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Welfare Company e gli ambiti di intervento

 

Il welfare state italiano non è più in grado di rispondere prontamente ed in maniera efficace alle nuove esigenze e ai nuovi bisogni sociali emersi in seguito ai profondi cambiamenti demografici, economici e sociali che hanno interessato negli ultimi trent’anni l’Italia e più in generale tutti i Paesi europei. La crisi economico-finanziaria e l’immanente necessità di attuare politiche di spending review, di austerità e di risanamento dei conti pubblici, diminuiscono sempre più lo spazio di intervento delle politiche sociali di contrasto della povertà e lotta all’emarginazione sociale. Una valida risposta alla crisi e alle deficienze del welfare pubblico sembra però provenire dalla mobilitazione di risorse private, in particolare attraverso risorse aziendali che permettano di mettere in atto politiche a favore della sostenibilità sociale e che migliorino la vita dei dipendenti, sia sul posto di lavoro che nella vita privata. Welfare pubblico e welfare aziendale sono ormai due ambiti sempre più interconnessi e sempre meno indipendenti l’uno dall’altro. Questo è lo scenario in cui da qualche tempo operano nuove aziende la cui mission è coniugare la domanda e l’offerta di welfare proponendo nuovi modelli di gestione e ottimizzazione delle politiche pubbliche e innovative soluzioni per meglio convogliare le poche risorse private verso lo sviluppo di efficienti piani di welfare aziendale. Welfare Company è una di queste.

 

Welfare Company è il primo e unico operatore gestionale a capitale interamente italiano specializzato nell’allestimento e nella gestione di reti per il welfare pubblico e aziendale in Italia. La neonata azienda integra l’offerta dei servizi alla persona di Qui! Group S.p.A., gruppo genovese che dal 1989 opera nel campo dei buoni pasto e della ristorazione, debuttando nel settore dei titoli di legittimazione, comunemente definiti voucher sociali, dei voucher incentive e dei buoni acquisto nell’ambito del welfare aziendale. L’Azienda lavora per implementare e migliorare le soluzioni già presenti sul mercato – come i voucher sociali e i voucher di incentivazione – e proporne di nuove – come MyWelfare, piattaforma online per la gestione di piani di welfare e flexible benefits, e iSAD, soluzione di cloud computing per la gestione dei servizi socio-assistenziali ed educativi domiciliari e residenziali.

 

Welfare pubblico e voucher sociali

 

Welfare Company propone agli enti pubblici che vogliano finalizzare con certezza i contributi economici a sostegno dei propri cittadini lo strumento dei voucher sociali, titoli di legittimazione introdotti in Italia nel 2000 con la L.n. 328/2000 come strumenti sostitutivi di erogazioni economiche in denaro rientranti negli interventi pubblici in ambito locale. L’art. 17 della L.n. 382/2000 afferma infatti che “i Comuni possono prevedere la concessione, su richiesta dell’interessato, di titoli validi per l’acquisto di servizi sociali dai soggetti accreditati del sistema integrato di interventi e servizi sociali, ovvero come sostitutivi delle prestazioni economiche”. L’Avcp (Autorità di vigilanza dei contratti pubblici) con la determinazione n.9/2010 ha successivamente stabilito che “il voucher sociale è un titolo di acquisto corrispondente ad un determinato valore monetario, che legittima il beneficiario, individuato dal Comune in base a requisiti stabiliti, ad ottenere beni o servizi in strutture o aziende accreditate presso gli enti titolari del servizio”. Attraverso i voucher sociali l’ente pubblico può così attribuire ai propri cittadini un contributo economico finalizzato, spendibile cioè solo per l’acquisto di prodotti e/o servizi specifici all’interno di una rete limitata di punti vendita. Uno degli esempi più diffusi di voucherizzazione del contributo pubblico è il Buono Bebè. Ipotizziamo che un Comune voglia attribuire alle famiglie con un nuovo nato un contributo di qualche centinaio di euro per acquistare prodotti e/o servizi per la prima infanzia (alimenti, farmaci, asili nido, baby-sitter). Se sceglie di consegnare tale contributo sotto forma di denaro, spendibile quindi ovunque, dovrà affidarsi alla buona fede delle famiglie, al contrario, se decide di attribuirlo sotto forma di voucher, avrà la certezza che venga speso solo per l’acquisto di prodotti e/o servizi per il bebè. Il processo di voucherizzazione permette quindi che il contributo economico venga utilizzato esclusivamente per le finalità stabilite dall’ente e che non venga speso per l’acquisto di altri beni non congrui all’obbiettivo prefissato.

