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Part-time involontario in Italia: proposte per un mercato del lavoro più equo

Un recente Report del Forum Disuguaglianze e Diversità offre una panoramica completa sul part-time involontario in Italia, evidenziando le sue cause e conseguenze, con proposte per migliorare l'equità di genere e la qualità del lavoro.

In Italia, il fenomeno del part-time involontario sta assumendo proporzioni allarmanti, come attestato dal recente rapporto “Da conciliazione a costrizione: il part-time in Italia non è una scelta. Proposte per l’equità di genere e la qualità del lavoro redatto dal Forum Disuguaglianze e Diversità e presentato il 6 maggio al Senato.

Secondo il documento, nel 2022 in Italia oltre il 56,2% dei lavoratori e lavoratrici part-time non ha volontariamente scelto questa modalità contrattuale, ma vi è stato costretto o l’ha accettata per necessità. In particolare, il fenomeno del part-time involontario colpisce soprattutto le lavoratrici, con una percentuale del 16,5% rispetto al 5,6% degli uomini; questo anche perché, in generale, il part-time è maggiormente diffuso tra le donne, che rappresentano oltre il 60% dei dipendenti part-time nelle imprese.

L’aumento del part-time involontario è evidente nel periodo dal 2004 al 2018, con una percentuale che è quasi raddoppiata. Questa tendenza è preoccupante se confrontata con altri Paesi europei ed evidenzia una situazione particolarmente critica in Italia. Mentre nella media dell’Unione Europea i lavoratori/trici in part-time involontario sono meno di un quarto (19,7%), in Italia sono più di uno su due (56,2%), indicando una connessione più stretta tra l’adozione del part-time e le strategie aziendali piuttosto che le esigenze individuali di conciliazione lavoro-vita privata.

Il rapporto del Forum Disuguaglianze e Diversità sottolinea inoltre che le imprese che implementano il part-time in modo strutturale tendono ad essere grandi e operare principalmente nei settori dei servizi, del commercio e del turismo, soprattutto nel Sud e nelle Isole. Queste aziende spesso utilizzano contratti atipici e offrono una minore tutela dei lavoratori rispetto alle aziende più moderne. Nonostante le clausole flessibili introdotte dal Jobs Act, il part-time involontario in Italia è più spesso il risultato della necessità delle imprese di ridurre i costi del lavoro anziché quello di soddisfare le esigenze di conciliazione dei lavoratori.

Il quadro delineato dal report richiede, secondo i curatori, azioni concrete per invertire questa tendenza. Il gruppo di lavoro del Forum ha individuato tre aree di intervento prioritario:

  • Intervenire sulla contrattazione: associare il part-time al tempo indeterminato, migliorare gli strumenti per la tutela contrattuale, prevedere che i contributi previdenziali di chi lavora part-time costino di più, costruire una gradualità nella quota progressiva del costo contributivo a carico del datore di lavoro. 
  • Disincentivi alle forme involontarie di part-time: inserire un sistema di denuncia per il lavoratore o la lavoratrice, costruire una politica di incentivazione per la trasformazione da contratto part-time a contratto full time. 
  • Aumento dei controlli: aderire alla raccomandazione europea che prevede l’aumento degli ispettori del 20% monitorando le clausole concordate nella contrattazione, i contributi annui sufficienti a raggiungere la soglia, le ore effettivamente lavorate coerenti con quelle previste nel contratto.

 

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Foto di copertina: Mikael Blomkvist, pexels.com