Mentre cresce la preoccupazione per gli equilibri internazionali e i nuovi dati dalle Banca Mondiale dicono che le guerre in corso e le calamità naturali coinvolgono oggi l’8,5% della popolazione mondiale ovvero 692 milioni di persone, non può venir meno nel nostro Paese la preoccupazione per un’emergenza sociale che, da dieci anni a questa parte, si è costantemente aggravata, fino a divenire strutturale: la povertà. Pochi dati bastano per definire le dimensioni e la portata del problema che, in questo lasso nel tempo, ha registrato un raddoppio dei poveri e un dimezzamento dei supporti e degli investimenti.
Dati allarmanti e misure inadeguate
Da una parte, secondo le ultime stime preliminari sulla povertà assoluta di Istat, nel 2023 si trovavano in povertà assoluta l’8,5% del totale delle famiglie residenti, corrispondenti a circa 5,7 milioni di individui. Un numero che, negli ultimi dieci anni, è appunto raddoppiato. Dall’altra parte, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Inps, i beneficiari dell’Assegno di Inclusione e del Supporto alla Formazione e Lavoro, che hanno sostituito Reddito e Pensione di Cittadinanza all’inizio di quest’anno, sono poco più della metà: su un totale di 1.324.104 nuclei che avevano percepito almeno una mensilità di RdC/Pdc nel primo semestre del 2023, 695.127 sono quelli che hanno avuto accesso all’Assegno d’Inclusione nello stesso periodo del 2024. Povertà relativa e rischio di impoverimento di fasce sociali colpite da inflazione e maggiore costo della vita, allo stesso modo presentano dimensioni che non possono non allarmarci.
Il piano inclinato della povertà restituisce, sempre più, l’immagine di un Paese non in grado di mettere in campo misure adeguate che, se non immediatamente capaci di invertire la tendenza, almeno possano arrestarne la corsa. Con l’ennesimo, contestato bonus – quello che alcuni riceveranno per Natale, piccolo contributo alle spese di stagione – non si contribuirà certo a risolvere un fenomeno multifattoriale e strutturale, che richiede risposte altrettanto strutturali e universali. Come abbiamo visto, tuttavia, le nuove misure di contrasto alla povertà recentemente introdotte dalla legge 85/2023, stanno dimostrando tutta la loro inadeguatezza, raggiungendo una platea di beneficiari che è ben lontana da quella di chi ha un reale bisogno di supporto.
La scelta di dividere i poveri in categorie, in base all’età o allo stato di salute, ha stretto, per milioni di persone, le maglie di una rete che non fornisce una adeguata protezione. Nel passaggio dalle vecchie alle nuove misure, migliaia di cittadine e cittadini italiani e di origine straniera sono stati abbandonati in una condizione di fragilità che rischia di tradursi in marginalità e indigenza. Appare evidente quanto inefficaci siano misure episodiche o categoriali per arginare una tale emergenza e offrire una risposta strutturale a una platea tanto ampia. L’esperienza acquisita in questi anni di osservazione della crescita costante del fenomeno insegna che replicare provvedimenti “tampone” limitati nel tempo e negli investimenti, non scalfiscono in alcun modo lo zoccolo duro della povertà che in questa fase storia si manifesta e si declina in molte altre forme di fragilità sociale .
Legge di Bilancio: un cambio di rotta è possibile
Come Alleanza contro la povertà, abbiamo più volte lanciato l’allarme: se il segno delle politiche non dovesse cambiare, nei prossimi mesi i luoghi di prossimità e le comunità territoriali saranno sottoposti ad una pressione che in alcuni contesti diventerà insostenibile.
Occorre quindi attrezzarsi, con risorse e misure adeguate, per affrontare con mezzi opportuni una sfida che, nell’ immediato e nel lungo termine, potrà cambiare il volto del Paese. La prossima legge di bilancio è il primo appuntamento utile per provare un cambiamento di rotta. Serve però un piano di riforme condivise, scevre da posizionamenti ideologici e atteggiamenti che tendono a minimizzare il problema al punto da derubricarlo dall’agenda delle priorità programmatiche e dagli impegni di spesa.
Serve una volontà politica che travalichi persino la legislatura pur di ridurre un gap che fa dell’Italia un Paese in cui troppi sono abbandonati al loro destino. Nei giorni in cui il governo evidenzia la necessità di tagli e riduzioni di spesa, come Alleanza contro la povertà rinnoviamo la nostra raccomandazione a non risparmiare sulla pelle degli ultimi: questo non produrrebbe che un aumento ingiustificabile delle disuguaglianze, destinato a tradursi nella crescita delle fragilità sociali.
Le proposte dell’Alleanza contro la povertà
Se è certamente vero che le cause dell’aumento dei poveri dipendono da molteplici fattori (economici, di sviluppo e di crescita dell’occupazione, di riforma del sistema dei servizi), è altrettanto vero che la leva sulla quale agire immediatamente è quella della politica.
Per questa ragione, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della povertà, Alleanza contro la povertà ha presentato e diffuso un documento con quattro proposte che sollecitano il governo a:
- ripristinare una misura diretta di contrasto alla povertà universalistica e strutturale, rivolta a tutte le famiglie e le persone in povertà assoluta;
- recepire nella Legge di Bilancio gli emendamenti proposti dall’Alleanza per migliorare l’efficacia delle misure di contrasto vigenti, come già proposto e dettagliato nel Position Paper sulla legge 85/23;
- avviare di un monitoraggio continuo, a livello territoriale e nazionale, sulla povertà e sull’efficacia delle misure di contrasto;
- valutare un nuovo approccio al tema che riconsideri un rilancio delle politiche di welfare e dei sistemi di infrastrutturazione sociale e del lavoro.
Non solo Italia: ripartiamo dall’Europa Sociale
In una giornata simbolicamente significativa per fermarsi a riflettere su quanto accade anche attorno a noi, se si volge lo sguardo all’Europa si fa presto a capire come le vittime della fragilità sociale crescano anche nel resto del Continente: la povertà estrema colpisce il 6,8% della popolazione, pari a circa 23,2 milioni di persone.
Inoltre, secondo Eurostat, sono 94,6 milioni le persone a rischio di povertà ed esclusione sociale, pari al 21,4% della popolazione. A essere a rischio sono soprattutto fra i minori: il 24,8% di questi, quasi 20 milioni, sono a rischio di povertà con un ulteriore incremento rispetto al 2022. Il rischio è quello di ipotecare “il futuro del futuro”.
Per questo l’auspicio è che Parlamento e Commissione europea, all’inizio del nuovo mandato affidatogli dagli elettori dei 27 Paesi, assumano l’impegno di introdurre un “Reddito minimo europeo” cosi come già previsto dalla Strategia EU 2030 di lotta alla povertà in attuazione del Pilastro Sociale EU.
Un cambio di paradigma possibile
La Giornata internazionale per l’eliminazione della povertà, anche quest’anno sollecita in primis un cambio di paradigma di un’economia che considera la povertà e lo sfruttamento un male necessario.
Reagire a questa deriva vuol dire anche modificare un approccio culturale che colpevolizza i poveri rendendoli i soli responsabili della loro situazione e tratta del tema della povertà come un tema da esorcizzare. Entrambi questi atteggiamenti non aiutano a fare passi avanti. Al massimo rimandano il problema al prossimo governo o alle prossime legislature.
In questa fase storica si tratta insomma di capire se i poveri interessano ancora a chi, con responsabilità e poteri differenti, può cambiare la loro condizione, o se, come spesso appare, di loro non vogliamo più occuparcene.