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L’idea di iniziare a occuparci in modo più strutturato di assistenti sociali – e poi di lanciare un Focus dedicato – è nata dal nostro lavoro di ricerca, accompagnamento e formazione. Nel corso di oltre 10 anni di attività abbiamo incontrato decine di servizi territoriali e spesso lavorato insieme a loro per capire i cambiamenti in atto nel welfare italiano, individuare i bisogni sociali in evoluzione e predisporre servizi e prestazioni sempre più adeguati e innovativi.

Nell’estate del 2023 è dunque nata l’idea di presidiare con maggior attenzione – in primo luogo dal punto di vista comunicativo – l’ambito dei servizi in cui lavorano le assistenti sociali1, figure professionali sempre più presenti nel dibattito pubblico. Diversi fattori hanno contribuito, negli ultimi 15 anni, a questa accresciuta attenzione mediatica: lo straordinario ridimensionamento della spesa sociale registrato dopo la crisi del 2008; l’aumento del numero di persone fragili e in difficoltà; l’introduzione di nuove politiche di contrasto alla povertà; vicende amministrative e giudiziarie che sono state per mesi al centro dell’attenzione – spesso poco informata – della politica e dei media.

La figura dell’assistente sociale, infatti, è caratterizzata da un immaginario particolarmente negativo, rafforzato da decenni di battute, rappresentazioni stereotipate nei film e nei cartoni animati, descrizioni inaccurate nei media. Per queste ragioni in questo articolo vogliamo approfondire il rapporto tra assistenti sociali e media, come questi influenzino l’opinione pubblica nei fatti di cronaca che coinvolgono questa professione. E, soprattutto, come si potrebbe migliorare la situazione2.

Mass media e servizi sociali

Prima di approfondire il rapporto tra mass media e assistenti/servizi sociali è importante chiarire alcuni elementi definitori sui mezzi di comunicazione di massa: si tratta di forme di comunicazione aperte, rivolte a molte persone in un breve lasso di tempo. Proprio per questo il rapporto tra emittente3 e ricevente 4 è quasi sempre impersonale: le comunicazioni arrivano a masse molto grandi di individui che spesso sono “lontani” dalla maggior parte degli argomenti di cui si tratta. Le fonti di informazione fanno comunicazione sui temi più disparati, molti dei quali specialistici, ed è quindi naturale che non tutti possiedano le conoscenze e competenze fondamentali per comprendere e analizzare i diversi fenomeni raccontati. Proprio per questo le rappresentazioni nei media influenzano in modo profondo percezioni e opinioni relative a fenomeni e problemi (sociali e non solo). È importante sottolineare, infine, che l’informazione è l’ultimo atto di una catena di scelte regolate da rapporti di potere (Allegri 2006), spesso determinate anche da criteri come il sensazionalismo e la conferma degli stereotipi.

Da anni il rapporto tra mass media e assistenti sociali è oggetto di ricerche e rilevazioni in Italia e, in generale, in Occidente. Le evidenze che emergono dalla letteratura sul tema5 sembrano essere in continuità con gli elementi definitori sui mass media illustrati nelle righe precedenti (si pensi in particolare ai diversi criteri che possono determinare le scelte giornalistiche, così come alla lontananza/vicinanza tra emittente e ricevente).

Nei prodotti giornalistici, secondo la ricerca, manca spesso l’attenzione a una corretta informazione nel campo dei servizi sociali. Questa superficialità si manifesta, per esempio, attraverso la scarsità di riferimenti alla normativa, alle politiche sociali e al contenuto professionale e deontologico della professione dell’assistente sociale. Nella maggior parte dei casi servizi e assistenti sociali sono rappresentati in modo negativo e, in generale, in modo irrealistico, impreciso e altamente stereotipato. In linea con questa tendenza, inoltre, i media si concentrano solo su alcuni ambiti del servizio sociale (in particolare l’area minori-famiglie). Da questo punto di vista, però, secondo la letteratura le testate locali o settoriali tendono ad avere un approccio più preciso e meno negativo rispetto alle testate nazionali e generaliste.

Un’ultima evidenza emerge dalle ricerche su questo tema, sia in Italia che nei Paesi occidentali: quando avviene un fatto di cronaca che tocca (anche) gli assistenti sociali talvolta ai professionisti direttamente coinvolti viene proposto di farsi intervistare per dare la “loro” versione dei fatti; essi però sono deontologicamente vincolati al segreto professionale6. Alla luce di questo limite invalicabile la voce della professione potrebbe comunque essere inserita nella narrazione dei fatti, per esempio intervistando una figura esterna al “caso” ma che possa commentare il fatto. Questo però, secondo la letteratura, non avviene quasi mai: le assistenti sociali non sono quasi mai coinvolte in qualità di esperte per spiegare o commentare fatti ed eventi che riguardano la professione.

Cosa si può fare per migliorare la situazione?

Gli assistenti sociali – singolarmente e come Ordine – sono consapevoli da anni dell’importanza di migliorare la comunicazione intorno alla professione e, più in generale, ai servizi sociali. Innanzitutto perché una migliore informazione su questi temi può favorire l’orientamento della popolazione e – indirettamente – migliorare l’efficacia di servizi e interventi.

