I Laboratori Bibliosociali sono una rete inter-professionale e una comunità di pratica. Nati nel 2013, si occupano – a livello nazionale – di ricerca, formazione e consulenza sull’evoluzione delle biblioteche pubbliche e di altri spazi socioculturali, con un orientamento specifico allo sviluppo di comunità. Massimiliano Anzivino, Francesco Caligaris e Alfonso Noviello sono referenti di questa esperienza, che ci raccontano in 5 articoli pubblicati www.secondowelfare.it. Questo è il quarto; segue quello sui nessi tra biblioteche e welfare, sulle esperienze internazionali e sui rischi e opportunità di una svolta sociale. |
Tentativi tanto imperfetti quanto stimolanti
Per essere una “biblioteca sociale” bisogna innanzitutto fare. Non si tratta certo di un fare fine a se stesso, compulsivo e frenetico; al contrario è un fare che segue il pensiero e che è accompagnato da riflessioni, analisi, rielaborazioni.
La rete dei Laboratori Bibliosociali è una comunità di pratica perché parte sempre dalla concretezza del reale, da sperimentazioni effettive, tentativi imperfetti ma coraggiosi e ragionati di dare risposte articolate alla complessità del presente, di camminare e crescere insieme alla comunità locale, di radicarsi sul territorio e contemporaneamente di aiutare i cittadini a spiccare il volo. C’è un’operosità di fondo che non può essere accantonata. Le “biblioteche sociali” sono tali proprio perché osano stare nella situazione, cercare di viverla e interpretarla insieme ad altri soggetti, raddrizzando le storture, cogliendo le opportunità, battendo nuove strade.
In dieci anni di percorso con questa rete abbiamo incontrato innumerevoli esperienze, con approcci diversi e dimensioni differenti, sempre attente al presente, incuriosite dal futuro, memori del passato.
Proprio dalla memoria peschiamo per provare a dare qualche spunto operativo: non ci proponiamo di raccontare in modo esaustivo e dettagliato i processi e non intendiamo offrire dei modelli da imitare pedissequamente o dei metodi di lavoro da applicare in maniera schematica. Ogni esperienza è caratterizzata da punti di forza e criticità e soprattutto è immersa nel proprio contesto: confrontare situazioni e percorsi serve come stimolo; poi però gli apprendimenti che se ne traggono vanno inevitabilmente rielaborati per calarli in altre realtà professionali o territoriali.
Fatte queste necessarie premesse, proviamo a considerare con tale spirito alcune delle moltissime interessanti esperienze presenti in Italia.
“Solo” un gruppo di lettura
Cominciamo con un’iniziativa apparentemente semplice e assai comune: un gruppo di lettura. Spesso chi lavora in biblioteca, in base alle curiosità degli utenti o alle proprie passioni, propone una lista di libri, organizza un calendario, modera gli incontri. A volte questi gruppi di lettura hanno modalità laboratoriali e dinamiche, a volte coinvolgono autrici e autori, a volte creano legami tra le persone forti e potenzialmente generativi. Insomma, si tratta sempre di esperienze di valore. Tuttavia ci ha colpito quella della biblioteca di Brugherio (MB) perché ha reso i gruppi di lettura una straordinaria palestra di vera partecipazione.
Cittadini pieni di interessi – che già vedevano la biblioteca come un punto di riferimento – portavano svariate richieste di gruppi di lettura, e l’équipe della biblioteca di Brugherio non sapeva come farvi fronte. Il desiderio era apprezzato, ma rischiava di assorbire moltissime energie per tante piccole iniziative quasi in concorrenza tra loro. La soluzione, sperimentata con successo, è stata brillante e coraggiosa: mettere i cittadini stessi al centro del processo di organizzazione e animazione dei gruppi di lettura.
Ovviamente questa scommessa è stata fatta con grande cura. Quanti portano una proposta vengono aiutati dal personale a realizzarla: prima di tutto cercando di capire se si tratta di un tema di interesse collettivo (perché non c’è gruppo di lettura senza gruppo); in secondo luogo scegliendo con competenza i libri da inserire nel percorso; infine affrontando insieme ostacoli o imprevisti.
Questa modalità innovativa è stata resa possibile anche da una scelta logistica: concentrare tutti i gruppi di lettura in un unico giorno e in uno stesso orario, per poterli gestire in maniera sostenibile.
Il risultato: decine e decine di persone a prendere parte ai gruppi di lettura, molti dei quali sempre più autonomi e stimolanti per la vita della biblioteca e della comunità.
Snodi di reti territoriali
Se quindi una forma di virtuoso cambiamento consiste nell’innovare gli strumenti più classici delle biblioteche, un’altra pista di lavoro interessante è connettere fortemente i servizi culturali con tutto ciò che accade sul territorio. Tutto, davvero tutto, senza timori: perché la biblioteca stessa può portare quel surplus di cultura, quel concime naturale di pensiero, creatività ed espressione artistica.
È quanto avviene, per esempio, in Val Susa e Val Sangone, due valli piemontesi dove un progetto battezzato proprio come “Biblioteche sociali” si è sviluppato per due anni e ha lasciato notevoli ricadute e interessanti tracce di continuità. L’idea di partenza – anche in questo caso semplice e coraggiosa – è stata pensare le biblioteche come snodi di reti; e infatti si prestano perfettamente per questo ruolo grazie alla loro presenza capillare e alla percezione positiva che ne hanno i cittadini.
