L’esperienza della biblioteca Il Fiore del Deserto, collocata all’interno del Centro Diurno del Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Palermo, unisce due mondi: quello delle persone con disturbi psichiatrici e quello del quartiere Montepellegrino, nella zona dei cantieri navali, e della comunità locale che lo anima. Si tratta di un’iniziativa interessante di welfare socio-culturale, che intreccia il valore dell’integrazione sociale con la promozione culturale.

Abbiamo voluto approfondire questa esperienza con un’intervista a Sara Capillo, ideatrice del progetto che dal 2013 lavora come psichiatra al Centro Diurno – di cui è stata anche direttrice – e attualmente è attiva come volontaria al suo interno.

L’intervista è stata realizzata nell’ambito del corso “Costruire progetti e interventi nel welfare locale” che si è tenuto nell’autunno 2023 nell’ambito della Laurea magistrale in Metodologia, Organizzazione e Valutazione dei Servizi Sociali (MOVASS) del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università degli Studi di Trento.

Il Fiore del Deserto: nel nome c’è il progetto

La biblioteca di cui vi vogliamo raccontare si chiama Il Fiore del Deserto: proprio come il giglio bianco che nasce in territori desertici, rappresenta la capacità degli utenti del Centro Diurno in cui è nata di resistere in contesti sfavorevoli, spesso soggetti a pregiudizi sociali. “Questa corolla bianca che spunta in mezzo alla sabbia, ricorda che anche in zone difficili – se in qualche modo c’è un rivolo d’acqua, una sorgente nutritiva – può nascere la vita. Il concetto è questo, la speranza che – pure nelle difficoltà – ci può essere crescita e cambiamento” così Sara Capillo racconta il significato simbolico della collocazione della biblioteca.

Biblioteche: luoghi aperti per creare comunità

Si tratta di una particolare proposta socio-culturale che spicca all’interno del contesto in cui è collocata: il quartiere Montepellegrino – sede dei cantieri navali – una realtà che tende a manifestare diffidenza nei confronti di ciò che è considerato “diverso”, proprio come possono apparire le persone affette da disturbi mentali. Per alcuni aspetti è un quartiere difficile che mostra segni di fragilità: mancano i servizi pubblici necessari e gli spazi comuni sono in stato di abbandono. Potrebbe essere proprio questa particolarità a motivare la creazione di un progetto così importante proprio qui.

Come spiega sempre Capillo, “forse c’è proprio bisogno di fare nascere un fiore proprio lì, in quelle zone difficili, di raccogliere la sfida. In questo quartiere non ci sono librerie, non ci sono centri culturali, ed è stato importante proprio questo posto”.

Un percorso in evoluzione

La biblioteca prende vita dall’attività del Gruppo di Narrazione attivo già dal 2007 presso il Centro Diurno. In questo contesto di gruppo, viene proposta la lettura ad alta voce di opere letterarie che consentono ai singoli utenti di avvicinarsi in modo sicuro – in un setting di gruppo protetto – all’esplorazione delle proprie emozioni. La lettura condivisa, quindi, non ha il solo obiettivo di trascorrere del tempo in compagnia, ma consente di contestualizzare la propria soggettività e permette di comprendere che i problemi possono essere interiorizzati e in qualche modo metabolizzati, offrendo così una speranza nuova ai partecipanti. Leggere in gruppo accende e tocca alcuni aspetti delicati della nostra soggettività, evidenziando che tutti noi possiamo averli in comune con la storia narrata e con i partecipanti al gruppo di lettura.

In seguito all’esperienza del Gruppo di Narrazione, nel 2013 il Centro Diurno ha dato vita alla biblioteca Il Fiore del Deserto. In principio una biblioteca modesta e dedicata esclusivamente agli utenti e alle loro famiglie, nel corso degli anni è stata ampliata per essere poi aperta al pubblico. E una volta che si è diffusa in città la conoscenza di questa iniziativa le numerose donazioni di libri provenienti dai cittadini di Palermo hanno fatto crescere il patrimonio librario che oggi conta circa 10.000 volumi.

Il progetto della biblioteca da subito ha puntato sul coinvolgimento attivo degli utenti del Centro Diurno: inizialmente hanno partecipato alla compilazione del catalogo cartaceo, per poi passare alla schedatura digitale dei volumi – contribuendo così alla creazione di un sistema informatico di catalogazione – che ha richiesto la partecipazione ad un corso di formazione. Altri partecipanti hanno invece lavorato alla creazione del logo per la locandina e alle brochure che illustrano il progetto, altri ancora curano il servizio di prestito. “Grazie a questo, gli utenti sono stati inseriti in una quotidianità diversa da quello che può essere il vuoto della psicosi”, sottolinea Sara Capillo.

