Seicento milioni di nuovi finanziamenti che si aggiungono a risorse preesistenti per un totale di 1 miliardo e 600 milioni per la lotta alla povertà nel 2016. Un miliardo di finanziamenti aggiuntivi al mezzo miliardo già esistente a partire dal 2017, per un totale di un miliardo e mezzo strutturale per ciascun anno a venire. Una legge delega che unificherà le prestazioni esistenti per arrivare a una misura unica di contrasto alla povertà, migliorando l’equità dell’assistenza sociale italiana. Un fondo triennale contro la povertà educativa, con il concorso delle fondazioni di origine bancaria, finanziato con oltre 100 milioni di euro all’anno. Questo il quadro delineato dalla Legge di Stabilità. Ne abbiamo parlato con Stefano Sacchi, docente dell’Università degli Studi di Milano e consigliere del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Tenendo conto delle difficili condizioni di bilancio, come è stato possibile prevedere finanziamenti così ingenti in materia di lotta alla povertà?
La lotta alla povertà è una priorità dell’attuale governo. Il percorso per il rafforzamento delle misure di contrasto alla povertà è iniziato con il Jobs Act. Questo intervento ha infatti introdotto l’assegno di disoccupazione (ASDI) per i disoccupati che hanno esaurito il periodo coperto dalla NASPI, non hanno trovato una nuova occupazione e sono in condizione di bisogno. Il primo passo è stato quindi quello di riconoscere la questione della povertà nel quadro delle politiche del lavoro. In altre parole, l’attenzione alla povertà è stata sempre presente tuttavia, inizialmente, la riforma del mercato del lavoro è stata considerata prioritaria. Questo in linea con la convinzione secondo cui, attraverso l’occupazione, il problema del disagio sociale può essere attenuato. Per quelle forme di disagio che non sono direttamente o esclusivamente collegate alla disoccupazione, quando il lavoro non basta, per dirla con Chiara Saraceno, l’impegno del governo si fa ora più intenso. In particolare il Presidente Renzi ha deciso di dare la priorità alla lotta alla forma di povertà più odiosa, quella delle famiglie con figli minori.
I finanziamenti destinati alle misure di lotta alla povertà sono ingenti, ma si tratta di una nuova sperimentazione a termine o di un programma strutturale di lotta alla povertà?
Per la prima volta, i finanziamenti destinati alle misure di lotta alla povertà non sono sperimentali ma strutturali, ovvero sono iscritti stabilmente fra gli interventi di finanza pubblica. Per il 2016 c’è un finanziamento di 600 milioni che si aggiunge a quelli già a vario titolo esistenti. Saranno quindi disponibili 1 miliardo e 600 milioni ai quali si aggiungono (in questo caso in via sperimentale) fino a 130 milioni del “Fondo per il contrasto della povertà educativa”. In sintesi, abbiamo 1 miliardo e 700 milioni per la lotta alla povertà. Una cifra di questo tipo non si era mai vista in Italia.
Nel dettaglio, come si arriva a questa cifra?
600 milioni, come dicevo, è il finanziamento “nuovo” che si aggiunge agli interventi preesistenti. Se mettiamo tutto a sistema vediamo che a queste nuove risorse si aggiungono:
- 200 milioni provenienti dalla Carta Acquisti già in essere dal 2008. Si tratta di un finanziamento strutturale di 250 milioni l’anno, 50 milioni dei quali, inutilizzati a seguito dell’introduzione del nuovo ISEE, saranno riallocati nel 2016 per l’attuazione del Sostegno all’Inclusione Attiva (SIA);
- 370 milioni riguardano invece il SIA: un ammontare che proviene da vecchi fondi non utilizzati. Si tratta in particolare delle risorse stanziate per l’estensione della misura, prevista nel 2013, ma mai avviata. Inoltre, come detto, rientrano in questo importo i 50 milioni provenienti dalla Carta Acquisti a seguito della riforma dell’ISEE;
- 380 milioni provengono poi dall’ASDI, finanziato per 200 milioni dal decreto legislativo n. 22 del 2015 (la riforma dei sussidi di disoccupazione) e per ulteriori 180 dal decreto legislativo n. 148 del 2015 (la riforma della cassa integrazione). Il dlgs n. 148 del 2015 finanzia poi in modo strutturale l’ASDI a regime, con 200 milioni di euro all’anno a decorrere dal 2019 (un po’ di più, 270 milioni, nel 2017, un po’ di meno, 170 milioni, nel 2018);
- ci sono infine ulteriori 54 milioni provenienti dal finanziamento strutturale, introdotto nel 2008, per l’indennità una tantum prevista per i cocopro. Poiché questo tipo di contratti non esiste più, le risorse liberate saranno utilizzate per il SIA.
Si arriva quindi a 1,6 miliardi ai quali si aggiungono i 130 milioni del Fondo per la povertà educativa, che è attivato in via sperimentale, nel senso che verrà fatta una valutazione scientifica degli effetti degli interventi prima di decidere se metterlo a regime, e che vede protagoniste le fondazioni di origine bancaria. Ci tengo a precisare che di questi 130 milioni, comunque, 100 vengono dalla finanza pubblica, che li riconosce alle fondazioni come credito di imposta. In sostanza, lo stanziamento aggiuntivo complessivo da parte del governo arriva a 700 milioni, nell’ipotesi che le fondazioni diano corso ai loro intendimenti e investano contro la povertà educativa.
Come saranno utilizzati i “nuovi” 600 milioni previsti dalla legge di stabilità?