 

In alcuni casi la voucherizzazione è gestita direttamente dai Comuni che autonomamente creano propri titoli di legittimazione che danno diritto all’acquisto di prodotti e/o servizi all’interno di punti vendita convenzionati con l’ente, che procede successivamente al rimborso dei buoni. Questo tipo di soluzione homemade ha però un costo rilevante sia in termini di organizzazione della rete dei punti convenzionati che di gestione dell’intero servizio; ecco perché negli ultimi anni si sono diffusi operatori gestionali, come Welfare Company, in grado di garantire la completa esternalizzazione “del servizio di realizzazione, erogazione, monitoraggio e rendicontazione dei titoli rappresentativi di contributi sociali a sostegno del reddito di determinate categorie di soggetti” (determinazione Avcp n. 9/2010). In un’ottica di razionalizzazione delle risorse, il Comune si sgrava dagli oneri organizzativi di cui Welfare Company si fa carico garantendo efficienza nella gestione del servizio e una maggiore libertà di scelta per il cittadino all’interno di un più ampio circuito di punti di servizio affiliati.

 

Welfare Company propone alle pubbliche amministrazioni interessate a finalizzare i propri contributi un’offerta plurale di voucher rispondenti a finalità molteplici. Nello specifico, alla necessità di garantire un generico sostegno al reddito dei cittadini, Welfare Company risponde proponendo un Personal Voucher utile per l’acquisto di generi di prima necessità, come prodotti alimentari e per l’igiene, farmaci, oculistica, abbigliamento e calzature. Il Family Voucher risponde invece alle esigenze di conciliazione tra tempi di cura e tempi di lavoro, dando la possibilità di acquistare servizi per la prima infanzia, servizi di assistenza domiciliare e residenziale, nonché servizi di trasporto sociale. Welfare Company nel corso del suo primo anno di vita ha articolato sempre più la propria offerta arricchendola di voucher “su misura” che potessero rispondere meglio alle esigenze specifiche degli enti. Sono nati così il Buono Bebè, per la promozione di politiche a sostegno dell’infanzia; il Buono Scuola a garanzia del diritto allo studio; il Mobility Voucher per supportare iniziative di trasporto sociale e di mobilità sostenibile; Sport Voucher per la promozione dello sport. L’ultima novità è il Voucher Cittadinanza Attiva, attraverso il quale l’ente può attribuire un riconoscimento economico ai cittadini che prestano attività di volontariato. Uno strumento per premiare l’impegno civico di chi si mette a disposizione della comunità come, ad esempio, i sempre più diffusi “nonni vigile” che utilizzano qualche ora del loro tempo per facilitare l’attraversamento pedonale dei bambini nei pressi delle scuole.

 

L’Azienda lavora per snellire e rendere più efficiente l’iter di attivazione del servizio. L’ente affida all’Azienda il servizio di realizzazione, erogazione, monitoraggio e rendicontazione dei voucher sociali e approva lo schema contrattuale con una determinazione nella quale specifica l’ammontare e le finalità del contributo economico stanziato, il numero indicativo dei beneficiari e le tipologie merceologiche acquistabili attraverso i buoni. La determinazione è seguita dalla sottoscrizione della convenzione per l’affidamento del servizio e dall’ordine dei voucher. L’ente è libero di scegliere sia il valore nominale dei singoli buoni (i tagli da 5, 10 e 20 € sono i più pratici e diffusi) che il numero di voucher presenti nel carnet. I voucher acquistati vengono consegnati in cinque giorni lavorativi (a partire dalla data dell’ordine) all’Ente che provvede a distribuirli ai beneficiari precedentemente individuati. Nel frattempo Welfare Company allestisce la rete dei PSA, ovvero dei punti di servizio affiliati, presso cui i beneficiari possono spendere i propri buoni. Tale rete comprende i punti vendita delle principali catene della media e grande distribuzione organizzata e i centri di grandi realtà del settore dei servizi alla persona come Welfareitalia, Privatassistenza e Happychild, ma può essere integrata e realizzata su misura con negozi di prossimità, alimentari, farmacie, cartolibrerie, ottici e ogni altra tipologia di esercizi indicati dall’ente. I beneficiari si posso quindi recare presso la rete di PSA per l’acquisto di beni e/o servizi utilizzando come metodo di pagamento i voucher; i PSA provvedono successivamente a consegnare i buoni incassati a Welfare Company per ottenerne il rimborso. Grazie alla possibilità di effettuare un ordine nominativo, l’Ente è in grado di accedere al servizio di rendicontazione e reportistica che permette di controllare l’andamento e gli esiti del contributo stanziato.

