Quando si parla di una politica pubblica capita spesso di dover semplificare, ovvero cercare di capire rapidamente se piace o non piace, se ha funzionato o meno. Talvolta lo si fa prima ancora di aver chiarito quali siano i suoi veri obiettivi, spesso molteplici e non sempre coerenti. Tal altra, senza attendere quei riscontri empirici che, se consolidati o corroborati da analisi controfattuali, richiedono tempo. In fondo, è giusto e comprensibile non aspettare troppo: le critiche vanno fatte “a riflettori accesi”, perché questo serve a tenere alta l’attenzione e forse ad avere qualche possibilità in più di cambiare le cose. L’esitazione – si dice – può essere reazionaria e rischia di farci perdere il treno del cambiamento.
Così però si fa fatica a cogliere, e apprezzare, i chiaroscuri. Perché le politiche sono fatte di contraddizioni e di piani temporali che si sovrappongono. Sono “zuppe primordiali”, “bidoni della spazzatura”: le metafore non mancano. E questo vale anche per singole strategie e iniziative, come la Garanzia giovani.
Nel nostro Focus sul tema abbiamo cercato di ospitare un dibattito senza pregiudizi, partendo dall’idea che la Garanzia giovani sia un’opportunità per ripensare l’intero sistema di governance delle politiche attive del lavoro in Italia. Questa settimana vi proponiamo tre articoli che sviluppano e arricchiscono alcune considerazioni già precedentemente espresse in Percorsi di secondo welfare.
Il primo articolo, scritto da Renata Lizzi, sottolinea una serie di innovazioni che emergono dal disegno della Garanzia giovani, mettendo in luce le difficoltà della sua implementazione.
Il secondo articolo, firmato da Daniele Fano, raffronta alcune delle previsioni che avevano accompagnato la Garanzia giovani fin dai primi mesi con i risultati raccolti a quasi due anni dall’avvio del programma. Il verdetto appare lontano da una condanna definitiva: la Garanzia giovani sembra aver sconfessato una parte delle accuse che erano state mosse nei suoi confronti. Certo, come lamenta Fano, quello che ancora manca è una cultura della valutazione in grado di metterci al riparo da giudizi manichei, o comunque affrettati, e che ci consenta di trarre lezioni anche dagli errori.
Nel terzo articolo, Francesco Seghezzi offre una lucida analisi della Garanzia giovani, a partire dagli stessi dati a cui fa riferimento Fano. In questo caso, prevalgono considerazioni fortemente critiche che l’autore prova a mettere in prospettiva. L’invito è a entrare nel merito dei problemi, prestando attenzione a ciò che gli stessi numeri della Garanzia giovani rischiano di “celare”.
A primo acchito, si potrebbe pensare che i tre autori stiano parlando di cose diverse. In realtà, gli articoli di seguito proposti presentano un esame sintetico e puntuale della Garanzia giovani, mettendone in luce, per l’appunto, i suoi chiaroscuri. Da qui il nostro invito alla loro lettura congiunta: non per difendere, né per attaccare nessuno, ma per favorire una discussione dialettica e propositiva.
Una discussione che si spera possa allargarsi dalla Garanzia giovani “in senso stretto”, ovvero quella realizzata nell’ambito dell’Iniziativa occupazione giovani (IOG), alla Garanzia giovani “in senso ampio”, che abbraccia l’intero ventaglio di interventi rivolti a questa fascia di età. Perché in Italia, dal 2015 la prima Garanzia giovani è stata la politica di decontribuzione dei contratti a tempo indeterminato, estesa a tutti ma pensata per le giovani generazioni, per la quale si è speso molto di più dell’intero ammontare dell’IOG, almeno il doppio. Proprio per questo è necessario estendere la riflessione e le valutazioni a entrambe le “Garanzie giovani”, nonché alle trasformazioni della governance delle politiche attive del lavoro prefigurate dal Jobs act, ma che hanno uno stretto rapporto di parentela con l’impostazione della Garanzia giovani “in senso stretto”, ancora in corso di realizzazione.
In conclusione, la Garanzia giovani ha e continuerà a rappresentare una sfida molto impegnativa per un paese in cui mancano le precondizioni per il suo successo. Non siamo la Finlandia e mai lo saremo, come ci ricorda il commissario straordinario dell’Isfol, Stefano Sacchi. Ma proprio per questo è necessario adottare una prospettiva lungimirante, abbandonando la politica della fretta e del fiato corto, a favore di quella che Maurizio Ferrera chiama un’agenda degli investimenti di lungo periodo. È così che la stessa contrapposizione fra chi pensa che la Garanzia giovani sia solo un’occasione mancata e chi ne intravede gli aspetti positivi è poco interessante, se rimane fine a sé stessa. Ciò che invece veramente conta è riflettere su come impostare una nuova direzione di marcia, partendo da dove siamo finora arrivati.
Buona lettura.