“Io non mi arrendo. Bambini e Famiglie in lotta contro la Povertà” è il titolo della ricerca realizzata dalla Fondazione Emanuela Zancan e promossa dalla Fondazione L’Albero della Vita. Questa ricerca ha portato alla pubblicazione, da parte della casa editrice Il Mulino, di un volume dal medesimo titolo e di un rapporto di sintesi disponibile on-line.
Lo studio ha approfondito la condizione di vita delle famiglie fragili con figli minori e si è posto l’obiettivo di cogliere la multidimensionalità dei problemi che interessano le famiglie in povertà (problemi di salute, disagio abitativo, disoccupazione ecc.) approfondendo la questione dell’utilità degli aiuti ricevuti (sia da enti pubblici, sia da privati) e della mancanza di aiuti di cui invece le famiglie avrebbero bisogno. La ricerca ha infine indagato una dimensione spesso trascurata dagli studi in materia di povertà. Si tratta dell’analisi delle competenze, capacità e conoscenze che le famiglie fragili possiedono e possono investire a beneficio proprio o della collettività.
Complessivamente sono state realizzate interviste in profondità con 277 famiglie residenti in sette città italiane (Milano, Torino, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo). L’85% degli adulti intervistati è donna e la maggioranza è di età compresa fra i 30 e i 50 anni. Il 78% è cittadino italiano, il 22% è straniero. 56 interviste hanno infine visto protagonisti bambini e ragazzi appartenenti a famiglie fragili. Le evidenze raccolte sono disponibili sia a livello aggregato sia per singola città; per ragioni di sintesi si riportano qui solo le evidenze aggregate.
I problemi delle famiglie
Nella maggior parte dei casi la fragilità delle famiglie si lega alla condizione occupazionale e in particolare alla disoccupazione (7 famiglie su 10). La seconda forma di disagio più diffusa riguarda invece la questione abitativa che interessa il 56% delle famiglie; seguono le problematiche legate alla salute (54% delle famiglie) e, in particolare, alla presenza di malattie croniche. Nel 38% dei nuclei familiari emergono poi difficoltà relative alle relazioni intra-familiari. Infine, 1 famiglia su 5 ha problemi con la giustizia e 1 su 6 esprime difficoltà legate al livello di istruzione.
Gli aiuti ricevuti
Le interviste consegnano una fotografia piuttosto eterogenea in cui sono presenti varie tipologie di aiuti (beni, servizi, trasferimenti monetari) erogati da differenti soggetti (enti pubblici, associazioni private, reti parentali o amicali) con l’obiettivo di rispondere a diverse necessità (carenza di risorse economiche, mancanza di lavoro, problemi di salute o esigenze abitative).
Sul totale delle famiglie intervistate quasi tre quarti ricevono, o hanno ricevuto, aiuti economici (diretti o in forma di compartecipazione per spese sanitarie, abitazione ecc.). Oltre 6 famiglie su 10 beneficiano poi di beni materiali di prima necessità. Meno diffuso è invece l’aiuto ricevuto sotto forma di servizi. Fra i servizi più diffusi troviamo il sostegno socio-educativo (di cui beneficia un terzo delle famiglie), seguono gli interventi di orientamento e o sostegno e di assistenza abitativa (che riguardano quasi 1 famiglia su 5). Infine più di una famiglia su 8 beneficia dell’abbattimento delle tariffe/rette che riguardano l’accesso a servizi, nella maggior parte dei casi dedicati ai minori (es. mensa, trasporto scolastico, servizi per la prima infanzia).
Per quanto riguarda invece la percezione che le famiglie hanno circa l’utilità degli aiuti ricevuti, la ricerca evidenzia che gli aiuti più utili non sono necessariamente quelli più frequentemente ricevuti. Gli interventi ritenuti più utili sono i servizi di accoglienza (ludico-ricreativa, residenziale, educativa), gli interventi di sostegno alle vittime di abuso e violenza, l’abbattimento delle tariffe/rette per l’accesso ai servizi, gli interventi di sostegno socio-educativo, i servizi di consultazione e orientamento. A un livello inferiore (ma comunque non trascurabile) si colloca invece l’utilità associata ai contributi economici. Complessivamente, i servizi di supporto sociale (come counseling, doposcuola, iniziative di aggregazione e socializzazione per adulti) sono percepiti con grande favore.