Effetti positivi si potrebbero registrare anche sul fronte della trasparenza e della credibilità delle istituzioni: nonostante l’immaginario comune sull’assistente sociale, nella realtà dei singoli casi il lavoro di questo professionista è molto più apprezzato di quanto ci potremmo aspettare. Una migliore e più diffusa comunicazione potrebbe dunque alimentare un circolo virtuoso tra fiducia nella singola assistente sociale e fiducia istituzionalizzata nei confronti del servizio (e della professione). L’esigenza di sfidare gli stereotipi intorno alla professione e al servizio sociale e di “governare” la narrazione è tutt’altro che secondaria, ed è particolarmente sentita all’interno dei servizi7

L’evento formativo promosso da Ordine dei Giornalisti del Piemonte e Ordine Assistenti Sociali del Piemonte dal titolo “Giornalisti e Assistenti sociali. Deontologia della professione e diritto di cronaca, come conciliare due esigenze”, organizzato il 19 giugno 2024 a Torino. Fonte: casadeigiornalisti.it

La letteratura ha individuato alcune pratiche e raccomandazioni che potrebbero migliorare il rapporto tra media e servizi/assistenti sociali, in particolare:

  1. ricerca: lo sviluppo di attività di ricerca in questo ambito può contribuire ad approfondire la conoscenze dei meccanismi alla base del rapporto tra media e servizi sociali e favorire sperimentazioni e buone prassi;
  2. consapevolezza: nella nostra società la comunicazione e la diffusione (tramite media e social media) sono sempre più centrali. Questi aspetti, dunque, sono e saranno sempre più una parte del lavoro dell’assistente sociale: è importante esserne consapevoli, formarsi, valutare se sia opportuno o necessario affrontare direttamente l’argomento direttamente con gli utenti (nei casi in cui si ritiene che possano esserci situazioni particolarmente delicate/a rischio di esposizione mediatica);
  3. formazione: in conseguenza rispetto al punto precedente, è opportuno includere aspetti come le relazioni pubbliche e con i media e l’uso dei social media nella formazione di base e permanente delle assistenti sociali.

Un ultimo elemento che emerge dalla letteratura è la necessità di favorire in qualche modo l’avvicinamento al giornalismo e lo scambio tra il mondo della professione e il mondo dell’informazione. Questo incontro può avvenire attraverso diversi canali, per esempio promuovendo il giornalismo come ambito di esercizio della professione di assistente sociale e favorendo collaborazioni di vario genere tra l’Ordine professionale e gli organi di stampa, con l’assunzione di addetti stampa professionisti, attraverso percorsi formativi condivisi tra giornalisti e assistenti sociali. Rispetto a questo negli ultimi ambiti si è registrata una crescente attenzione: il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali ha promosso occasioni formative sul tema e siglato un protocollo d’intesa con l’Ordine dei giornalisti. Anche a livello locale si sono moltiplicati gli incontri formativi e le occasioni di confronto.

La scelta di Secondo Welfare di dedicare attenzione alla comunicazione di questi argomenti va proprio nella direzione sopra indicata: creare una crescente consapevolezza intorno al rapporto tra media e assistenti sociali. Ma anche conoscere e comunicare meglio una professione centrale del primo e del secondo welfare.

Riferimenti bibliografici

  • Allegri E. (2006), Le rappresentazioni dell’assistente sociale. Il lavoro sociale nel cinema e nella narrativa, Roma, Carocci
  • Allegri E. (2021), Media e servizio sociale: quale genere di rappresentazioni?, in Di Rosa R.T. e Gui L. (a cura di), Cura, relazione e professione: questioni di genere nel servizio sociale. Il contributo italiano al dibattito internazionale, Milano, FrancoAngeli
  • AA.VV. (2015), Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media. Una ricerca internazionale, Roma, 4 maggio 2025, Atti del convegno
  • McQuail D. (2007), Sociologia dei media, Bologna, Il Mulino
  • Rizzuto F. (2018), Media, minori e giustizia… un cortocircuito comunicativo?, in “Minorigiustizia”, n. 1-2018
  • Solito L. (2001), Comunicare i servizi sociali, in “Rivista italiana di comunicazione pubblica”, n. 7

Note

  1. Visto che la professione è composta per più del 93% da donne nel Focus Assistenti sociali, nell’ottica di un linguaggio inclusivo, abbiamo scelto di alternare la declinazione femminile e quella maschile.
  2. L’articolo è una rielaborazione di una presentazione fatta alla CIRSS 2024 – la quarta Conferenza Italiana sulla Ricerca di Servizio Sociale, svoltasi a Lecce, presso l’Università del Salento, dal 6 all’8 giugno 2024. Alcune considerazioni sono frutto delle riflessioni e del dibattito nati all’interno dell’incontro “Giornalisti e Assistenti sociali tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza”, organizzato dagli ordini regionali del Piemonte di giornalisti e assistenti sociali il 19 giugno 2024.
  3. Giornalista/fonte di informazione
  4. Chi “riceve” il messaggio, ovvero chiunque legge, ascolti o guardi la fonte di informazione
  5. Al fondo dell’articolo sono inseriti i riferimenti bibliografici consultati, a cui si rimanda per approfondimenti.
  6. L’assistente sociale – in quanto professione ordinata – è deontologicamente vincolata al rispetto del segreto professionale. Come avviene per i medici o gli avvocati, per esempio. La richiesta di interviste sulle situazioni specifiche dimostra la poca dimestichezza dei media con questo mondo.
  7. Questo tema era emerso, per esempio, all’interno del percorso Cuneo 2040 come una delle idee da perseguire all’interno di una più ampia riflessione sulla programmazione socio-assistenziale di lungo periodo del Consorzio Socio-Assistenziale del Cuneese (l’ente committente).
Foto di copertina: Roman Kraft, Unplash.com