La situazione delle carceri italiane è estremamente preoccupante, con un sovraffollamento che supera di gran lunga la capacità dei centri di detenzione. L’ultimo rapporto dell’associazione Antigone ha certificato un tasso affollamento del 117,2%, con picchi che arrivano fino al 200%, ad esempio, a Brescia e Canton Monbello.
Il sovraffollamento non è solo un problema logistico, ma ha gravi ripercussioni sulla qualità della vita dei detenuti, che vivono in condizioni estremamente precarie (strutture fatiscenti, scarsa igiene, insufficiente accesso a cibo e assistenza medica). Un chiaro indicatore di queste condizioni è il tasso di suicidio in carcere, molto più elevato rispetto alla popolazione non ristretta. Il Dossier sui suicidi in carcere di Antigone ha registrato almeno 100 morti suicidi tra il 2023 e la metà di aprile 2024. Le condizioni di vita in carcere mettono dunque a rischio la salute fisica e mentale dei detenuti e ostacolano i processi di riabilitazione e reinserimento sociale che dovrebbero coinvolgerli.
In questo contesto nel 2018 è stato avviato “Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza“. Il progetto è nato da un’esperienza locale realizzata da decenni dalla Compagnia della Fortezza, nel carcere di Volterra, ed è attivo in 15 carceri italiane, con il coinvolgimento di oltre 1.000 detenuti finora, e propone diverse attività legate al mondo del teatro.
“Per Aspera ad Astra”, che in questi giorni ha lanciato il proprio sito internet, con cui avrà la possibilità di raccontarsi in maniera diretta, mira non solo a migliorare la qualità della vita all’interno delle carceri, ma anche a facilitare il reinserimento dei detenuti nella società, contribuendo così alla riduzione della recidiva e alla costruzione di un sistema penitenziario più rispettoso dei diritti umani. Attraverso il teatro, come detto.
Promosso da Acri e sostenuto da 11 Fondazioni di origine bancaria, “Per Aspera ad Astra” rappresenta una collaborazione innovativa tra Fondazioni, compagnie teatrali, direttori degli istituti penitenziari, personale carcerario e detenuti stessi. Questo tipo di collaborazioni è sempre più diffuso ed è segno di una filantropia che si basa sul riconoscimento e la valorizzazione dell’apporto di tutti gli attori della comunità. Un tema che approfondiremo anche nel progetto Intrecci, che partirà tra pochi giorni.