3 ' di lettura
Salva pagina in PDF

"La Città in Crescita" è un progetto che intende dar vita a una “Comunità Educante” nell’ambito del Sistema Integrato zero-sei sul territorio della città di Salerno. L’obiettivo dell’iniziativa, promossa da diversi stakeholder locali e nazionali – tra cui Percorsi di secondo welfare – grazie al supporto di Fondazione Banco di Napoli per l’Assistenza all’infanzia, è immaginare servizi sempre più adeguati alle esigenze dei più piccoli tramite il coinvolgimento degli attori territoriali che a vario titolo sono interessati al tema. Il progetto, tra le altre cose, prevede la realizzazione di alcuni seminari, curati da esperti del tema zero-seri, aperti a educatori, insegnanti, genitori, referenti educativi e coordinatori dei servizi per l’infanzia. Il 15 novembre si svolgerà il quarto di questi appuntamenti (qui l’elenco completo) sul tema "I bambini e le nuove tecnologie" che sarà coordinato da Cosimo Di Bari, Ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Formazione e Psicologia dell’Università degli studi di Firenze. Gli abbiamo fatto alcune domande per approfondire le questioni che toccherà nel corso del proprio intervento. Ecco cosa ci ha detto. 
 

Spesso i genitori non sanno come comportarsi di fronte alle cosiddette "nuove tecnologie", che peraltro continuano a evolversi ma non sono poi così "nuove". Capita così di trovarsi di fronte a casi estremi di mamme e papà che vietano in ogni modo ai bambini di utilizzare device tecnologici – che però ormai sono ovunque, quindi la cosa ha del paradossale – e altri che invece paiono quasi recedere dal loro ruolo educativo, lasciando i bimbi in "balia" di smartphone, tablet, computer e tv. Ma anche "nel mezzo" di questi due estremi la situazione non è sempre semplice da gestire. Qual è il giusto equilibrio? Come lo si trova?

Il primo passo per un genitore è cercare di diventare un buon esempio. Come in altri ambiti, il bambino osserva e acquisisce comportamenti: pertanto quando l’adulto è col bambino deve cercare di fare un uso consapevole delle tecnologie, senza farsi catturare e senza far sì che esse invadano ogni momento del tempo libero. Detto ciò, per trovare un equilibrio tra i due estremi è opportuno che il genitore stia al fianco del bambino durante la fruizione dei device ed eviti di usarli come calmanti o come anestetizzanti per svolgere altri compiti. È davvero impossibile preparare la cena o stendere la lavatrice (solo per citare due compiti domestici) senza accendere la tv ai bambini? O, forse, coinvolgendoli si può realizzare con loro attività che risultano più interessanti degli schermi? In generale, tre verbi sono fondamentali: già detto dell’“accompagnare”, occorre poi “regolare”, soprattutto rispetto tempi e luoghi della fruizione, ma anche rispetto a contenuti, guidando gradualmente con l’età a un’autoregolazione e “alternare”, promuovendo vari stimoli ai bambini, tra i quali gli schermi siano solo un tipo di esperienza.

In linea generale qual è il suo punto di vista sull’attuale stato di attuazione della riforma sullo zero-sei nel nostro Paese?

Per quanto le ricerche pedagogiche convergano sull’urgenza di pensare nell’ottica 0-6 anni e per quanto i documenti ufficiali a riguardo abbiano favorito importanti progressi, ritengo che su più piani la strada da percorrere sia ancora lunga. Intanto le statistiche formulate annualmente dall’Istituto degli Innocenti di Firenze testimoniano sul piano geografico tra Nord-Centro e Sud una significativa distanza tra le percentuali di bambini iscritti a nidi e scuole dell’infanzia nelle vari parti della Penisola. Ciò ostacola inevitabilmente la circolazione della continuità 0-6. Oltre a ciò, è urgente che il personale educativo comprenda in modo più efficace di quanto avvenuto finora la necessità di lavorare in un’ottica di dialogo, cercando di condividere un’idea di bambina e di bambino, cercando di comprendere le finalità comuni ma anche le discontinuità. Un altro problema significativo riguarda il fatto che lavorare al nido richiede un titolo di studio diverso dalla scuola dell’infanzia: ciò ostacola la possibilità per il personale educativo di alternarsi in fasce di età diverse nel corso degli anni educativi. Finché ragioneremo con etichette come “educatrici” e “insegnanti”, senza pensare a un profilo professionale unico, sarà difficile valorizzare veramente la logica zero-sei.


Quali sono a suo avviso gli altri aspetti su cui occorrerebbe intervenire prioritariamente affinché lo zero-sei diventi un vero elemento di forza per il sistema educativo italiano?

Credo che i prossimi passi debbano riguardare prima di tutto la formazione. Per quanto sia la ricerca teorica che i documenti ufficiali ormai pensino in una logica zero-sei, è ancora urgente promuovere situazioni di dialogo reale, in cui i percorsi formativi vengano svolti con personale dei nidi e delle scuole dell’infanzia. Ma non basta la vicinanza: non è raro che nidi e scuole dell’infanzia siano collocate uno al fianco dell’altra, ma tra loro vi siano porte che non si aprono mai o giardini rigorosamente recintati. In questa direzione, lavorano efficacemente i Centri 1-6, che organizzano spesso le attività per intergruppi. Le occasioni di continuità, poi, devono essere valorizzate: senza pensare soltanto alla continuità come un passaggio di consegne e di informazioni sul bambino, ma come la creazione di una rete capace di agevolare il passaggio dei bambini dal nido alla scuola dell’infanzia. In questa ottica sono rilevanti le esperienze che si sono servite proprio della Media Education per inaugurare un dialogo tra nidi e scuole dell’infanzia.


Questo approfondimento è parte del Focus ZeroSei