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“In un contesto di crisi, le politiche di riconciliazione sono molto importanti. Tuttavia, pur essendo ai primi posti nell’agenda dei bisogni, l’impegno verso il tema è particolarmente arduo in tempi di austerity e tagli ai bilanci”. Con queste parole Olivier Rouland (Capo dell’Unità “Demografia, Migrazioni, Innovazione Sociale, Società Civile” della Commissione Europea) ha introdotto un workshop dal titolo “Work-life balance and reform of the welfare state: innovative approaches and practices at regional level”, svoltosi il 25 gennaio a Bruxelles presso il Comitato Economico e Sociale Europeo.
Come possono le amministrazioni pubbliche far fronte alle esigenze di conciliazione famiglia-lavoro in tempo di crisi economica? Quali altri attori possono affiancare lo Stato nel ruolo di produttore di politiche per la collettività in questo ambito? Qual è il ruolo delle amministrazioni locali? In occasione della presentazione del Libro Bianco della Regione Lombardia “Roadmap per la conciliazione famiglia-lavoro”, i massimi esperti sul tema sono giunti a una sintesi del dibattito corrente sui temi della conciliazione, con una particolare attenzione alle implicazioni dall’attuale congiuntura economica.

Il simposio ha visto la partecipazione, tra gli altri, di rappresentanti delle istituzioni europee, come il già citato Olivier Rouland e Stéphane Buffetaut (Comitato Economico e Sociale Europeo) e di esponenti del mondo accademico e della ricerca, come Linda Hantrais (Loughborough University e London School of Economics) e Daniel Molinuevo (Eurofund Dublin). In veste di rappresentante di Regione Lombardia è intervenuto l’Assessore alla Famiglia Giulio Boscagli, il quale ha introdotto il processo e le azioni innovative intraprese nell’ambito dello sforzo lombardo in tema di conciliazione, mentre Elizabeth Rahmberg (Servizi Sociali nella municipalità di Lidköping, in Svezia) e Esther Sànchez (Ministero del lavoro e delle relazioni industriali del governo catalano) hanno riferito la loro esperienza locale, apportando all’incontro un elemento comparativo a livello europeo.

Politiche certe e di lungo periodo
Nel suo discorso introduttivo al convegno, Stéphane Buffetaut ha enfatizzato l’importanza delle politiche pubbliche nel determinare le scelte di lungo periodo delle famiglie. Molti paesi europei, sostiene Buffetaut, presentano una situazione demografica altamente problematica a causa di tassi di natalità molto bassi. Ciò è in parte dovuto alla mancanza di politiche certe e di lungo periodo che diano sicurezza alle famiglie e permettano loro di operare delle scelte riproduttive consapevoli. D’altra parte, sostiene Buffetaut, il fatto che la Francia sia uno dei paesi con la più alta natalità dell’Unione Europea “non è una fortuna, è una volontà politica che dura nel tempo”. Tuttavia, conclude il rappresentante del Comitato Economico e Sociale Europeo, è possibile invertire quella che sembra una tendenza consolidata, ovvero il calo demografico in molti paesi dell’area UE, anche grazie a “politiche adatte”, largamente condivise e caratterizzate dalla prevedibilità nel futuro.

La conciliazione famiglia-lavoro in Europa: una visione d’insieme
Durante l’intervento successivo, Linda Hantrais porta la sua esperienza di professoressa e ricercatrice cercando di fornire una visione d’insieme, a livello europeo, degli approcci innovativi in tema di conciliazione famiglia-lavoro e riforma del welfare. In particolare, la studiosa s’interroga su come le politiche pubbliche assistano – e possano assistere – le famiglie durante i periodi di austerità. Notando che i temi della conciliazione si fanno prepotentemente spazio nell’agenda politica soprattutto quando associati alla problematica demografica, la studiosa afferma invece che le politiche di conciliazione necessiterebbero di una visione costante e olistica, nell’ottica del ciclo di vita individuale e familiare. In accordo che le linee guida della Commissione Europea, le politiche di riconciliazione a livello europeo dovrebbero perseguire alcuni obiettivi, fra i quali l’innalzamento dei tassi di fecondità, il supporto della solidarietà intergenerazionale, l’incoraggiamento dell’attività economica femminile, il supporto ai sistemi di protezione sociale, la protezione delle donne in quanto madri e la promozione della realizzazione degli individui. Hantrais sottolinea che tutti questi obiettivi sono presenti nel Libro Bianco della Regione Lombardia.