Lavoro di rete per una biblioteca dai confini permeabili

Nel marzo del 2018, la biblioteca Il Fiore del Deserto ha avviato la collaborazione con la Biblioteca Comunale di Palermo, unendosi al Polo PA1 del Sistema Bibliotecario Nazionale e diventando parte della rete delle biblioteche di quartiere di Palermo.

Nel 2021, ha collaborato con Agriconsulting, ente del Terzo Settore, capofila di un progetto promosso da Regione Sicilia, per la realizzazione di un Corso per bibliotecari destinato a 12 corsisti con disabilità fisica, psichica, sensoriale. La biblioteca si è quindi offerta nel 2022 come sede degli stage. In tale contesto, gli operatori del Centro Diurno hanno collaborato con il gruppo di docenti del corso fornendo supervisione e supporto. Sara Capillo sottolinea che “i docenti insegnavano informatica, catalogazione, economia, cioè materie inerenti all’ambito bibliotecario e si confrontavano con un gruppo di persone che avevano bisogno di attenzione, e noi operatori della salute mentale potevamo aiutarli”.

La biblioteca delle iniziative culturali

Come abbiamo ricordato nel paragrafo precedente, la biblioteca nasce dall’attività del Gruppo di Narrazione, attività che tuttora prosegue. Negli anni ci sono stati molti eventi che hanno fatto da testimonial per la promozione della biblioteca: ad esempio, diversi scrittori hanno presentato i loro libri e sono stati intervistati dagli utenti. Roberto Alajmo, Nadia Terranova, Mimmo Cuticchio sono solo alcuni degli autori che hanno animato gli eventi culturali.

Oltre al Gruppo di Narrazione, le attività attualmente proposte dalla biblioteca sono le più svariate: laboratori di arteterapia, un gruppo teatrale, il gruppo di cineforum. Tutte queste attività, come racconta Sara Capillo, sono aperte anche al pubblico: “forse le persone, se non hanno un problema di salute mentale, magari pensano «quello è il luogo dei matti e non so cosa andarci a fare»; trovare un modo per cui uno vada a fare qualcosa: un gruppo di lettura, la richiesta di un libro per una tesi, l’ascolto di uno scrittore, la proiezione di un film…sono occasioni perché quello che viene ghettizzato venga invece incontrato”.

Interessante è anche l’iniziativa “Girovagando”, che offre l’opportunità di partecipare a un’attività di gruppo – facilitando così la creazione di legami sociali – e consentendo ai partecipanti di esplorare musei, chiese e altre realtà artistiche e culturali fuori dal contesto del Centro Diurno. Questa esperienza non solo favorisce la conoscenza della città ma, in particolare, promuove l’acquisizione di un senso di indipendenza.

LucerLAB: collaborazioni socio culturali per un progetto di rigenerazione comunitaria

Un’altra iniziativa condotta dal Centro Diurno attraverso la biblioteca, in collaborazione con il Comune di Palermo, è stata “Palermo adotta la città”, che ha consentito agli utenti di fare da ciceroni e di illustrare ai turisti diversi luoghi interessanti della città. Nell’ambito di questo progetto di turismo culturale urbano, un utente del Centro – affetto da sindrome di Asperger – grazie alla sua conoscenza di cinque lingue si è dimostrato una risorsa fondamentale. “Ha la sindrome di Asperger, ma non è un Asperger, questo è il concetto. […] Ora perché mai della patologia psichiatrica se ne fa un’etichetta identitaria?”. Secondo Capillo quindi, partecipare a questa occasione di incontro con la comunità è un modo per dire: “guarda che tu ti sbagli, conoscimi, guardarmi da vicino e vedrai che sono come te e che posso, non solo ricevere, ma anche dare”, ribadendo che ogni persona è una risorsa.

Insieme alle attività culturali sono state realizzate anche attività artistiche. Infatti, all’interno della biblioteca è stato avviato un laboratorio fotografico in collaborazione con un fotografo che, venuto a conoscenza del progetto Il Fiore del Deserto, ha offerto la sua competenza e la sua passione. Al termine del laboratorio, è stata realizzata una mostra fotografica aperta al pubblico – esposta all’interno del Centro stesso – una mostra che ha suscitato l’interesse della stampa e della città.

