La casa editrice Il Mulino ha recentemente pubblicato il libro “Costruzioni di genitorialità su terreni incerti“, curato da Alessandro Sicora e Silvia Fargion, rispettivamente professore associato di Servizio sociale e professoressa ordinaria di Servizio sociale e Sociologia presso l’Università di Trento. Il volume è collegato a una ricerca di rilevante interesse nazionale del MIUR dal titolo “Construnction of Parenting on Insicure Grounds: What Role for Social Work?” (abbreviato in CoPInG). La ricerca è stata condotta in Italia tra il 2019 e il 2023 (anno di pubblicazione del testo) e ha visto impegnati quattro atenei italiani nello studio e nell’analisi del rapporto tra genitorialità e servizio sociale in situazioni familiari connotate da difficoltà e incertezza.
L’origine della ricerca CoPInG
Il volume è esito di un lungo lavoro che dal 2019 al 2023 ha impegnato ricercatori e docenti dell’Università di Trento, dell’Università della Calabria, dell’Università di Trieste e della Libera Università di Bolzano, grazie al coordinamento, rispettivamente, di Silvia Fargion, Alessandro Sicora, Luigi Gui e Urban Nothdurfter. I quattro atenei hanno collaborato entro la cornice di un Progetti di ricerca di Rilevante Interesse Nazionale (PRIN) del 2017 intitolato Constructions of Parenting on Insecure Grounds: What Role for Social Work? (CoPInG), interrogandosi sul ruolo del servizio sociale in contesti in cui gli schemi classici della genitorialità sono sfidati da dinamiche complesse e interagenti, in cui cioè vincoli strutturali e distintività sociali si incrociano e si traducono in modalità inedite di esercizio e narrazione della genitorialità.
Il libro discute il dialogo tra genitorialità e servizio sociale, mai veramente pacifico né mai veramente impossibile, aprendo tutti quegli interstizi in cui di fatto le due “istituzioni” si incontrano e sperimentano – ognuna con le proprie peculiarità – l’esistenza e l’azione, la prassi e l’innovazione, la disponibilità e l’incomprensione. Il progetto risponde all’esigenza di investigare i costrutti nuovi e diversi della genitorialità in un’epoca di cambiamenti repentini e pluridirezionali, tanto all’interno della vita familiare quanto nei relativi modi di educare.
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L’assunto da cui muove il contributo – che fin dalle battute iniziali assume una prospettiva analitica critica – è che modalità diverse e alternative di essere genitori richiedono politiche e interventi sociali che ne riconoscano le peculiarità ed esigenze. Ciò che si rileva è, infatti, la difficoltà con cui la politica e la progettazione sociale rincorrono tali processi, in uno scenario di incalzante cambiamento ed elevata instabilità, in cui queste forme di genitorialità si diversificano nelle pratiche e mai si cristallizzano in modelli.
Le dimensioni di analisi della ricerca e del libro
La ricerca si è concentrata sulla genitorialità in quattro distinti contesti, ossia: le famiglie che esperiscono separazioni altamente conflittuali, quelle che vivono in condizioni di povertà, quelle che sperimentano traiettorie di migrazioni forzate e quelle in cui i genitori sono persone LGBT+. Benché si tratti di situazioni molto differenti, condividono il carattere di distintività rispetto a pattern di genitorialità stereotipati, non essendo ancora socialmente accettati o riconosciuti nelle loro specificità. In aggiunta, si tratta di situazioni in cui i contatti con i servizi sociali e le istituzioni risultano più frequenti.
Lungo tutto il libro si intersecano diversi percorsi, sintetizzabili nella triade di livelli micro, meso e macro. Per quanto concerne il primo, l’attenzione è posta sulle individualità, e, conseguentemente, sulle relazioni che legano genitori e assistenti sociali. Muoversi sul livello micro impone però di guardare non solo alle relazioni che si instaurano tra genitori e assistenti sociali, ma anche alle aspettative che entrambe le parti nutrono sul buono o cattivo andamento della relazione stessa e del percorso di supporto e accompagnamento.
La complessità del lavoro sociale e la necessità di sguardi multifocali
Bisogna poi considerare che gli assistenti sociali non operano in un vuoto: si muovono in uno “spazio” che ha le sue scale e le sue porte, i suoi vincoli e le sue opportunità. Il livello meso, dunque, guarda alle organizzazioni in cui i professionisti del sociale si muovono, interagiscono ed espletano il loro ruolo in virtù e per il tramite dei vincoli e delle opportunità che la struttura stessa ha.