 

La grande flessibilità che caratterizza lo strumento del voucher rende possibile un continuo ampliamento degli ambiti di voucherizzazione, dando così la possibilità a Welfare Company di sperimentare nuove soluzioni che meglio si adattino alle diverse esigenze manifestate dalle pubbliche amministrazioni. Ne è un esempio il voucher che Welfare Company ha proposto alle prefetture italiane per finalizzare il contributo “Pocket Money” in seno all’emergenza umanitaria Nord Africa. Dopo che il 12 febbraio 2011 è stato proclamato lo stato di emergenza umanitaria – denominata Emergenza Nord Africa – per l’eccezionale afflusso di migranti e profughi provenienti dai Paesi del Nord Africa in seguito al fenomeno della Primavera Araba e del conflitto libico-, la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento Protezione Civile) n. 2703/2011 del 6 luglio ha stabilito che “a ciascun migrante devono essere riconosciuti 2,5 € giornalieri, fino ad un massimo di 7,5 € giornalieri a nucleo famigliare. L’importo predetto, anche al fine di consentire ricadute positive per il territorio e limitare la circolazione del contante, dovrà essere erogato attraverso "buoni" emessi dalla struttura incaricata dell’accoglienza, spendibili negli esercizi appositamente convenzionati per l’acquisto di bolli postali, schede telefoniche, snack alimentari, sigarette, libri e giornali”. La natura di questo piccolo contributo si prestava perfettamente alla sua distribuzione sotto forma di voucher. Welfare Company ha così sviluppato una proposta progettuale per elargire il contributo sotto forma di Voucher Pocket Money e renderlo effettivamente finalizzato e spendibile solo per l’acquisto dei prodotti specificati nella circolare 2703/2011 all’interno di una rete di punti vendita creata ad hoc sul territorio. L’ Ordinanza 33 del 28/12/2012 ha stabilito che dal 1 gennaio 2013 la competenza per la gestione dell’emergenza passasse alle prefetture delle provincie e tutte e cinque le province della Campania hanno deciso di finalizzare e rendere tracciabile il contributo affidando a Welfare Company il servizio di realizzazione, erogazione monitoraggio e rendicontazione dei voucher per i mesi di gennaio e febbraio, mese in cui si è chiusa l’emergenza (28 febbraio).

 

Welfare Company e gli altri operatori del settore stanno contribuendo all’introduzione di nuovi modelli gestionali e organizzativi che vanno nella direzione del potenziamento e dell’ottimizzazione delle politiche di welfare. Coerentemente con la necessità di coniugare contenimento della spesa pubblica ed efficienza produttiva, essi concorrono allo sviluppo e alla diffusione di innovativi servizi alla persona sempre più flessibili e che meglio si adattano alle esigenze della pubblica amministrazione. Non assumendo rilevanza ai fini IVA (Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 21/E) i voucher sociali permettono agli Enti pubblici di ottimizzare le proprie risorse, dal momento che la somma destinata dalla pubblica amministrazione corrisponde esattamente alla cifra ricevuta dai beneficiari del contributo.

 

I voucher sono proposti sempre più spesso come il giusto compromesso tra la libertà di scelta del beneficiario e la necessità dell’ente di finalizzare il contributo e di monitorarne gli esiti in termini di take-up. I voucher sembrano anche avere una doppio effetto positivo: oltre a sostenere il reddito dei cittadini in difficoltà, grazie alla creazione di reti di PSA ad hoc, anche gli esercizi locali possono beneficiare indirettamente del contributo stanziato.

 

Permane comunque una scarsa coscienza della pubblica amministrazione nei confronti di questi strumenti nonché la resistenza degli enti pubblici alla finalizzazione del contributo. Si assiste a una sorta di contraddizione: il concetto di voucherizzazione, seppur con modalità differenti, risulta ben accettato nel caso dei “buoni lavoro” o voucher INSP, mentre on è stata considerata l’idea di finalizzare il contributo della Social Card. Si preferisce ancora, invece, intervenire con contributi economici erogati in denaro per lasciare ai cittadini totale libertà  e massimizzare il loro grado di soddisfazione.

