Dal 12 al 15 novembre, si è tenuto a Torino il primo Festival dell’Educazione, promosso dall’Assessorato alle Politiche Educative della Città di Torino, in collaborazione con il Miur Ufficio Scolastico Regionale, Università degli Studi di Torino, Fondazione Giovanni Agnelli, Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, Xchè il laboratorio della curiosità , Fondazione Ordine Architetti Torino e La Stampa. L’evento, intitolato “Connessioni educative. La città come ecosistema formativo”, ha voluto sottolineare il legame, oltremodo necessario, tra scuola e territorio. Come emerso dalla relazione finale della sociologa Saskia Sassen, le città, nel mondo globalizzato, diventano uno spazio privilegiato per l’interazione tra vari soggetti, ognuno portatore di una serie di conoscenze. Tutte le parti della città, dalle università ai quartieri più poveri e marginali, possono diventare spazi per la formazione di conoscenza, formale o informale. Per questo si può parlare delle città come ecosistemi formativi.
Seguendo le parole introduttive dell’Assessora alle Politiche Educative del Comune di Torino, Mariagrazia Pellegrino, alcune parole chiave si aggirano e aprono le porte della buona educazione ispirando una nuova didattica:
– la relazione tra docente e discente che va valorizzata e adattata al mondo in cambiamento;
– il desiderio di conoscenza e di esperienza, messo a dura prova dalla mancanza di passione che imperversa nel sistema educativo (di cui fenomeni come la dispersione scolastica e i NEET ne sono il visibile esempio);
– il conflitto che nasce dalla conoscenza di sé ma anche dal riconoscimento delle differenze e dall’educazione alla valorizzazione delle differenza, in un’ottica di crescita e scambio virtuoso;
– la partecipazione e la consapevolezza della propria capacità nel contribuire con le proprie proposte a costruire nuove conoscenze;
– il limite e l’educazione ad accettare la perfettibilità del mondo e la coscienza di poter contribuire a migliorarlo.
Sulla base di questi cinque principi ispiratori, il Festival si è posto l’obiettivo di porre al proprio centro la didattica e le sue innovazioni come risorsa e ricerca della qualità formativa, seguendo sei aree tematiche:
– filiera educativa, con attenzione ai passaggi e connessioni tra i vari segmenti che compongono un percorso formativo;
–didattiche innovative e le ultime frontiere dell’innovazione didattica;
–didattiche di contesto, soffermandosi su modalità didattiche finalizzate a favorire l’integrazione culturale o l’apprendimento in condizione di disabilità;
–scuola e territorio, con particolare attenzione sulle reti tra scuole e rapporto tra educazione formale e informale;
–spazi di apprendimento e nuovi approcci didattici in relazione agli spazi educativi e formativi;
– accessibilità ai percorsi formativi e diffusione di buone pratiche per favorire l’accesso al sistema formativo in condizioni di pari opportunità.
Le aree tematiche su esposte sono state trattate in sessioni plenarie, ma soprattutto in seminari e workshop, allo scopo di creare luoghi di scambio e circolazione di idee, esperienze e buone pratiche e favorire la creazione di reti tra scuole e altri attori territoriali, sia a livello italiano, sia internazionale.
Tra i temi rilevanti, troviamo quello della lotta alla dispersione scolastica. Numerosi i seminari a workshop ad essa dedicata, a partire dall’intervento “Dispersione scolastica nella società contemporanea” a cura dell’esperto di politiche educative e sociali Marco Rossi Doria, a seminari tematici su progetti specifici quali “Provaci Ancora Sam”, sostenuto dal Comune di Torino e dall’Ufficio Pio e dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo (a cui abbiamo recentemente dedicato un articolo) . Il progetto, di cui i primi beneficiari sono gli istituti scolastici coinvolti, ha lo scopo di prevenire la dispersione scolastica nelle scuole medie inferiori e di accompagnare i ragazzi al conseguimento della licenza media, predisponendo un ambiente educativo che favorisca l’apprendimento. Ed ancora il workshop denominato “Too young too fail”, in cui sono state presentate reti internazionali come antidoto alla dispersione.
Altra dimensione di rilievo trattata durante le ultime sessioni plenarie è il confronto del sistema educativo italiano con altri sistemi del mondo, tra i quali la Cina, particolarmente interessante per il grande successo ottenuto dagli studenti cinesi (soprattutto di quelli di Shanghai) nelle prove OCSE PISA in lettura e matematica. Il successo del sistema cinese, a seguito dell’illustrazione fornita dal Professor Yudong Yang, Direttore del “Center for Teacher Development” della “Shanghai Academy for Educational Sciences”, pare essere incentrato sul gran numero di insegnanti a disposizione, sulla focalizzazione su tre materie principali (lingua cinese, matematica, inglese) e sulle abbondanti risorse stanziate dal governo cinese nel campo dell’istruzione, che nel 2014 ammontavano al 4,15% del PIL, con un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Altro caso interessante è rappresentato dalla Germania per l’ottimo sistema di alternanza scuola-lavoro che permette ai giovani un inserimento graduale e continuativo nel mondo del lavoro. Ed ancora la Romania, che presenta un sistema educativo incentrato sul curriculum per competenze.
A conclusione del Festival, lo spettacolo teatrale “Non voglio andare a scuola” di e con Giorgio Scaramuzzino, in cui vengono raccontate storie di ragazzi che nel mondo affrontano quotidiamente sacrifici inimmaginabili per andare a scuola, a cui fanno da ironico contrasto i video in cui i nostri ragazzi raccontano i mille motivi per cui loro, invece, sono stufi di andare a scuola. Lo spettacolo si pone come momento di riflessione su come l’accesso all’istruzione rappresenti per molti l’unica possibilità di riscatto da situazioni sociali difficili e di come sia necessario tutelare e sostenere la scuola pubblica.
Riferimenti: