Tra i principali fattori che incidono nella diffusione di piani e politiche di welfare in azienda, come evidenziato anche recentemente dal Rapporto Welfare Index PMI 2017, vi è la dimensione aziendale, con le PMI in una situazione di maggior svantaggio rispetto alle grandi aziende. Nel tentativo di far fronte a queste difficoltà, negli ultimi anni sono emerse sempre più esperienze di rete, sia formali (ovvero in presenza di riconoscimenti giuridici) che informali, come la rete Giunca di Varese, la rete WelfareNet in Veneto, la rete ComeTe e la rete #Welfare Alto Adige/Südtirol.
In questo solco, al fine di promuovere politiche di welfare aziendale, nel 2015 è sorta Welstep, rete comprensiva di 13 aziende (Abert, B.A Bonomi Acciai, Cromodora Wheels, Ghial, Gnutti Transfer, Industrie Saleri Italo, Rubinetterie Bresciane, S.B. Stamperie, Sifral, Trafilerie Carlo Gnutti, Valbia, Valpres, VRM) e un totale di circa 2.000 dipendenti. Per approfondire meglio questa esperienza abbiamo intervistato Luca Pintossi, Responsabile dei tempi e metodi, contabilità industriale e costi di Rubinetterie Bresciane e attuale “Organo Comune” della Rete.
Dottor Pintossi, può spiegarci qual è il percorso che ha portato alla costituzione della rete Welstep?
Il progetto è stato inizialmente caldeggiato e portato avanti dal nostro titolare Aldo Bonomi, a suo tempo vice-presidente di Confindustria, dove si occupava specificatamente della diffusione delle reti impresa. Visto questo ruolo all’interno di Confindustria, gli è sembrato logico e naturale portare questo genere di esperienza anche all’interno della propria azienda e condividerla con altri titolari di imprese del territorio bresciano con cui è particolarmente legato. A partire da questa condivisione si son buttate le basi per potere costituire la rete, partita il 2 dicembre 2015 grazie al coinvolgimento di 13 aziende. L’obiettivo primario era ed è l’estensione dei piani welfare inizialmente all’interno di queste imprese – ma con l’intento di diffonderli anche sul territorio – anzitutto incrementando la conoscenza dei piani in essere.
Quali sono le caratteristiche della rete? Qual è la struttura della governance, com’è organizzata e come sono articolati e regolati i rapporti tra le parti?
La rete si è costituita con uno statuto – che regola tutti gli aspetti della rete: dalla costituzione, all’ingresso successivo di nuove aziende o all’uscita di quelle già presenti – che è stato sottoscritto, alla presenza anche del Ministro Giuliano Poletti, dalle 13 aziende, le quali hanno così stabilito che la rete si formasse con la finalità specifica di implementare piani welfare sul territorio. La rete si fonda sulla “Assemblea delle imprese”, che è costituita da tutti i titolari d’azienda, che è presieduta da un Presidente – che per i primi due anni è il signor Aldo Bonomi. Tale assemblea generalmente si riunisce almeno una volta all’anno e il suo principale compito è nominare, consultare ed approvare quanto proposto dal “Comitato tecnico”.
Quest’ultimo, formato da un rappresentante per ogni azienda aderente alla rete, ha il compito di discutere, fare proposte e indicare idee per lo sviluppo del welfare aziendale, che poi devono essere approvate dall’Assemblea. Al vertice del Comitato c’è il cosiddetto “Organo comune”, nominato anch’esso dall’assemblea delle imprese. Questa figura, che al momento ho il piacere di ricoprire, ha il compito di riunire il comitato tecnico per cercare di sviluppare i concetti legati al welfare da proporre all’Assemblea, che poi valuterà se renderli o meno effettivi.
Come sono state coinvolte le imprese nella costituzione della rete?
Principalmente i primi contatti, a livello di riunione e formazione della rete, li ha gestiti Bonomi, che ha portato il progetto a conoscenza di vari titolari d’impresa con cui esistevano già rapporti di stima e amicizia. A questa sorta di indagine conoscitiva “informale” si è poi affiancato un lavoro più strutturato portato avanti da Bonomi e i suoi collaboratori all’interno di Confindustria, dove come detto si occupava di reti impresa.
Quali servizi sono stati introdotti fino a questo momento a livello di rete?
Posso portare l’esperienza di Rubinetterie Bresciane come logica di progetto welfare già avviato e già ben strutturato, gli altri ci stanno seguendo pian piano. Noi abbiamo già da due anni (dall’inizio del 2015) introdotto il nostro piano welfare, che è costituito da una serie di pacchetti che spaziano a 360° su tutte quelle che noi pensiamo possano essere le esigenze dal punto di vista di spesa o di fabbisogni dei nostri dipendenti. Abbiamo coperto l’area dei benefit a convenzioni, che vanno dai contributi al fondo pensione all’assistenza domiciliare, dal baby-sitting ai check-up, fino ai buoni spesa.
Abbiamo inoltre investito nell’area dei benefit a rimborso, prevedendo forme di rimborso per spese sostenute nell’ambito educativo o medico, e benefit comprendenti, ad esempio, corsi non professionali, palestre e circoli sportivi, ingressi al cinema, biglietti per eventi culturali, pacchetti viaggio, centri benessere e attività per bambini. Nessuno ci obbligava ad avere tutto questo, ma abbiamo fatto un pacchetto completo, perché ritenevamo che più ampio fosse il ventaglio delle scelte per le persone, maggiori fossero le possibilità di spendere i propri budget di spesa, che certamente sono importanti. Un nostro dipendente può infatti ottenere fino a 1.400 euro di premio welfare, e offrendogli un’ampia gamma di servizi gli diamo la possibilità di distribuirlo in maniera corretta e completa, diciamo così, su più sessioni di interesse di spesa. A livello di rete, chi ha introdotto i piani welfare come noi hanno fatto la stessa scelta.
E le altre aziende della rete?
Delle 13 aziende che costituiscono la rete, 4 sono già partite con piani di welfare. Oltre a Rubinetterie Bresciane ci sono Valpres, S.B Stamperie e Trafilerie Carlo Gnutti, con piani welfare che prevedono “pacchetti completi”. Una quinta azienda, Valbia, che ha concluso la fase di attivazione del piano welfare, che diventerà operativo a partire dal 1° Gennaio 2018. Una sesta, Industrie Saleri Italo (SIL), ha avuto i primi contatti preliminari con il provider Willis Tower Watson e sta verificando al suo interno come procedere per poter introdurre un piano welfare sulla falsa riga di quanto fatto da Rubinetterie Bresciane. Sono ancora allo stadio iniziale ma, se il piano verrà accettato dai dipendenti e soprattutto dalle RSU, penso si possa pensare ad un avviamento entro il 2019.
Tutte le altre aziende della rete non hanno ancora piani welfare avviati, ma sono intenzionate, anche grazie alla spinta del rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale dei metalmeccanici, a introdurlo sfruttando anche quanto previsto dall’accordo tra Willis e Confindustria, che prevede inserimenti di piani welfare completi, semi completi e base (solo buoni spesa e buoni benzina). Questa ultima opportunità sarà presa in considerazione già nell’anno 2018 per gestire la seconda tranche del rinnovo del CCNL, che prevede un valore pari a 150 euro da riconoscere sotto forma di welfare ai dipendenti. Per questi motivi sono sicuro che l’anno 2018 vedrà la partenza di altri piani welfare all’interno della rete.
I servizi che sono stati introdotti come sono stati individuati e implementati?
Tramite Aldo Bonomi, che al momento della costituzione di Welstep si occupava piani welfare per le reti impresa siamo entrate in contatto con un provider (Willis Tower Watson) che gestiva e gestisce piani di welfare per Confindustria. Naturalmente abbiamo vagliato altri fornitori ma poi la nostra scelta è ricaduta su Willis per la completezza dei servizi offerti.
Abbiamo dunque iniziato a lavorare con loro all’interno di Rubinetterie Bresciane, implementando il nostro sistema, e poi abbiamo portato questa esperienza alla rete. Ovviamente senza imporre nulla a nessuno: chi aderisce alla rete non deve per forza scegliere lo stesso piano welfare che ha scelto Rubinetterie Bresciane, né lo stesso provider, perché è ovvio che le altre aziende possono avere necessità diverse da Rubinetterie Bresciane. Però c’è un punto di partenza importante che proprio grazie alla rete siamo in grado di mettere a disposizione di tanti altri che guardano con interesse al welfare.
Su che territorio insiste la rete?
La nostra rete principalmente si riferisce al territorio bresciano: le aziende che fanno parte della rete sono tutte limitrofe e operano sulla provincia di Brescia, a parte un’azienda bolognese.
Posso chiederle come mai è coinvolta anche un’azienda appartenente a un altro territorio?
Il titolare di questa azienda bolognese è un amico del nostro titolare, Aldo Bonomi, e quando è venuto a conoscenza dell’idea di Welstep ha voluto farne parte.
Quali sono i rapporti della rete con il territorio di riferimento?
Occorre dire che la rete è ancora in una fase iniziale, praticamente è nata l’altro ieri! In questi primi mesi abbiamo lavorato tantissimo prima di tutto per assestarci, facendo in modo che certi concetti fossero chiari e ben condivisi. Fatto questo, adesso e nei prossimi anni cercheremo di interagire sempre di più con il territorio, con l’esterno, per cercare di far conoscere sempre più il welfare aziendale. Come rete cerchiamo di portare le nostre esperienze di welfare aziendale “al di fuori” e invitiamo chi incontriamo a raccontarci quello che fa su questo fronte, invitandoli anche ad entrare a far parte della rete. Si tratta, quindi, di una sorta di interscambio di informazioni.
Quali benefici può avere secondo lei il territorio da questa esperienza di rete?
Il fatto che molte aziende condividano questo progetto fa sì che esso sia di per sé già importante. E’ un po’ come gli interessi che ci sono a livello privato: più persone si interessano di un certo tema, più questo si diffonde, diventa di dominio, diventa strutturato, si perfeziona. Quindi il solo fatto che la rete si sia costituita secondo me ha creato dei presupposti importanti, sia per le aziende che ne fanno parte sia per il territorio. Per quanto riguarda quest’ultimo, infatti, pensi se un domani tutte le aziende che ragionano su piani welfare iniziassero ad appoggiarsi su strutture del territorio per ottenere i servizi necessari a sostenere il piano; si immagini banalmente a livello di impatto economico cosa può significare!
Anche adesso questa cosa è importante: ci sono 2.000 persone che possono utilizzare un premio consistente per godere di beni e servizi che stanno sul territorio, e che quindi possono avere un impatto significativo sull’economia, sulla comunità, addirittura sulla struttura stessa del territorio. Il nostro piano welfare, ad esempio, è in continua evoluzione, e stiamo sollecitando chi ce lo gestisce ad ampliare il novero di fornitori della zona. La nostra rete io la vedo principalmente così, che non guarda solo all’interno ma che tende a creare sinergie verso l’esterno, verso il territorio e la sua comunità.
In generale qual è il bilancio di questi primi due anni di attività?
La rete è partita con la finalità, da un lato, di introdurre piani welfare all’interno delle aziende che compongono la rete stessa e, dall’altro, di “aprirli” al territorio. A livello di bilancio, dopo due anni di costituzione della rete, come detto su 13 aziende 4 hanno già avviato piani welfare, una quinta dovrebbe essere operativa a tutti gli effetti dal 1 gennaio 2018 e una sesta ha già avviato i contatti preliminari. Quindi per quanto riguarda il primo obiettivo della rete – la diffusione di piani welfare nelle aziende della rete – direi che siamo a buon punto.
Sicuramente il welfare è entrato nelle logiche delle aziende facenti parte della rete, che si stanno adoperando perché questo possa diffondersi anche verso altre imprese. Dirò una cosa scontata, ma l’unione – comunque – fa la forza. In generale un’azienda che può contare su un numero importante di altre imprese con cui collabora continuativamente su temi specifici si offre al mercato, ai partner o a qualsiasi altro interlocutore con uno spirito e con un peso specifico completamente diverso da una azienda che opera singolarmente. Il lavoro fatto dalla nostra rete sul fronte del welfare è emblematico. Come Rubinetterie Bresciane avevamo già un nostro piano welfare attivo, eravamo già partiti e non abbiamo avuto bisogno che altri ci “spingessero”. Ma il solo fatto di far parte della rete ci ha stimolato molto a confrontarci e coinvolgerci con altre imprese del territorio, e a lavorare con loro in una direzione comune che, comunque, credo sia ormai inevitabile: prima o poi tutte le aziende dovranno fare i conti con la necessità di implementare proprie forme di welfare.
La nostra esperienza in questo campo ha aiutato sicuramente quelle aziende della rete, soprattutto quelle un po’ più piccole, che a livello di struttura, avevano difficoltà nel capire, sviluppare e/o implementare un proprio piano. Se noi non avessimo messo in comune la nostra esperienza in questo campo non dico che le altre aziende che non ce l’avrebbero fatta, ma certamente alcuni ostacoli una volta discussi all’interno del comitato tecnico sono diventati un po’ più facili da affrontare.
Anche alla luce di quanto ci ha raccontato, secondo lei quale può essere il ruolo delle aziende di fronte alle trasformazioni del welfare pubblico?
Penso che il welfare a livello aziendale abbia preso piede sostanzialmente perché a livello pubblico nazionale ci sono tante cose che non funzionano. Oggi molti servizi, nonostante la grande quantità di risorse che i cittadini danno allo Stato attraverso la fiscalità, non vanno incontro alle necessità delle persone: non funzionano o, per funzionare, richiedono l’esborso di altro denaro. Io credo che il welfare delle aziende abbia preso sempre più piede perché va un po’ a colmare queste inefficienze a livello di Stato. Se a livello sanitario tutto funzionasse in maniera ineccepibile sono certo che non sarebbe necessario nessun contributo integrativo da parte dell’azienda. Così però non è, e allora sono nate esperienze come Metasalute (fondo sanitario metalmeccanici, nda), a cui qualunque lavoratore poteva aderire autonomamente potendo contare anche su un contributo da parte del proprio datore.
Nel momento in cui si percepiva un deficit, un rischio, si poteva aderire a questo genere di programma. Il fatto che l’ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici abbia decretato che Metasalute debba essere messo a disposizione a tutti i lavoratori gratis – perché ora tutta la cifra la paga il datore del lavoro – credo sia un segno dei tempi in cui viviamo. Lo Stato si rende conto che non riesce ad arrivarci, e allora chiede ai privati di prendersi in carico un pezzetto. Per questo la mia convinzione è che i piani welfare continueranno sempre più a prendere piede. Oltre che avere una sua logica all’interno dell’impresa – perché per un imprenditore avere il dipendente che è in salute, si trova bene ed è soddisfatto è certamente importante da un punto di vista della produzione e del clima – il welfare aziendale sarà sempre più importante a livello di sistema Paese.