220 milioni andranno a finanziare l’ASDI che disporrà quindi di 600 milioni complessivi, mentre i rimanenti 380 andranno al SIA. Complessivamente quindi, nel 2016, il SIA avrà una dotazione di 800 milioni di euro (370 milioni dei “vecchi” finanziamenti, 54 provenienti dall’indennità cocopro, 380 dei “nuovi” finanziamenti).
Sintetizzando, quali sono quindi i principali interventi previsti per il 2016?
Avremo il SIA con una dotazione di 800 milioni di euro, l’ASDI con una dotazione di 600 milioni, e la Carta Acquisti con una dotazione di 200 milioni.
Cosa accadrà invece a partire dal 2017?
A decorrere dal 2017 ci sarà 1 miliardo aggiuntivo strutturale, stabilmente a carico della finanza pubblica. Questo miliardo si aggiunge ai finanziamenti strutturali già previsti nell’ordinamento, relativi a:
- la Carta Acquisti (250 milioni)
- l’ASDI (200 milioni)
- l’abolizione dell’indennità cocopro (54 milioni).
Quindi dal 2017 e a regime ci saranno 1 miliardo e 500 milioni interamente dedicati ogni anno alla lotta alla povertà. Questi finanziamenti verranno destinati ad una misura unitaria di lotta alla povertà, prioritariamente rivolta alle famiglie con minori. Nel 2017 e nel 2018 ci sarà inoltre il fondo contro la povertà educativa, per altri 100 milioni all’anno e, in base alla valutazione degli effetti del fondo, si deciderà se e come proseguire relativamente a quest’ultimo aspetto.
L’introduzione di una misura unitaria è connessa all’attuazione di di una legge delega contro la povertà. Quali sono gli obiettivi?
E’ prevista l’introduzione di un disegno di legge delega collegato alla legge di stabilità, per l’introduzione di misure strutturali di contrasto alla povertà e il riordino della normativa in materia di trattamenti di natura assistenziale o soggetti alla prova dei mezzi. L’obiettivo è quello di arrivare all’introduzione di una misura unitaria di lotta alla povertà e di procedere al riordino dell’insieme delle prestazioni di assistenza sociale e in ogni caso soggette alla prova dei mezzi, razionalizzandole in senso equitativo. Una volta approvata la legge delega, auspicabilmente all’interno della sessione di bilancio e quindi nel 2015, l’esercizio della delega attraverso uno o più decreti legislativi è previsto in tempi rapidi. Intendiamo replicare lo schema di gioco del Jobs Act che dal nostro punto di vista ha dato risultati eccellenti: un lavoro gomito a gomito di Presidenza del Consiglio e Ministero del lavoro e delle politiche sociali per attuare la delega entro la metà del 2016.
Nel testo di legge si fa poi riferimento al Fondo ‘dopo di noi’, di cosa si tratta?
Il “dopo di noi” è una misura che esiste da tempo ma che non godeva di un finanziamento strutturale. Questa misura si rivolge ai disabili. Con l’aumentare dell’aspettativa di vita, sempre più spesso, e questo è un aspetto di cui ci si deve rallegrare, i disabili sopravvivono ai propri genitori. Chiaramente però questo pone una questione di policy nuova che il “dopo di noi” si propone di affrontare. In particolare, il fondo finanzia interventi per la presa in carico di disabili i cui genitori non ci sono più. Questo fondo sarà finanziato strutturalmente per 90 milioni di euro l’anno.
Cosa accade invece al Fondo per le non-autosufficienze?
Il fondo è incrementato di 150 milioni di euro l’anno e andrà a coprire anche le persone affette da SLA. Anche in questo caso si tratta di un finanziamento strutturale.
Può spiegarci che cos’è invece il Fondo contro la povertà educativa e che ruolo avranno le fondazioni?
L’idea è quella di valorizzare il ruolo che le fondazioni di origine bancaria hanno nell’integrare l’impegno dello Stato in ambito sociale. Per il triennio 2016/2018 è quindi istituito (questa volta in via sperimentale e non strutturale) un fondo destinato alla povertà educativa. Con il fondo si vuole intervenire sui processi di trasmissione intergenerazionale della povertà attraverso la realizzazione di specifici progetti di istruzione. Si è visto che i rendimenti scolastici dei bambini e dei ragazzi appartenenti a nuclei svantaggiati sono peggiori rispetto a quelli appartenenti a nuclei non svantaggiati. L’idea è quindi di intervenire con misure volte a neutralizzare lo svantaggio attraverso la sinergia con le fondazioni di origine bancaria.
Come è strutturato il fondo?
Il governo metterà a disposizione 100 milioni di euro l’anno. Queste risorse garantiranno un credito di imposta alle fondazioni di origine bancaria che interverranno nel settore della povertà educativa destinando risorse al fondo. In particolare, le fondazioni otterranno un credito d’imposta pari al 75% dell’investimento fatto. Per ogni 100 euro investiti in questo settore le fondazioni ottengono quindi 75 euro di credito utilizzabile in compensazione degli oneri fiscali e contributivi nell’esercizio fiscale in corso, che può anche essere ceduto. Si tratta quindi di un credito molto flessibile e a vasta esigibilità. Di conseguenza, se, come auspichiamo, le fondazioni bancarie utilizzeranno tutto il credito d’imposta disponibile, il fondo per la povertà educativa disporrà complessivamente di 130 milioni. Da questa sperimentazione ci aspettiamo molto anche in termini di qualità degli interventi. La governance del fondo e i criteri attraverso cui le risorse devono essere spese e gli interventi verranno valutati saranno definiti in modo rigoroso grazie a un protocollo di intesa fra le fondazioni, la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.