Taranto, simbolo del conflitto tra lavoro e salute, è oggi al centro di una nuova sfida: quella tra lavoro e ambiente. Il Just Transition Fund (JTF) ha destinato alla provincia 796 milioni di euro, ripartiti in tre settori chiave: il 38% per la diversificazione economica, il 32% per attenuare gli effetti occupazionali della transizione ecologica, e il 30% per progetti legati all’energia e all’ambiente.
Le azioni previste dal programma JTF offrono diverse prospettive per la tanto attesa riconversione di Taranto. Tra queste: la produzione e lo stoccaggio di energia rinnovabile, la ricerca e lo sviluppo della filiera dell’idrogeno verde, il risanamento dei terreni contaminati. Inoltre, si punta a favorire la crescita delle piccole e medie imprese (PMI), potenziare la ricerca, i servizi di cura e, soprattutto, avviare programmi di formazione e riqualificazione per i lavoratori più esposti ai rischi occupazionali. Ma in cosa si tradurranno, in concreto, tutti questi propositi?
Al momento, l’unico progetto certo o altamente probabile riguarda Filiere Verdi, un intervento di biorisanamento fito-assistito. Questo prevede la bonifica dei terreni contaminati della provincia tramite la piantumazione di piante come pioppi e canapa, capaci di degradare gli inquinanti prodotti dall’ex Ilva. Tuttavia, molte questioni rimangono ancora irrisolte: costi, impatto sull’occupazione, tempi di avvio e altri dettagli tecnici sono ancora da definire.
Ne parla Matteo Scannavini su Slow News all’interno della serie “Oltre l’acciaio” di ABNE.
La rinascita di Taranto ha poche certezze ma molti alberi
Matteo Scannavini, Slow News
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