Gli aiuti non ricevuti
Oltre agli interventi ricevuti, la ricerca si è anche concentrata su quelli “mancanti”, ovvero su quegli aiuti ritenuti necessari dalle famiglie ma che non sono stati percepiti. Il sostegno più frequentemente non ricevuto è quello economico. ll 60% delle famiglie dichiara di non aver ricevuto contributi economici (diretti o in forma di agevolazioni) di cui avrebbero avuto – in qualche misura – bisogno. Circa un terzo degli intervistati sottolinea la mancanza di servizi per il lavoro o la necessità di migliorare la qualità di questo tipo di servizi. Un quinto delle famiglie segnala poi la mancanza di interventi di assistenza abitativa. A un sesto delle famiglie sono mancati invece i servizi di consultazione, orientamento e sostegno psicologico.
Per quanto riguarda la “gravità” della mancanza di servizi, la carenza più rilevante riguarda i servizi di assistenza sociosanitaria e abitativa. Leggermente inferiore è il livello di gravità associato alla mancanza di contributi economici. Seguono i servizi per il lavoro, di assistenza domiciliare e accoglienza residenziale. In fondo alla graduatoria si collocano invece le carenze che interessano i beni materiali di prima necessità e il sostegno economico sotto forma di prestito.
I potenziali generativi
La ricerca ha poi analizzato i “potenziali generativi” ovvero le risorse e le capacità positive che uno o più componenti della famiglia si riconoscono e che possono essere investite a vantaggio del proprio nucleo familiare o a favore di persone e/o enti esterni al nucleo. Nel primo caso la ricerca fa riferimento al “concorso al risultato”, nel secondo al “dividendo sociale”. A livello aggregato è emerso che l’86,6% delle famiglie possiede risorse positive impiegabili per il “concorso al risultato” mentre il 74,7% possiede risorse spendibili nel “dividendo sociale”. In sostanza, la ricerca evidenzia che le famiglie fragili possono contare su risorse originali, ma che non sempre ne sono consapevoli e/o riescono ad attivarle. Proprio su questo punto dovrebbero allora giocarsi le strategie di inclusione sociale, le persone in poverta’ sono infatti l’elemento centrale della soluzione.
La posizione di bambini e ragazzi
La ricerca è stata infine completata da uno studio pilota che ha approfondito la condizione di 56 bambini e ragazzi che vivono in famiglie in difficoltà. Questa parte della ricerca è stata realizzata attraverso interviste in profondità che hanno considerato bambini e ragazzi come attori sociali pienamente capaci di esprimere il loro punto di vista. Le interviste si sono concentrate sul significato che la povertà assume per loro. Complessivamente è emerso un atteggiamento positivo verso la propria esperienza di vita. Il 50% dei bambini/ragazzi si è infatti riconosciuto in un buon livello di felicità. Circa un quinto degli intervistati esprime un livello intermedio (né positivo né negativo). Mentre in meno del 2% dei casi è stato indicato un livello negativo.
Nel dettaglio, la maggior parte dei bambini/ragazzi è molto soddisfatto delle proprie condizioni di salute, è positivo rispetto alle relazioni in famiglia e con gli amici ed è soddisfatto del modo in cui passa il tempo libero. I bambini/ragazzi intervistati mostrano generalmente un buon livello di sicurezza e soddisfazione rispetto alle cose che possiedono ed esprimono un buon rapporto con se stessi mentre più critici sono i rapporti con le altre persone in generale. Altri elementi di criticità emergono poi rispetto alla zona in cui vivono e all’abitazione nella quale risiedono.