L’ultimo livello, infine, è quello che lega le particolarità delle esperienze individuali e familiari e la riflessione sulle organizzazioni alle politiche e ai programmi che affrontano i problemi sociali esistenti. È un percorso di analisi che tiene insieme queste due direttrici in un movimento complesso, al ritmo del quale le politiche e i programmi impattano sulle vite delle persone e, a loro volta, da esse derivano. L’operato degli assistenti sociali raccoglie, interpreta e traduce ciò che riceve da ambedue le parti, rendendo pratico l’indirizzo istituzionale e giuridico, e operando in uno spazio empirico costellato da storie singolari, simili in tanti aspetti ma pur sempre uniche. L’analisi a livello macro ribadisce dunque l’intento politico del lavoro sociale che, in una costante ricerca di equilibrio tra mandato istituzionale1 e mandato professionale2, aspira a realizzare un cambiamento della vita delle persone marginalizzate e in difficoltà.
Gli obiettivi (e i pregi) del volume
Silvia Fargion e Alessandro Sicora – curatori del testo – asseriscono che il manuale, nel bilanciare contenuti teorici e risultanze empiriche, mira a sviluppare una riflessione critica nel servizio sociale, e insieme tenta di offrire suggestioni e strumenti per la costruzione di interventi e metodologie capaci di cucire le percezioni dei diversi soggetti in campo (sia genitori che professionisti del sociale) e le strategie risolutive che essi adottano. Il testo, dunque, non è un saggio vero e proprio, ma un manuale sui generis (come lo definiscono proprio Fargion e Sicora nel capitolo 1) rivolto ad assistenti sociali che affiancano e supportano famiglie e genitori che curano ed educano bambine e bambini in situazioni complesse.
Il libro però è pensato anche per essere letto dai genitori, anche grazie al tono divulgativo che lo caratterizza. Il carattere di peculiarità del testo è motivato dalla posizione critica che vuole occupare: contrariamente all’indirizzo diffuso di fornire costantemente dettami di ritualità professionali, infatti, vuole fare spazio alla riflessione e alla discussione, puntellando ogni capitolo con una serie di interrogativi pratici. Nelle intenzioni delle autrici e degli autori il testo, infatti, sfida dichiaratamente la tendenza alla sovrapproduzione di “manuali di istruzione” per genitori in situazioni di difficoltà, realizzando l’effetto opposto di scoramento e di iper-responsabilizzazione di questi rispetto a modelli normativi di genitorialità. Anziché guardare solamente a chi esercita pratiche di cura e di educazione all’interno del nucleo familiare aggiunge uno sguardo sugli assistenti sociali che – grazie al loro ruolo – possono svolgere funzioni di emancipazione e di valorizzazione delle relazioni familiari.
A questo proposito, gli autori sottolineano che la costruzione e narrazione di modelli normativi di genitorialità è radicata nell’ideologia neoliberista che ha imperversato nel mondo occidentale a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, e che tuttora persiste nel modo in cui giudichiamo le relazioni e le pratiche familiari. Tale “discorso sulla genitorialità” si inserisce nelle politiche e nella cultura, modellando i servizi e persino l’operato dei professionisti sociali, e restringendo sempre più il campo di osservazione e riconoscimento a un modello di famiglia stereotipata, appartenente alla classe media, cieca di fronte alle questioni di genere, apprensiva rispetto alla centralità del bambino nella vita della famiglia e – in particolare – delle madri.
La chiusura del campo visivo priva di validità e legittimazione forme diverse di essere genitori, e per questo la ricerca CoPInG va nella direzione contraria di rivalutare i “modi in cui i soggetti fanno famiglia e danno senso alla propria genitorialità”. Per farlo, pone una lente di ingrandimento sulle pratiche familiari e, così facendo, rende centrale l’esperienza dei soggetti.
Il manuale curato da Silvia Fargion e Alessandro Sicora riesce nel tentativo di restituire – in tono divulgativo – i risultati di una ricerca intensa e complessa, ben bilanciando le riflessioni teoriche e le risultanze empiriche, dando vita a un testo non solo di facile lettura, ma soprattutto di facile comprensione. A caratterizzare questo lavoro è la sua capacità di integrazione: se guardiamo al contenuto, l’attenzione posta sulle pratiche educative e di cura di genitori in condizioni di incertezza e instabilità muove nella direzione di “farli sentire visti e riconosciuti come soggetti e come membri a pieno titolo della comunità” (cap. 7). In ultimo, il testo si rivolge a un pubblico composito, in cui spiccano però due profili: quello dei genitori e quello dei professionisti del sociale. A una parte, forse, può servire a riconoscersi in storie di altri e a silenziare la percezione di cacofonia dei propri vissuti; all’altra, fornisce guide coerenti per decostruire le proprie pratiche e i modi in cui si produce conoscenza a partire dal ciclo di esperienza, riflessione e azione. A tutti gli altri, poi, dando le risorse per conoscere e imparare, e per imparare a conoscere.
Note
- Un mandato proveniente dall’organizzazione.
- Un mandato centrato sui principi che guidano il servizio sociale nel porre al centro la persona utente.