Riconducendo la riflessione alla crisi sociale ed economica corrente, Hantrais evidenzia le peculiarità dell’attuale recessione nel suo protrarsi nel tempo ed essere portatrice di effetti di lungo periodo sulle scelte riproduttive delle famiglie. A livello europeo, la crisi conduce a cambiamenti strutturali ai sistemi di supporto familiare adottati dai governi: la tendenza generale è quella di ridurre i programmi universalistici in favore di interventi focalizzati sui settori più deboli della società. Allo stesso tempo, i tagli al pubblico impiego colpiscono in maniera particolare le donne, mentre l’aumento della disoccupazione conduce ad alti livelli di povertà, in particolare quella infantile. In questo contesto, le politiche di conciliazione familiare, spiega Hantrais, sono importanti ma non sufficienti. In tempo di austerità e crisi economica, infatti, i fattori che influenzano le decisioni riproduttive delle famiglie sono plurimi. Fra questi, spiccano la sicurezza economica e lavorativa. L’offerta di servizi pubblici alle famiglie, quindi, passa in secondo piano agli occhi delle famiglie. Di conseguenza, conclude Hantrais in relativo contrasto con l’intervento che l’ha preceduta, la priorità dei governi dovrebbe essere non tanto – o meglio, non solo – l’implementazione di nuove politiche di conciliazione, quanto la creazione di nuovi posti di lavoro e opportunità di addestramento professionale.

Un ritratto quantitativo del bisogno di conciliazione in Europa
L’intervento di Daniel Molinuevo offre una panoramica generale, supportata da una forte evidenza empirica, sulla conciliazione famiglia-lavoro in Europa e sul ruolo dei servizi di cura. I dati della European Working Condition Survey (EWCS) e della European Quality of Life Survey (EQLS) mostrano che, nell’Europa a 27, il pattern familiare più diffuso è quello che vede entrambi i coniugi nella famiglia lavorare a tempo pieno. Il tema dell’occupazione diventa quindi fondamentale per determinare le politiche di conciliazione famiglia-lavoro. In particolare, Molinuevo discute del binomio flexibility/flexicurity, argomentando che le famiglie valutano molto positivamente da una parta la flessibilità dell’orario di lavoro, e dall’altra parte la sua prevedibilità nel tempo. La flessibilità e la sicurezza sono due concetti solo apparentemente in antitesi: “una buona flessibilità è vista come un fattore positivo ai fini dell’equilibrio famiglia-lavoro”, sostiene Molinuevo. Fra le misure che favoriscono la flexibility/flexicurity, Molinuevo ricorda la flessibilità nella determinazione degli orari di lavoro, il telelavoro, l’accessibilità del lavoro, il part-time, il term-time, la possibilità di usufruire di congedi di breve o lunga durata, etc. Inoltre, altre misure di sostegno alla cura possono contribuire alla definizione di un giusto equilibrio fra tempo di lavoro e tempo familiare: promozione del benessere psico-fisico, promozione di gruppi di supporto e sessioni di counselling, sostegno diretto di alcuni costi di cura da parte delle aziende. In altre parole, l’analisi di Molinuevo attribuisce un ruolo di grande importanza ai datori di lavoro, e non solo alle amministrazioni pubbliche, nella definizione e implementazione dei servizi di conciliazione alle famiglie. Tutto ciò è quanto più vero se si considera che la rimodulazione dei tempi di lavoro porta benefici non solo al lavoratore che acquista serenità e raggiunge un equilibrio fra vita privata e professionale, ma anche all’azienda che trae vantaggio dal conseguente aumento di produttività ed efficienza.

Regione Lombardia: un laboratorio innovativo di politiche per la conciliazione
Dopo la presentazione del framework teorico ed empirico sul tema della conciliazione, l’Assessore alla Famiglia della Regione Lombardia, Giulio Boscagli, prende la parola per introdurre il Librio Bianco “Roadmap per la conciliazione famiglia-lavoro”. Boscagli parte dal presupposto che, in un contesto di crisi economica e ridefinizione dei modelli tradizionali di welfare basati su meccanismi assistenzialisti, sia fondamentale collocarsi in una prospettiva nuova di “welfare civile” che ponga al centro l’individuo, seguendolo attraverso le diverse fasi del ciclo di vita. Boscagli sottolinea l’approccio fortemente relazionale di tale nuovo approccio, unito all’esigenza di creare collegamenti fra mondi all’apparenza distanti fra loro, quali il settore assistenziale e il mondo dell’impresa.