 

Comunque che si tratti di contributi in denaro o di voucher sociali, la necessità di contenimento della spesa pubblica e le politiche di austerity hanno ormai eccessivamente ridotto i margini di manovra della pubblica amministrazione, che non è più in grado di intervenire in maniera decisiva con efficaci politiche di contrasto alla povertà e all’emarginazione sociale.

 

Welfare aziendale: MyVoucher e MyWelfare

 

Nel settore del welfare aziendale Welfare Company offre principalmente due soluzioni: MyVoucher e MyWelfare.
MyVoucher è un buono regalo che le aziende possono acquistare e dare ai propri dipendenti come mezzo di incentivazione, di ricompensa per gli obbiettivi raggiunti in termini di produttività e impegno. Si tratta anche in questo caso di un voucher, non più sociale ma aziendale, che i dipendenti possono spendere all’interno della rete di punti vendita affiliati allestita da Welfare Company. Un modo alternativo per premiare i dipendenti sfruttando il favor fiscale dell’art. 51 del T.U.I.R. (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) che stabilisce l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei compensi “in natura” (i così detti fringe benefit) di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 €. Per quanto il principio di un intervento aziendale a sostegno del potere d’acquisto dei propri dipendenti sia buono, tuttavia lo strumento è molto limitato a causa dell’importo massimo erogabile, definito ad una cifra piuttosto bassa. La cifra stabilita negli anni ’80 non è mai stata adeguata, si è solo provveduto alla sua conversione in euro, rendendola quanto mai anacronistica. Le difficoltà economiche frutto della crisi fanno sì che i voucher vengano solitamente utilizzati all’interno dei punti vendita delle catene della media e grande distribuzione organizzata, come una sorta di “buono carrello della spesa”. Il circuito in cui i voucher possono essere spesi, tuttavia, è più vasto: oltre alle catene di supermercati sono presenti negozi di abbigliamento e calzature, del settore della bellezza e cura della persona e di hobby, cultura e tempo libero. È inoltre possibile effettuare acquisti solidali trasformando i voucher in una “buona azione”, devolvendoli a Emergency. 

 

Con la crisi, le aziende hanno iniziato ad accorgersi dei vantaggi di cui si può godere grazie all’introduzione di piani di welfare aziendale. Vantaggi apprezzabili non solo in termini di aumento della produttività, con una diminuzione delle assenze, riduzione dei congedi di maternità e un conseguente aumento delle ore di lavoro, ma anche in termini di crescita della soddisfazione dei dipendenti e “attaccamento” di questi ultimi all’azienda.

 

Fondamentale, affinché un piano di welfare porti i frutti desiderati in termini di aumento delle performance aziendali, è che vi sia un forte commitment del management aziendale nel concepire il piano non come un costo, bensì come una valida leva strategica su cui investire. L’approccio paternalistico dovrebbe quindi essere accantonato in virtù di un sempre più attivo coinvolgimento dei dipendenti per giungere insieme a risultati condivisi. È inoltre necessario che il piano sia ben strutturato e risponda effettivamente ai bisogni della forza lavoro, in modo tale da evitare sprechi e massimizzare i benefici dei servizi messi a disposizione. Impostare correttamente un piano di welfare, modellarlo sulle esigenze dei dipendenti, gestire i servizi e le prestazioni offerte, sono, però, attività che comportano importanti costi organizzativi e di gestioneGrazie a MyWelfare, Welfare Company offre alle aziende la possibilità di sgravarsi di questi costi attraverso l’uso di una piattaforma online in grado di gestire tutte le attività di carattere operativo e amministrativo dei flexible benefit. Oltre al portale, Welfare Company mette a disposizione anche la propria consulenza progettuale per una corretta attivazione del piano di welfare. Dopo una preliminare analisi socio-demografica per identificare le necessità dei dipendenti, viene elaborato un piano ad hoc coerente con le strategie aziendali e in piena condivisione con le forze sindacali e i lavoratori. Il passo successivo consiste nello sviluppo dei servizi per ottimizzare al massimo il carico fiscale sfruttando le aree di defiscalizzazione definite dagli artt. 51 e100 del T.U.I.R. Le risorse economiche, che provengano da un liberale investimento aziendale o che siano frutto di una negoziazione bilaterale, vengono poi articolate in quattro macro categorie di servizi: People Care (asili nido, assistenza domiciliare, attività sportiva), Time and Money Saving (libri scolastici, servizio disbrigo pratiche), Green Mobility (abbonamento trasprto pubblico, car-pooling) e Easy Shopping (convenzioni, palestre, viaggi). In aggiunta Welfare Company mette a disposizione una rete di servizi in convenzione grazie alla collaborazione con WelfareItalia, Happy Child e PrivatAssistenza. Una volta strutturato il portale, i dipendenti possono accedervi con un ID personale ed una password e tenere costantemente aggiornato il budget e i servizi messi a disposizione. MyWelfare permette quindi alle aziende di dare in outsourcing la gestione finanziaria e le attività di carattere operativo e amministrativo per la gestione dei servizi del piano. Alla direzione delle risorse umane e all’ufficio amministrativo viene inoltre fornita una completa reportistica dei flussi informativi generati a sistema per garantire la dematerializzazione della contabilizzazione degli accrediti e addebiti e dei benefit in modalità compatibile con tutti i sistemi di payroll.

