Il Quaderno Digitale Per Bene 2 di TechSoup e Secondo Welfare presenta contenuti di particolare interesse per i tempi odierni perché, illustrando una serie ricca e diversificata di esperienze del Terzo Settore nell’utilizzo delle tecnologie digitali, contribuisce a fare luce su una realtà spesso lasciata in ombra dalle riflessioni e dagli approfondimenti della ricerca scientifica e non sempre conosciuta e adeguatamente valorizzata da parte delle pubbliche amministrazioni competenti.
La lettura mi suggerisce alcune considerazioni che vorrei sinteticamente articolare per domande-chiave.
Di cosa ci parla Digitale per Bene?
Ci parla dell’inarrestabile cammino del welfare digitale, cioè della penetrazione delle tecnologie digitali nei servizi socio-assistenziali, educativi, socio-sanitari, in quello che ormai dalla letteratura internazionale viene chiamato Digital welfare e del quale la riflessione scientifica tende a sottolineare rischi e potenzialità.
Tra i primi menzionerei, per esempio, la diffusione di forme di condizionalità esigenti e intrusive per chi usufruisce di benefici sociali basati su sistemi automatici di selezione e monitoraggio dei beneficiari; nelle politiche del lavoro, l’eccessiva flessibilità dei rapporti di lavoro connessi alle piattaforme digitali; nella sanità e nell’assistenza, il rischio di spersonalizzazione della relazione di cura e il progressivo decadimento del know how professionale degli operatori.
D’altra parte, del Digital welfare si possono evidenziare anche alcune potenzialità positive, come per esempio lo snellimento e la semplificazione delle pratiche amministrative; il miglioramento dei meccanismi di pagamento, consentendo risparmi sui costi operativi e sulla fornitura di benefici; la possibilità di rendere i servizi sociali più vicini al punto di bisogno attraverso un’efficace identificazione e targeting dei beneficiari e l’estensione della copertura dei servizi ai soggetti o territori meno serviti.
Di chi ci parla il Quaderno?
Nel Quaderno ci sono il non profit e il privato altamente tecnologico (Google e Microsoft). Tuttavia, a questi due soggetti non possiamo non aggiungerne un terzo: il soggetto pubblico ovvero lo Stato e le regioni, l’amministrazione statale, l’ente locale, l’azienda sanitaria, a ciascuno dei quali competono specifiche funzioni normative, amministrative, di programmazione e finanziamento delle reti dei servizi sociali sul territorio, all’insegna dell’attuazione dei diritti sociali espressamente riconosciuti e garantiti dalla Costituzione italiana, ma anche dai Trattati europei.
Questa osservazione, suggerisce un’ulteriore importante domanda.
Chi governa la trasformazione digitale nel welfare?
La mia risposta è che essa è e deve essere governata dall’Unione Europea e dagli Stati nazionali. Spetta cioè alle istituzioni democratiche adottare norme, indirizzi e finanziamenti per regolare e governare la trasformazione digitale in funzione della garanzia del rispetto dei diritti fondamentali delle persone, dell’uguaglianza e della solidarietà.
Lo stanno facendo? Come lo stanno facendo?
Al riguardo, possiamo sottolineare uno sforzo normativo straordinario da parte dell’UE, dapprima attraverso la promozione della digitalizzazione dell’assistenza e della sanità elettronica, oggi attraverso la regolamentazione della società digitale per mezzo di una vera e propria alluvione di norme: sul mercato digitale, i servizi digitali, il governo dei dati, l’intelligenza artificiale 1.
A questi atti normativi possiamo poi aggiungere alcuni documenti di valore politico di grande interesse come, per esempio, la Dichiarazione sui diritti e i principi digitali del 2023. Mi piace sottolineare che questo catalogo di diritti menziona la solidarietà e l’inclusione subito dopo il principio personalista, mettendo così al centro della trasformazione digitale innanzitutto la persona e suoi bisogni sociali di connessione, istruzione, formazione, condizioni di lavoro giuste e eque, servizi pubblici digitali on line.
Sul piano nazionale, lo sforzo maggiore è oggi concentrato sull’adempimento e l’effettiva implementazione dell’aggiornamento tecnologico previsto nel PNRR, il Piano Nazione di Ripresa e Resilienza.
E il Terzo Settore, in questo contesto, cosa può fare?
Il Terzo Settore, come nella tradizione consolidata del nostro paese, può essere un grande alleato del soggetto pubblico nel processo di implementazione dei diritti sociali all’interno del Digital welfare, per lo meno sotto due profili.
Innanzitutto, può trovare nuove modalità di erogazione delle prestazioni e dei servizi tradizionali, cioè “fare le stesse cose, diversamente”, conseguendo miglioramenti in termini di efficacia e appropriatezza ai bisogni. Per esempio, erogando prestazioni a distanza può assicurare una maggiore personalizzazione delle prestazioni, estendere l’ambito territoriale dei servizi offerti garantendo copertura anche in territori disagiati, migliorare il coordinamento tra gli operatori.
Da un secondo punto di vista, il Terzo Settore può, tramite le ICT, intercettare nuovi bisogni sociali, cioè “fare cose diverse e nuove”. Per esempio, erogando corsi di alfabetizzazione digitale per il recupero del digital divide che affligge fasce intere della popolazione (anziani, stranieri, persone con svantaggio culturale); progettando ed erogando servizi per garantire la connettività digitale a chi ne è totalmente o parzialmente privo (comodato gratuito di dispositivi elettronici, punti d’accesso condiviso alla rete, …); fornendo assistenza digitale per pratiche amministrative o acquisti privati; progettando ed erogando servizi per il contrasto alla dipendenza digitale di adulti e giovani.
La sfida del digitale al Terzo Settore è appena iniziata. Non resta che raccoglierla, mantenendo al centro le persone e i loro diritti, all’insegna della solidarietà e dell’uguaglianza.
Note
- Tra cui possiamo ricordare: Digital Markets Act (DMA, reg. 2022/1925), Digital Services Act (DSA, reg. 2022/2065), Data Governance Act (DGA reg. 2022 868) + Artificial Intelligence Act (AIA, 2024).