Al fine di giungere a una sintesi delle esigenze e delle strategie da adottare per attuare politiche di conciliazione, Regione Lombardia ha deliberatamente scelto di coinvolgere i vari stakeholders attraverso un procedimento di consultazione pubblica, grazie alla quale sono state individuate tre linee di priorità. In primo luogo, si è rilevata la necessità di ripensare l’organizzazione del lavoro e sviluppare programmi di welfare aziendale e interaziendale. Secondariamente, è emersa l’esigenza di migliorare l’accesso ai servizi di cura, non soltanto per la prima infanzia ma anche per soggetti anziani o con disabilità. Infine, la consultazione ha portato alla consapevolezza della necessità di riorganizzazione gli orari e i tempi della città e del territorio.

A fronte di tali esigenze, Regione Lombardia ha messo in piedi una strategia di governance multilivello e multi attore che, anche grazie a un investimento iniziale di 27 milioni di euro, si propone come laboratorio per un modello di welfare innovativo non solo a livello italiano ma anche europeo. Le caratteristiche del percorso sulla conciliazione sono tre: family mainstreaming, co-progettazione e co-produzione e istituzione di reti territoriali. Il family mainstreaming risponde all’esigenza di trasversalità e integrazione: tutte le politiche regionali sono interessate dalla strategia sulla conciliazione, con l’obiettivo di agire sulla moltiplicità degli elementi che influenzano la vita quotidiana degli individui. Per ciò che riguarda la co-progettazione e la co-produzione, si sottolinea da un lato l’importanza della partecipazione attiva e responsabile dei cittadini, e dall’altro lato il contributo fondamentale apportato dal terzo settore. Infine, in linea con l’aspetto relazione della strategia lombarda, lo sviluppo di reti territoriali per la conciliazione appare fondamentale ai fini di assicurare l’integrazione delle politiche, nonché la collaborazione tra le tante piccole e medie imprese che costituiscono la spina dorsale del sistema economico lombardo ma che non sono in grado, individualmente, di offrire misure avanzate di welfare aziendale ai propri dipendenti.

Nei primi dieci mesi di implementazione della strategia per la conciliazione famiglia-lavoro in Regione Lombardia, spiega Boscagli, alcuni importanti risultati sono stati raggiunti. Un accordo per la creazione di reti territoriali per la conciliazione, con il conseguente Piano di Azione, è stato creato per ogni provincia lombarda. Nell’ambito di tali piani, è stata avviata la dote conciliazione, articolata in dote servizi alla persona e dote servizi all’impresa. La prima è destinata ai genitori che rientrano dal congedo di maternità o paternità e vogliono usufruire di determinati servizi a sostegno dei compiti di cura della famiglia. La seconda, invece, si rivolge alle imprese che assumono madri disoccupate con almeno un figlio a carico al di sotto dei cinque anni. Inoltre, è stata avviata la progettazione di reti d’impresa, grazie alle quali le piccole e medie imprese possono aggregarsi per fornire collettivamente soluzioni di welfare aziendale ai propri lavoratori. Infine, è stato inaugurato un servizio di consulenza alle imprese al fine di individuare soluzioni e interventi quali piani di flessibilità aziendale o progetti individualizzati di rientro dalla maternità.

Per quanto riguarda il welfare aziendale e interaziendale, sono stati avviati 33 progetti di durata biennale che interessando circa 6.300 lavoratori dipendenti. Tali interventi sperimentano soluzioni flessibili nell’organizzazione del lavoro e azioni di supporto agli impegni di cura familiare: flessibilità negli orari di lavoro, organizzazione di servizi flessibili di trasporto, mensa, lavori domestici, assistenza sanitaria integrativa, etc. L’Assessore afferma inoltre che la rinnovata attenzione nei confronti dei giovani e dalle famiglie è confermata da ulteriori misure implementate a partire dal 2011, fra le quali ricorda i meccanismi a favore delle start-up con titolarità femminile o giovanile, le iniziative che forniscono un supporto economico a persone disoccupate con figli minorenni o disabili a carico – con lo scopo di incentivare il lavoro femminile – e infine le misure per la rimodulazione degli orari dei servizi sul territorio, onde agevolare l’espletamento delle incombenze quotidiane. Infine, Boscagli riferisce che Regione Lombardia sta lavorando per l’intoduzione del “fattore famiglia,” uno strumento che, ridefinendo i costi di accesso ai servizi in base ai carichi di cura familiari, si sposa con la necessità di un nuovo sistema fiscale in grado di mettere al centro la famiglia e le sue esigenze.

