?
I Sindaci del territorio hanno compreso da subito quale sarebbe stato l’impatto generato dall’emergenza Coronavirus che – dopo aver mandato in sofferenza il sistema ospedaliero – ha generato nelle comunità nuovi bisogni di assistenza. Si è quindi provato ad individuare la strategia migliore da adottare per rispondere alle richieste e fornire soluzioni adeguate evitando che il sistema sociale si facesse trovare impreparato. Una capacità di reazione che sta dando i suoi frutti e che contribuirà ad accrescere la capacità di agire in modo coordinato coinvolgendo i tanti e diversi attori – pubblici e privati – del territorio.
I bisogni sono in forte crescita sia a livello sanitario sia sociale e quindi la sfida principale è quella di riuscire ad intercettare le molteplici richieste e non lasciare indietro nessuno. Le UTES stanno quindi cercando di rispondere a tutte le richieste con azioni di coordinamento provinciale e di valorizzazione delle esperienze di solidarietà già esistenti nei diversi Ambiti. In questa azione di coordinamento una attenzione particolare è rivolta alla definizione di protocolli per i servizi per evitare azioni isolate e favorire il più possibile azioni sinergiche tra le 14 Unità Territoriali.
Pensa che questa sia una iniziativa che lascerà – a emergenza conclusa – una traccia dietro di sé?
Io penso che attraverso questa esperienza nella provincia si stia profilando una nuova forma di welfare, quello di comunità, che a fine emergenza sanitaria offrirà alla nostra provincia una modalità innovativa di risposta ai bisogni e una rivisitazione dei servizi sociali aperta a tutta la cittadinanza.