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Prowelfare è una ricerca, svoltasi nel corso del 2013, coordinata dall’Osservatorio Sociale Europeo e dalla Confederazione Europea dei Sindacati su impulso della Commissione UE. L’obiettivo del progetto era di inquadrare la diffusione in 8 Paesi UE di quelle prestazioni di welfare offerte ai lavoratori a seguito di contrattazione fra le parti sociali o come prodotto di un’iniziativa unilaterale dei datori di lavoro, indicate per semplicità con l’acronimo WOV – Welfare Occupazionale Volontario. Data la vicinanza del tema con il welfare aziendale e contrattuale, i risultati di Prowelfare risultano particolarmente interessanti in una prospettiva di secondo welfare e, per tale ragione, abbiamo scelto di approfondire i diversi rapporti di ricerca sviluppati negli otto Paesi. Dopo Regno Unito, Svezia e Spagna oggi andiamo ad approfondire lo studio dedicato all’Austria. 

Il report sul caso austriaco è stato curato da Josef Wöss e Charlotte Reiff per conto del Centro studi della Camera del Lavoro di Vienna. Per raccogliere le informazioni necessarie alla redazione del rapporto sono stati utilizzati, in primo luogo, i documenti e gli studi prodotti dai Ministeri o da altri Centri studi nazionali. In secondo luogo, è stato fatto riferimento a studi e ricerche di organizzazioni internazionali (Eurofound, OCSE) e nazionali (Istituto di Statistica Austriaco).


Il contesto socio-economico

Il welfare pubblico austriaco è considerato tra i più generosi in Europa. Si tratta di un modello di welfare Bismarckiano basato sul principio assicurativo (social insurance) e su un forte coinvolgimento delle parti sociali (social partnership). Il 70% delle risorse è erogato ai beneficiari in forma monetaria e soltanto il 30% in servizi (principalmente sanitari). I dati OCSE parlano di un livello di spesa pubblica uguale o superiore alla media degli otto Paesi analizzati dalla ricerca Prowelfare in tutti e tre i tre settori oggetto di analisi (la spesa sanitaria in Austria era pari al 7,3% del PIL nel 2009, contro una media degli otto paesi del 7,4%; la spesa per la conciliazione famiglia-lavoro al 2,9% del PIL, mentre la media degli altri paesi era pari al 2,4%; la spesa per la formazione professionale era lo 0,5% rispetto allo 0,1% nella media degli otto Paesi).

Il livello più alto raggiunto dalla spesa sociale pubblica è stato registrato nel 2009, in coincidenza con l’ultima crisi finanziaria che ha fatto aumentare il numero dei disoccupati e allo stesso tempo diminuire il prodotto interno lordo, ed è stato pari pari al 30,7% del PIL. I dati più recenti mostrano che nel 2011 la spesa sociale pubblica era scesa al 29,4%, a testimonianza del fatto che in Austria l’impatto della crisi è stato nettamente minore rispetto ad altri Paesi. È comunque importante sottolineare che, a causa della crisi, tra il 2000 e il 2009 i finanziamenti al sistema pubblico da parte dello Stato sono aumentati di 2,5 punti percentuali, passando così a rappresentare il 34,9% del finanziamento del welfare, mentre i contributi delle parti sociali sono diminuiti di tre punti percentuali e rappresentavano nel 2009 il 63,3% del finanziamento. 


Il WOV in generale

In Austria, a fronte di un sistema pubblico molto generoso, per ognuno degli ambiti il ruolo della spesa privata volontaria è rimasto limitato come vedremo più nel dettaglio di seguito. I dati OCSE parlano di una spesa privata volontaria pari al 3,8% del totale della spesa in welfare nel 2009, nettamente inferiore alla media degli otto Paesi, pari al 6%. Inoltre, se prendiamo in considerazione il trend possiamo notare che questo dato è in calo rispetto al 4,1% del 1990, anche se ciò è sicuramente influenzato dall’aumento della spesa pubblica registrato nello stesso periodo.

Il motivo principale della scarsa diffusione dei WOV è dovuto al coinvolgimento delle parti sociali nel welfare pubblico, tramite la cogestione dei principali enti di previdenza da parte di sindacati e datori di lavoro. Il Rapporto austriaco mostra come nei contratti collettivi settoriali siano spesso inseriti riferimenti a un miglioramento dei trattamenti soprattutto per la conciliazione e la formazione professionale, ma si tratta di linee guida da applicare successivamente a livello aziendale e in ogni caso molto variabili da un settore all’altro. Il WOW è infatti più diffuso nei settori che già sono caratterizzati da migliori condizioni lavorative e salariali e nelle grandi imprese (quelle con più di 500 dipendenti).