Case study: l’esperienza regionale svedese e catalana
La presentazione dell’Assessore Boscagli ha fornito quindi una panoramica completa sulle iniziative intraprese da Regione Lombardia in tema di conciliazione, rivolgendo un’attenzione particolare agli aspetti inerenti il processo di definizione delle politiche. L’apporto di una visione comparatistica ha permesso di collocare l’esperienza lombarda nel quadro più ampio delle iniziative europee in tema di conciliazione famiglia-lavoro. A questo proposito, gli interventi di Elizabeth Rahmberg ed Esther Sànchez hanno arricchito la discussione mostrando due storie di successo, provenienti dal Sud e dal Nord dell’Europa, nell’ambito di politiche pubbliche di conciliazione.

Rahmberg, nella sua posizione di Direttrice del Servizi Sociali nella municipalità di Lidköping in Svezia, illustra i principi ispiratori e i valori fondanti delle politiche di welfare nel paese scandinavo, nonché le principali misure per la loro attuazione: perseguimento di pari opportunità in ambito occupazionale, congedi di maternità obbligatori per entrambi i genitori, servizi di cura per bambini a tariffe calmierate, deduzioni per la cura della casa, centri di counselling familiare e giovanile. A livello locale, quindi, Rahmerg riferisce di come sia stata perseguita una sempre più stretta collaborazione fra la municipalità di Lidköping e le imprese. In particolare, sono stati creati dei canali che assicurino un contatto costante fra la municipalità e le imprese, in modo da garantire quella flessibilità dell’orario e delle condizioni di lavoro che garantisce alle famiglie di raggiungere un sano equilibrio fra vita familiare e professionale. L’attenzione non è stata focalizzata soltanto sui tempi del lavoro – orari flessibili, congedi, ferie – ma anche sulla promozione di attività quali lo sport, la religione, il divertimento e l’istruzione formale. Questi ultimi elementi sono tanto più importanti quanto più si prende il considerazione l’esigenza dei genitori di partecipare attivamente alle attività extra-scolastiche dei figli. In conclusione, i dati Eurostat dimostrano come l’impegno costante nei confronti delle politiche di conciliazione abbia portato a risultati visibili: non soltanto la Svezia gode di uno dei più alti tassi di fecondità in Europa (1.91 figli per donna) ma anche il tasso di occupazione è particolarmente elevato, dal momento che sette donne su dieci lavorano, contro una media europea di 5.8. L’importanza accordata alle varie fasi della maternità e della paternità, da una parte, e alle condizioni lavorative quotidiane, dall’altra, permettono quindi di raggiungere un buon equilibrio in termini di vita lavorativa e vita privata. Tuttavia, Rahmerg ricorda l’esistenza di alcuni gruppi vulnerabili a cui non è ancora accordata sufficiente attenzione. Fra questi spiccano le famiglie con genitori single o divorziati, e le famiglie di immigrati.

Esther Sànchez, Ministra del lavoro e dello politiche industriali nel governo di Catalogna in Spagna, conclude il workshop con una presentazione sull’esperienza di successo denominata Temps X Temps, in cui un gruppo di imprese pilota ha contribuito non solo alla ridefinizione dei tempi di lavoro, ma anche alla valutazione degli effetti di molteplici azioni e risorse pro conciliazione. Le 33 imprese coinvolte nella sperimentazione provengono dalla cintura industriale della città di Barcellona, sono di diverse dimensioni e operano in disparati settori. La metodologia ha seguito una strategia in tre fasi: in primo luogo, un’analisi quantitativa e qualitativa ha permesso di giungere a una diagnosi della problematica; secondariamente, l’implementazione è stata caratterizata da una diagnosi e un piano di lavoro personalizzato, accompagnato da supporto di consulenti, sessioni di formazione e networking; la terza fase, infine, ha visto la valutazione, attraverso un’analisi qualitativa e quantitativa, dei risultati del progetto.