 

Welfare 2.0: limite e prospettive

 

Questo strumento si rivela, in conclusione, un buon mdoello di gestione e organizzazione di piani di welfare aziendale anche molto complessi, i cui costi non sono tuttavia accessibili a tutti. L’attivazione del portale risulta infatti conveniente se fatto in un’ottica di investimento per il futuro, se vi è un effettivo interesse a puntare sul welfare aziendale come leva strategica per coniugare aumento della produttività dell’azienda e crescita del benessere della forza lavoro. Purtroppo, quindi, rimane al momento una via percorribile da pochi, ovvero dalle grandi aziende che hanno a disposizione importanti capitali da investire. Di colossi come Luxottica, pioniere di piani di welfare basati su interventi di work-life balance, ce ne sono pochi. L’economia italiana è invece un fitto tessuto di micro, piccole e medie aziende che, pur essendo interessate ad istituire nuove pratiche di welfare aziendale, troppo spesso non dispongono dei capitali necessari. Il problema della mancanza di risorse economiche da investire potrebbe in parte essere aggirato attraverso la costituzione di reti di impresa che possano offrire a popolazioni di dipendenti simili tra loro servizi e convenzioni a prezzi più agevolati. Oppure grazie all’intervento del settore pubblico che metta a disposizione delle micro, piccole e medie imprese risorse per sostenere progetti di welfare aziendale finanziandone in parte i costi. Proprio in questa direzione va il bando per il sostegno del welfare aziendale ed interaziendale e della conciliazione famiglia-lavoro che la Regione Lombardia ha aperto per l’anno 2013: le imprese (singole o associate) dovranno presentare progetti di welfare aziendale che potranno essere ammessi ad un finanziamento massimo di 100.000 € corrispondente al massimo all’80% della spesa totale del progetto presentato. Un’altra alternativa potrebbe provenire dall’intervento delle associazioni datoriali, come Confindustria, che siano in grado di aggregare la domanda di welfare aziendale delle piccole realtà e proporre loro soluzioni innovative con costi più accessibili perché condivisi (Welfare Company ha già reso disponibile il portale a tutte le aziende associate a Confindustria grazie ad un accordo quadro con ReteIndustria).

 

Va inoltre sottolineata la grande confusione che sussiste sull’argomento: di welfare aziendale di scrive molto e si inizia a parlare in molteplici sedi, pubbliche e private, ma ancora troppe aziende ne ignorano pressoché tutti i principi fondamentali. In un periodo in cui, poi, scarseggiano i capitali da investire – soprattutto in qualcosa che ancora viene visto come un surplus, e non uno strumento fondamentale e necessario – è necessaria una guida che indichi la direzione in cui meglio incanalare le poche risorse a disposizione delle aziende. Tutte le parti coinvolte, dalle associazioni datoriali ai sindacati alla pubblica amministrazione, dovrebbero riflettere insieme sui nuovi bisogni sociali, sulle nuove esigenze di conciliazione tra tempo di cura e tempo di lavoro e infine confrontarsi sull’opportunità che il welfare aziendale rappresenta.
 

Riferimenti

Welfare Company

Piattaforma MyWelfare


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