Taranto, simbolo del conflitto tra lavoro e salute, è anche al centro di una battaglia tra lavoro e ambiente. L’ex Ilva, ora Acciaierie d’Italia (Adi), rappresenta un caso emblematico di “zona di sacrificio”, come definita dall’ONU. Questo termine indica un territorio dove le istituzioni hanno tollerato e perpetuato produzioni inquinanti, sacrificando la salute dei cittadini. Il problema non si limita solo alla salute: la produzione di acciaio è associata a emissioni di CO2 elevate, contribuendo così alla crisi climatica globale.
Oggi, c’è una nuova opportunità per cambiare rotta grazie al Just Transition Fund (JTF), un fondo di coesione europea destinato a sostenere i territori più colpiti dalla transizione energetica. In Italia, i principali beneficiari sono il Sulcis Iglesiente in Sardegna e, ovviamente, Taranto. Per la provincia pugliese, il JTF prevede un investimento di 796 milioni di euro. Tuttavia, il rischio è che questi fondi non vengano utilizzati in modo efficace.
Ne parla Matteo Scannavini su Slow News all’interno della serie “Oltre l’acciaio” di ABNE.
Un piano B per Taranto
Matteo Scannavini, Slow News
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