La valutazione del progetto pilota catalano, afferma Sànchez, permette di affermare senza remore i benefici dell’implementazione in ambito aziendale di azioni che favoriscano la conciliazione famiglia-lavoro. In particolare, le aziende coinvolte nel progetto hanno sperimentato una maggiore efficienza nella gestione del tempo, un’aumento della produttività, una riduzione dell’assenteismo e dello stress e un miglioramento dell’ambiente di lavoro. Inoltre, i lavoratori delle aziende pilota hanno dimostrato un maggior attaccamento aziendale e un aumento della motivazione e della soddisfazione sul luogo di lavoro. Il bilancio dell’attività è sicuramente positivo, tanto da portare all’auspicio di un’estensione del progetto al di fuori dei confini catalani.

Alcuni spunti di riflessione
I vari interventi che si sono susseguiti durante il workshop hanno permesso di giungere a una panoramica globale delle iniziative in tema di conciliazione famiglia-lavoro a livello locale. La testimonianza dell’Assessore Boscagli ha confermato l’attivismo di Regione Lombardia nella ricerca di soluzioni innovative alle problematiche della gestione del tempo per le famiglie italiane. L’apporto delle esperienze svedese e catalana, inoltre, ha permesso di individuare una prospettiva europea alla tematica. Alcune fili rossi emergono dalla discussione.

In tempo di crisi economica e austerità di bilancio, l’attuazione di politiche di conciliazione diventa quanto mai importante, eppure difficile. Politiche certe e di lungo periodo permettono di dare sicurezza alle famiglie nel prendere decisioni importanti, quali sono le scelte riproduttive. Allo stesso tempo, una politica di creazione di posti di lavoro e di risollevamento economico globale è fondamentale per fornire alle famiglie quella sicurezza economica che rappresenta il primo fattore di influenza per le scelte di costruire una famiglia.

In tale contesto, il ruolo delle imprese appare fondamentale, considerato anche che una grande parte delle famiglie è composta da entrambi i coniugi che lavorano. La flessibilità sul luogo di lavoro, e soprattutto la sicurezza di poter godere di tale flessibilità, appare essere la strada per assicurare agli individui un miglior godimento dell’equilibrio famiglia-lavoro. D’altra parte, e ciò è valido soprattutto nel contesto italiano, è necessario portare avanti un’iniziativa di sensibilizzazione culturale, grazie alla quale i titolari delle piccole e medie imprese – che rappresentano il tessuto economico lombardo e italiano – comprendano chiaramente i benefici della conciliazione. Termini come telelavoro, job sharing – e la stessa conciliazione – sono parte di un vocabolario spesso oscuro alle imprese italiane, dove è ancora forte la concezione della produttività legata alla presenza fisica sul luogo di lavoro.

Infine, appare chiaro come la discussione abbia escluso una molteplicità di soggetti che non appartengono alla concezione tradizionale della famiglia a cui le politiche pubbliche di conciliazione sono solite rivolgersi. Come notato da Linda Hantrais e da Elizabeth Rahmberg, le amministrazioni pubbiche dovrebbero compiere un passo successivo e fornire adeguata protezione anche a famiglie non convenzionali, come famiglie monoparentali, famiglie con genitori divorziati e famiglie immigrate. Infine, è evidente come la problematica della cura ai familiari non possa essere confinata alla prima infanzia. Alla luce dell’invecchiamento della popolazione e della distribuzione dei compiti di cura a carico delle famiglie, è quanto mai necessario ripensare a un sistema di assistenza che prenda in considerazione anche e soprattutto la cura delle persone anziane e dei disabili. Il messaggio del workshop, insomma, è chiaro: considerato il cambiamento strutturale che sta interessando la società, l’economia e lo stato sociale moderni, molti passi volti al perseguimento di un’equilibrio famiglia-lavoro sono stati compiuti. Tuttavia, il percorso è ancora lungo e bisognoso di interventi di inclusione e partecipazione sempre più decisi.


Riferimenti

Segnaliamo l’interessante articolo di Arianna Visentini, che racconta dell’evento di Bruxelles e del convegno “Questione femminile, questione Italia” organizzato dal Comitato Pari o Dispare a Roma, lo scorso 26 gennaio.

Il sito della Commissione Europea

Il sito del Comitato Economico e Sociale Europeo

Il Libro Bianco della Regione Lombardia “Roadmap per la conciliazione famiglia-lavoro”

European Working Condition Survey (EWCS)

European Quality of Life Survey (EQLS)

La rete territoriale per la conciliazione e il progetto di welfare aziendale della DG Famiglia, Conciliazione, Intefrazione e Solidarietà Sociale della Regione Lombardia

Il materiale relativo al convegno è disponibile sul sito di Regione Lombardia, al seguente link.

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