Sono tutte cose che vogliono avere un impatto sociale, cioè diventare un’azione pubblica e far sì che la gente sappia, perché bisogna raccontarle le cose. Quindi tutte le iniziative della biblioteca hanno varie finalità, alcune più relative al soggetto, altre hanno una finalità anche verso la comunità, di promozione e trasformazione sociale(Sara Capillo)

Le attività della biblioteca, quindi, sono concepite con una doppia finalità: da un lato offrire la possibilità agli utenti di poter uscire da quella che è la realtà del disagio psichico concentrandosi, invece, sul potenziale individuale; dall’altro mostrare alla comunità come alle volte il “diverso non è così tanto diverso”, offrendo una prospettiva sulla malattia che sfida gli stereotipi.

Intrecci che orientano lo sviluppo della biblioteca

Il progetto della biblioteca si caratterizza per tre linee di sviluppo della propria mission: l’integrazione lavorativa, la funzione terapeutica e la proposta culturale inclusiva. È attraverso queste tre principali direttrici fra loro intrecciate che si sviluppano di conseguenza attività e iniziative.

La biblioteca si propone  in primo luogo di dare uno spazio a tutti coloro che soffrono di un disagio psichico, con l’obiettivo di integrare le persone sia a livello lavorativo, sia nel contesto sociale. “Certo la cosa importante è che non finisca poi in un vuoto. […] L’aspetto più difficile forse è proprio quello di far sì che attraverso l’acquisizione di competenze, la società sia pronta ad offrire lavoro. Perché poi il vero diritto di cittadinanza lo dà il lavoro” spiega Sara Capillo.

Biblioteche, nuovi luoghi di welfare

Ma la portata del progetto non si esaurisce qui. “L’idea che ha portato alla realizzazione del progetto si basava sul fatto che la biblioteca non solo voleva avere una funzione terapeutica per i soggetti che richiedono cure, ma anche una funzione terapeutica allargata” continua la psichiatra. Ulteriore obiettivo, infatti, è quello di contrastare la povertà culturale ed educativa del quartiere. Sara Capillo ha sottolineato in tal senso che il fine ultimo è quello di “promuovere nella comunità un pensiero di inclusione e di lotta allo stigma”, fortemente radicato nella nostra società.

Infatti, grazie ai servizi che la biblioteca offre, è stato creato un ponte fra la realtà del disagio psichico e la comunità del quartiere. Attraverso la biblioteca ll Fiore del Deserto il Centro Diurno riesce a realizzare la sua funzione di “struttura intermedia” in quanto favorisce un dialogo aperto e reciproco: “questa biblioteca ha fatto sì che si aprissero le porte agli utenti per andare fuori e si aprissero le porte ai cittadini per venire dentro […]  consentendo  di venire a contatto con qualcosa che solitamente rimane isolato”.

Quando si parla di salute mentale si parla più della pericolosità del paziente psichiatrico, che certamente è una cosa da tenere in conto, ma forse si potrebbe pensare che la violenza nasce dal fatto che non ci sia quella continuità della cura che, invece, un Centro Diurno garantisce. Laddove manca questa continuità e si offre solo il ricovero e il farmaco, si perde di vista la storia della persona. Il Centro Diurno è un luogo dove le storie vengono accolte: le persone sono chiamate per nome, conosciamo loro e le loro famiglie, conosciamo quali sono le loro particolarità e difficoltà e quindi siamo più prossimi” (Sara Capillo)

Ed è proprio l’approccio centrato sulla persona e sulla continuità del percorso terapeutico a rendere l’esperienza de Il Fiore del Deserto autentica e innovativa. Il lavoro svolto dalla biblioteca diviene applicazione tangibile dell’impegno a creare spazi che non solo curano ma anche celebrano la diversità.

Sfide attuali e prospettive da costruire

Come ribadisce Capillo “ovviamente non è tutto rose e fiori, ci sono momenti di difficoltà”, si devono considerare le condizioni degli utenti che possono mutare nel tempo e  non sono da trascurare gli aspetti tecnico-operativi relativi alla gestione della biblioteca. L’aspetto critico che deve affrontare la biblioteca è quello dell’instabilità. Per questo, gli operatori del Centro Diurno e le altre persone coinvolte nello sviluppo del progetto, hanno costituito un’associazione di volontariato proprio con l’obiettivo di dare un’identità giuridica alla realtà della biblioteca per tutelare e promuoverne il valore. Si potrebbe descrivere il Fiore del Deserto come una storia militante caratterizzata da una inesauribile passione civile delle persone coinvolte: “Ci sarebbe bisogno di tantissimo, tuttavia quello che c’è è il moltissimo della passione civile di alcuni e il pochissimo, estemporaneo, frammentato, delle politiche pubbliche” (Curti, 2023).