Il WOV in sanità

In campo sanitario, il WOV svolge un ruolo esclusivamente di tipo integrativo rispetto al sistema pubblico. Se guardiamo alle assicurazioni integrative i principali servizi offerti danno la possibilità di scegliere tra una più ampia gamma di medici, di godere di sistemazioni più comode in caso di ospedalizzazione, di garantire minori tempi di attesa e rimborsi per le cure alternative. Circa un terzo degli austriaci è coperto da un’assicurazione integrativa ma solo nel 20% dei casi si tratta di un’assicurazione collettiva, in cui cioè è il datore di lavoro a pagare il premio. Questo fenomeno può essere spiegato dall’assenza di sgravi fiscali al datore di lavoro per questo tipo di spese. Qualora, infatti, la somma versata dall’impresa superi i 300 euro annui questa viene assimilata al salario normale e sottoposta quindi allo stesso trattamento fiscale e contributivo.

In aggiunta il numero di austriaci coperti da un’assicurazione sanitaria integrativa risulta essere in calo rispetto al livello del 1990. Questo dato è confermato dall’OCSE che attesta una diminuzione nel livello di spesa privata volontaria sanitaria in Austria. Nel 1990 il 10,4% della spesa sanitaria era privata mentre nel 2009 lo era soltanto il 6,3%. Nel 2011, la spesa sanitaria pubblica era pari all’8,2% del PIL mentre quella privata era solo il 2,6%.

Per quanto riguarda l’assenza per malattia è previsto un periodo (dalle sei alle dodici settimane in funzione dell’anzianità del lavoratore) in cui è il datore di lavoro a versare il sussidio, mentre successivamente è il sistema pubblico a prendersi carico del lavoratore in malattia. In alcuni contratti collettivi è però prevista la possibilità di estendere il periodo di malattia coperto dal datore di lavoro. Un aspetto cui viene data molta importanza in Austria è la sicurezza nei luoghi di lavoro. Nel 2000 è stata attivata la “Rete di promozione della sicurezza sui luoghi di lavoro”. La Rete prevede una sede in ognuna delle nove regioni per incentivare, sostenere e finanziare i progetti riguardanti la sicurezza, tramite la cooperazione delle parti sociali.


Il WOV nell’ambito della conciliazione famiglia-lavoro

Il sistema pubblico austriaco è tra i più generosi in Europa anche quando si tratta di conciliazione e di sostegno alle famiglie. La spesa pubblica in questo ambito è pari al 2,9% del PIL contro una media degli otto paesi del 2,4%. Si tratta principalmente di sostegno economico in denaro ma negli ultimi anni sono state sviluppate anche politiche per fornire servizi, specialmente nella cura dei bambini, e per accrescere il grado di flessibilità. La principale caratteristica del sistema pubblico per la conciliazione è il sussidio universale in denaro per tutti i genitori, introdotto nel 2002. I genitori che percepiscono questo sussidio hanno comunque la possibilità di lavorare. La generosità delle politiche di conciliazione in Austria è confermata dall’indagine sulle condizioni di lavoro dell’Eurofound. Tale indagine ha evidenziato che l’87% dei lavoratori austriaci è soddisfatto o molto soddisfatto dell’equilibrio tra vita privata e vita professionale.

L’ampliamento dei servizi di cura per i bambini è, fin dagli anni Novanta, una delle priorità del sistema pubblico. La gestione è condivisa tra Regioni e Comuni ma per le spese di apertura di un nuovo asilo interviene lo Stato centrale. L’obiettivo è garantire ogni anno 5.000 nuovi posti; tuttavia i risultati ottenuti non sono ancora sufficienti. Il 60% degli asili è pubblico. Un’indagine austriaca condotta nel 2012 attesta la presenza di 91 asili aziendali ma questo dato non tiene conto dei casi in cui l’azienda si riserva dei posti in asili locali privati sovvenzionandoli. L’Eurofound ha evidenziato che (in linea con la media degli otto paesi, pari al 2,1%) nel 2005 il 2,2% delle imprese offriva un asilo aziendale ma il dato sale al 16,1% se si prendono in considerazione solo le grandi imprese (contro una media degli otto paesi del 7,4%).

Anche per quanto riguarda le misure di flessibilità l’Austria mostra di essere all’avanguardia. Dal 2004 i lavoratori con figli hanno diritto a richiedere il passaggio al part-time fino al settimo compleanno del bambino se lavorano in una società con più di venti lavoratori e se hanno lavorato per almeno tre anni. Nel 2012, il 45% delle donne lavoratrici lavorava part-time. Inoltre è adeguatamente regolamentata anche la flessibilità dell’orario nella giornata lavorativa (Gleitzeit). Un grande impulso è stato dato nel 2007 dalla decisione del legislatore di permettere al datore di lavoro che adotta il sistema della flessibilità di non dover pagare gli straordinari se la giornata di lavoro dura dieci ore invece delle otto previste legalmente. Questo tipo di previsioni possono essere negoziate con i rappresentanti dei lavoratori. I dati Eurostat mostrano che il 75,7% dei lavoratori austriaci usufruisce della flessibilità oraria per motivi familiari contro una media degli otto paesi del 42,5%.