In concreto l’idea ha preso forma intrecciando iniziative diverse con il mondo bibliotecario: passeggiate letterarie, giochi educativi, riscoperta dei mestieri artigiani, danzaterapia, laboratori artistico-espressivi, letture animate, percorsi di educazione ambientale, progetti antispreco, ecc. Come si intuisce da questa rapida carrellata, alcune attività sono più affini alla tradizionale offerta delle biblioteche, altre più distanti ma le collaborazioni non sono per questo meno stimolanti, anzi! Le persone (professionisti di altri ambiti, membri di associazioni, cittadini privi di appartenenze ma con passioni e competenze) si attivano e moltiplicano le interlocuzioni e le proposte.
Una delle chiavi che hanno permesso un buon esito e una replicabilità di questa sperimentazione si ritrova nel ruolo assegnato alla biblioteca: non il fulcro di ogni processo, ma – come detto – uno snodo significativo, a volte un punto di passaggio, a volte un trampolino, a volte un collettore di energie.
Come le biblioteche possono diventare nuove infrastrutture di coesione locale
La forza dell’ibridazione per (ri)generare
Un altro esempio interessante di processo di attivazione del territorio attraverso una rete di servizi, associazioni e cittadini si può trovare nella biblioteca Bonincontro di Chieti.
In un quartiere dalla forte identità (legata all’ex cartiera Celdit) e immerso in un complesso momento di rigenerazione nasce l’esigenza di costruire un nuovo polo socioculturale. L’innesco è dato dall’Amministrazione Comunale in un processo di rigenerazione sociale da realizzare tramite pratiche di cittadinanza attiva. Operatori sociali in connessione con un gruppo di cittadine appassionate di lavoro a maglia avvia (una passione presente anche in altri contesti bibliotecari come raccontavamo qui, ndr) un percorso di rivitalizzazione di uno spazio civico ri-allestendo i locali ma soprattutto attivando gli abitanti, in particolare giovani.
Nasce così un centro aggregativo ibrido con una zona di ritrovo per giovani e meno giovani, spazi laboratoriali ed espositivi. Intorno ai processi relazionali messi in moto attraverso una serie di iniziative dentro e fuori questi spazi nasce il progetto di creazione di una biblioteca intitolata a un poetessa locale, Marilia Bonincontro. La donazione di un suo patrimonio librario ha permesso a un gruppo di giovani di costruire un’esperienza da aprire al quartiere e da gestire direttamente mettendo ancora di più in circolo la componente culturale e quella relazionale.
Non si tratta quindi di una biblioteca formale ma dell’uso dello strumento bibliotecario per generare processi di partecipazione e di inclusione che diventano motore per lo sviluppo del quartiere. Da questa esperienza, dunque, emerge la forza del lavoro di rete e di sviluppo di comunità curato dal servizio sociale, reperendo importanti risorse attraverso il passaparola, la mappature del territorio, l’ingaggio delle persone e dei gruppi, la responsabilizzazione e l’empowerment dei cittadini.
Un luogo anche per giovani
Ci agganciamo all’esperienza di Chieti per sfatare un altro pregiudizio che assilla le biblioteche: che non siano un luogo adatto ad adolescenti e giovani (universitari a parte), ma che possano attrarre solo bambini e adulti. Non si può negare che molti spazi sono strutturati in modo da risultare quasi respingenti per i pubblici preadolescenti e adolescenti, ma in numerose realtà l’incontro tra biblioteche e giovani è possibile e, anzi, si sta rivelando assai fruttuoso. Citiamo alcune situazioni stimolanti:
- a Trieste la biblioteca diffusa ha in rete molte vivaci biblioteche scolastiche (si stanno animando in varie città d’Italia, con un arricchimento per il mondo scolastico e i quartieri) e, insieme alle ragazze e ai ragazzi di un centro aggregativo, ha creato un punto di lettura Under 35, selezionando libri scritti da autrici e autori entro i loro 35 anni;
- a Milano nel quartiere Figino la biblioteca sociale Spiazza, tra le tante iniziative per ogni fascia d’età, ha organizzato serate di freestyle (improvvisazioni rap) ideate e gestite insieme agli adolescenti;
- a Castagneto Carducci (LI) la collaborazione tra biblioteca civica e centro di aggregazione giovanile è assai stretta, con iniziative congiunte e con l’aiuto da parte di ragazze e ragazzi nell’allestire alcuni arredi dello spazio bibliotecario e dell’apecar che porta i libri in giro durante il periodo estivo.
Movimenti semplici e spontanei
Molte altre potrebbero essere le esperienze da raccontare. Ma a questo punto è più interessante sottolineare alcuni elementi in comune tra queste iniziative:
- nascono da movimenti semplici e spontanei: dalla proposta di un cittadino, dall’idea di una ragazza del servizio civile, da un contatto personale, da un interesse condiviso, da una chiacchierata di fronte alla macchinetta del caffè. Suggestioni che gradualmente prendono forma partendo dal basso;
- agganciano le persone, le coinvolgono e lasciano spazio alla loro partecipazione. Sanno quindi colpire nel segno, intercettando desideri ed energie; e non sono controllate in maniera maniacale dagli operatori, ma crescono in piena libertà, con un sapiente e discreto accompagnamento;
- creano opportunità sorprendenti, nel vero senso della parola: ci si lascia stupefare dall’inedito; si permette che il possibile si realizzi; insomma, non ci si pongono limiti. Alla domanda “Che cosa si può fare in biblioteca?” ci si risponde “Tutto! Proviamoci!”.
C’è una grande passione che anima chi lavora nelle biblioteche, una passione che ha a che fare con una cultura viva da scoprire, sostenere, condividere. Ne parleremo meglio nell’ultimo articolo che chiuderà, per ora, queste nostre riflessioni sulle biblioteche sociali.