Rischi e opportunità di diventare biblioteche sociali

Le politiche di welfare tradizionali spesso si concentrano esclusivamente sullo sviluppo dei servizi sociali. Al contrario, le politiche di welfare comunitario abbracciano una gamma più ampia di interventi, estendendosi anche a settori chiave come cultura e socialità, riconosciuti recentemente come fondamentali per il benessere e l’autonomia individuale. In questo contesto emergono le esperienze di welfare socio-culturale, che integrano le molteplici sfaccettature della cultura per preservare il benessere complessivo dell’individuo e favorire un empowerment robusto e continuo nel contesto sociale (Caroleo e Cicerchia, 2023).

I luoghi della cultura contemporanei funzionano se c’è un mix di attività diverse, se si mescolano i pubblici e si ibrida l’offerta. Questo vale per tutti i luoghi “comuni” delle città e a maggior ragione vale per le biblioteche dove è imperativo ed urgente costruire nuove alleanze con altri servizi culturali e sociali” (Curti, 2023). La creazione e lo sviluppo di spazi come le biblioteche rivestono un ruolo significativo in questo quadro. Le biblioteche possono agire come laboratori di welfare socio-culturale e rappresentare spazi di incontri e accoglienza: non solo promuovendo iniziative culturali (nel senso più ampio del termine), legami, partecipazione ed empowerment, ma anche offrendo ospitalità e supporto a persone fragili.

Lo spazio della biblioteca è infatti uno spazio accogliente, neutro e non stigmatizzante che potrebbe avere un ruolo cruciale nel fornire assistenza, ad esempio indirizzando verso i servizi che il territorio offre o aiutando ad orientarsi nella complessità della burocrazia, fino a garantire alcuni servizi essenziali. Questa prospettiva innovativa trasforma le biblioteche in infrastrutture chiave per la coesione sociale, contribuendo in modo tangibile al benessere della comunità. È necessario pensare alla biblioteca “come piazza o casa di tutti, e dunque capace di diventare […] lo spazio pubblico per eccellenza e dunque il luogo elettivo per il dialogo, il confronto, il cambiamento – un cambiamento che si immagina inevitabilmente positivo” (Carbone, 2023).

 

Come le biblioteche possono diventare nuove infrastrutture di coesione locale

In Italia ci sono numerosi esempi di biblioteche che hanno deciso di allargare i servizi culturali offerti per incontrare il mondo del welfare locale, come ad esempio Il Multiplo a Cavriago, la biblioteca comunale di San Giorgio di Pistoia, la biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, la biblioteca Lucio Barbera a Nizza di Sicilia – anche questa opera in un Centro diurno – e propone attività lavorative che possono essere svolte da persone in condizione di disabilità e neurodivergenti (Palato, 2022).

L’elenco potrebbe essere lungo, come si può evincere dalle parole di Anzivino, Caligaris e Noviello che raccontano di esperienze presenti in Italia in forme peculiari e molto diverse tra loro. Tali esperienze sono accomunate dalla nascita “di movimenti semplici e spontanei […] suggestioni che gradualmente prendono forma partendo dal basso”. Inoltre, esse “agganciano le persone” rendendole partecipi, “creano opportunità sorprendenti” per le comunità, i territori, le persone che popolano tali contesti, rafforzando le capacità di contribuire e agire all’interno dei propri luoghi di vita (Anzivino M. et al, 2024).

In particolare la biblioteca Il Fiore del Deserto mira a rendere culturale una realtà del sociale: nasce in un Centro Diurno – una delle sedi tradizionali del welfare locale – con l’intento di allargare il suo bacino di utenza all’intera comunità locale per mezzo di nuove iniziative culturali.


Riferimenti

 

Questo contributo è parte del Focus tematico Collaborare e partecipare, che presenta idee, esperienze e proposte per riflettere sui temi della collaborazione e della partecipazione per facilitare cooperazione e coinvolgimento. Curato da Pares, il Focus è aperto a policy maker, community maker, agenti di sviluppo, imprenditori, attivisti e consulenti che vogliono condividere strumenti e apprendimenti, a partire da casi concreti. Qui sono consultabili tutti i contenuti del Focus.