Il rapporto non evidenzia la presenza di WOV per il sostegno economico alle lavoratrici durante la maternità. Questo è sicuramente dovuto al fatto che durante l’assenza della lavoratrice (da otto settimane prima del parto fino a otto o dodici settimane dopo la nascita del bambino/a) il salario è garantito al 100% dal sistema di welfare pubblico.


Il WOV nell’ambito della formazione professionale

Anche nel campo della formazione professionale le parti sociali sono coinvolte direttamente nell’ideazione e implementazione delle politiche. In Austria sono presenti cinque tipi di formazione professionale continua: 1) la formazione universitaria non curriculare, 2) la formazione gestita dalle parti sociali, 3) la formazione fornita da agenzie private, 4) la formazione per i disoccupati, 5) la formazione aziendale, soprattutto on-the-job.

Dal 1998, se il datore di lavoro è d’accordo, il lavoratore può usufruire dei congedi di formazione beneficiando di un sussidio pubblico per sostenere il reddito. Nel 2012, 20.000 lavoratori hanno usufruito di questa opzione, in nettissimo aumento rispetto ai 2.000 del 2008. Inoltre, per i lavoratori che desiderano partecipare a dei corsi di formazione è stata prevista la possibilità di passare al part-time.

Le parti sociali, come abbiamo visto, ricoprono il doppio ruolo di ideatori delle politiche di formazione e fornitori delle stesse. L’Istituto di Formazione Professionale (BFI in tedesco) è uno dei principali fornitori ed è gestito dalla Camera del Lavoro e dai sindacati. Per quanto riguarda i contenuti della formazione, i più diffusi riguardano lo sviluppo personale, il management, l’amministrazione, le lingue, le mansioni nella cura delle persone e i corsi per i disoccupati. Oltre al BFI, le imprese possono ricorrere ai servizi delle apposite organizzazioni gestite dall’associazione dei datori di lavoro o da organizzazioni private.

La formazione professionale in azienda non è regolata da un quadro uniforme. A volte si trovano dei riferimenti nei contratti collettivi che testimoniano la volontà delle parti sociali di promuovere la formazione in azienda o l’impegno a fornire ulteriori giorni di assenza per la partecipazione a corsi di formazione. Gli organismi di rappresentanza dei lavoratori sono stati coinvolti nella gestione della formazione nel 12% di tutte le imprese con più di dieci lavoratori che hanno offerto corsi di formazione nel 2010. Secondo i dati Eurostat l’87% delle imprese con almeno dieci lavoratori ha offerto formazione ai propri lavoratori nel 2010 (contro una media degli otto paesi pari al 69%). La percentuale è in aumento se guardiamo ai dati del 2005 (81%) e del 1999 (72%). Tuttavia, nel 2010, solo il 33% dei lavoratori ha partecipato a un corso di formazione (contro una media degli otto paesi del 39%). Questo è per lo più dovuto al fatto che imprese tendono a limitare la partecipazione a percorsi di formazione solo a specifici gruppi nella propria forza lavoro.

Riflessioni conclusive

L’analisi del caso austriaco mostra come in un Paese in cui il sistema di welfare è molto generoso e le parti sociali sono ampiamente coinvolte nella sua gestione, il Welfare Occupazionale Volontario possa comunque rimanere residuale. 

In Austria, infatti, il WOV non sembra essere una priorità per le parti sociali come riscontrato in tutti e tre gli ambiti oggetto della ricerca. In campo sanitario, solo il 20% di tutte le assicurazioni integrative sono aziendali. Inoltre, queste assicurazioni sono in calo rispetto agli anni precedenti e sicuramente ciò è dovuto anche all’assenza di sgravi fiscali. Nel campo della conciliazione, vista la generosità del sistema pubblico, che prevede anche un’allocazione universale per tutti i genitori, gli interventi di WOV riguardano principalmente la flessibilità oraria e la presenza degli asili nido nelle grandi imprese. Per quanto riguarda la formazione professionale, la percentuale delle imprese che erogano questa prestazione è maggiore rispetto alla media degli otto paesi ma il numero dei lavoratori coinvolti è inferiore.

Il motivo principale è sicuramente il fatto che i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro sono già ampiamente coinvolti nell’ideazione e nella gestione delle politiche di welfare pubblico. Quando è stata richiesta la loro opinione in materia i sindacati hanno dichiarato di considerarsi i garanti della protezione sociale universale e solo in caso di interventi legislativi da parte del governo sarebbero pronti a promuovere il WOV. I datori di lavoro invece hanno interesse a sostenere l’introduzione di questi benefits principalmente per poter promuovere sul mercato un’immagine positiva dell’impresa. In ogni caso, gli autori del rapporto evidenziano uno scetticismo di fondo in capo alle parti sociali verso il welfare occupazionale volontario.

Per maggiori informazioni relative al Rapporto austriaco è possibile contattare Josef Wöss, coautore della ricerca, all’indirizzo josef.woess@akwien.at


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