Anche il Portogallo ha un problema demografico.
Il Paese iberico è uno dei più vecchi al mondo e, secondo Eurostat, nel 2023 ha registrato il tasso di dipendenza dagli anziani più alto di tutta l’Unione Europea. Il rapporto tra il numero di anziani (65 anni e più) e il numero di persone in età lavorativa (15-64 anni) raggiunge il 38%. Più alto anche dell’Italia che, insieme alla Finlandia, viene subito dopo con il 37,8%.
Tra le ragioni di questa situazione vi sono anche i bassi livelli di natalità e fecondità 1.
Il numero di nascite del 2021, fermo a 79.500 anche a causa della pandemia, è stato il minimo storico da quando esistono i rilevamenti. Anche il tasso di fecondità, arrivato a 1,35 figli per donna, è stato tra i più bassi di sempre.
In un appello pubblicato ad inizio 2022 sul quotidiano Publico, Ana Fernandes e Paulo Machado dell’Associazione portoghese di demografia hanno chiesto ai politici di affrontare con maggiore forza la crisi demografica che, a loro giudizio, è “il risultato di una tendenza strutturale… che, se continuerà a lungo termine, porterà alla decadenza e all’impoverimento”.
Eppure, in un quadro molto simile a quello italiano, ci sono segnali di potenziale cambiamento e, soprattutto, elementi che differenziano il Portogallo dal nostro Paese, in particolare la gestione dei flussi migratori.
Questo articolo è parte di Denatalitalia, la serie con cui Secondo Welfare analizza numeri, modelli e politiche per capire se e come si può affrontare il calo demografico italiano. Lo fa guardando anche a quanto stanno facendo altri Paesi, per fornire esempi concreti che potrebbero essere seguiti anche in Italia. |
Un Paese che invecchia
Nel 1960, il Portogallo aveva uno dei tassi di fecondità totale più alti di tutta Europa, con oltre 3 figli per donna. Il dato è andato calando, ovviamente, ma ancora nel 2000, arrivava ancora a 1,55.
“Come molti altri Paesi, facciamo fatica da tempo”, spiega Lara Tavares, coordinatrice del corso in studi della popolazione dell’Università di Lisbona, ma “il punto più basso è arrivato con l’austerità e la recessione”. Nel 2012, quando si sono fatte sentire le misure di austerità decise in seguito alla crisi del debito in UE, il tasso di fecondità totale è sceso a 1,28. Poi, è risalito fino a toccare un nuovo punto basso durante la pandemia.
Complessivamente, però, il tasso di fecondità totale del Portogallo è stato quasi sempre più elevato di quello italiano e ha mostrato diversi periodi di ripresa, sia negli anni Novanta sia nei Duemila.
Per Tavares però, è difficile trarre conclusioni valutando solamente questo indicatore su periodi così limitati. A suo giudizio, invece, è “importante guardare anche al numero di figli che hanno, nel complesso, le donne di una certa generazione”. “E questo sta calando negli ultimi 50 anni, da quando abbiamo la democrazia, in pratica”, dice riferendosi alla Rivoluzione dei garofani che nel 1974 ha messo fine alla dittatura di António Salazar.
Eppure, il Portogallo non ha delle politiche per la famiglia particolarmente carenti. Anzi. In una ricerca pubblicata nel 2019 dall’Unicef che metteva a confronto i Paesi Ue in questo settore, Lisbona si è piazzata quinta, soprattutto grazie a buoni voti per gli asili nido e i congedi di paternità (20 giorni più ulteriori cinque facoltativi).
A incidere molto sulle scelte riproduttive sembra essere la precarietà dei giovani e le difficoltà economiche ad essa legate. Secondo un recente studio della Fondazione Francisco Manuel dos Santos riportato dal Financial Times, in Portogallo oltre il 70% dei lavoratori fino a 34 anni guadagna meno di 950 euro al mese, più della metà ha contratti di lavoro precari e quasi un terzo sta pensando di emigrare.
Per Tavares, è da qui che bisogna partire.
“Non servono politiche per la fecondità in generale. Servono politiche per i giovani e per i loro bisogni”, dice. “C’è una generazione povera, per cui è difficile avere una casa e iniziare una famiglia. Cominciamo da qui”, aggiunge la professoressa che, in tal senso, valuta positivamente alcune misure prese dal governo del socialista Antonio Costa.
Costa è primo ministro dal 2015 e lo sarà fino a quando Luis Montenegro prenderà presumibilmente il suo posto tra qualche giorno, dopo i risultati delle elezioni politiche di inizio marzo. Secondo Tavares, Costa “non ha avuto una vera e propria politica per la fecondità”, ma i suoi Governi si sono concentrati su alcune misure concrete, come quella per gli asili nido.
“In Portogallo, la percentuale di donne che lavora è più alta che in italia e quindi i nidi sono essenziali”, commenta la docente. Nel 2021, il governo ha varato un percorso di cinque anni che, progressivamente e partendo dai nuclei famigliari meno abbienti, dovrebbe rendere gratuiti gli asili nido per tutti. “Attualmente - conclude Tavares - la misura riguarda il 15% circa della popolazione. È ancora presto per dire se funziona” ma sicuramente è stata tracciata una chiara linea.
Nel frattempo, però, qualcosa è già cambiato.
Le nascite sono tornate a salire.
Una popolazione che, comunque, cresce
In Portogallo, i nuovi nati sono stati oltre 83.000 nel 2022 (+5,1% rispetto al 2021) e più di 85.000 lo scorso anno (+2,3% rispetto al 2022). I dati dell’Istituto nazionale di statistica (ancora provvisori per il 2023) spiegano che il tasso di fecondità totale è salito a 1,43 figli per donna anche se il saldo naturale della popolazione è comunque rimasto negativo, a -40.000 unità circa perché, in un Paese che abbiamo visto è molto vecchio, il numero dei morti continua a superare quello dei nati.
Nonostante questo, però, prosegue l’Istituto nazionale di statistica, “nel 2022, la popolazione residente in Portogallo è stata stimata in 10.467.366 persone, con un aumento di 46.249 abitanti rispetto all'anno precedente”. Non solo. Il tasso grezzo di incremento della popolazione, prosegue un comunicato stampa, “è stato positivo (0,44%) per il quarto anno consecutivo”.
Il Portogallo, insomma, è un Paese vecchio e che fa pochi figli.
Ma la sua popolazione comunque cresce. E questo accade grazie alla migrazione.
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“L'aumento della popolazione osservato nel 2022 deriva dall'aumento del tasso grezzo di migrazione netta allo 0,83%, il valore più alto registrato dal 2017”, spiega l’Istituto nazionale di statistica. Nel 2022 117.000 immigrati sono arrivati in Portogallo, mentre circa 30.000 emigrati lo hanno lasciato, portando a un saldo migratorio positivo per il sesto anno consecutivo.
“Per quanto riguarda il panorama europeo, credo che le politiche portoghesi in materia di migrazione siano più accoglienti o, direi, più umanitarie”, sostiene Jorge Malheiros, docente presso l'Istituto di geografia e pianificazione territoriale dell'Università di Lisbona (IGOT-UL).
Nel 2022, l’Ansa ha battuto una notizia secondo la quale i cittadini stranieri in Portogallo sono raddoppiati rispetto a dieci anni prima, diventando quasi 800.000. Il periodo coincide in larga parte con i governi guidati dal primo ministro socialista Costa.
L’esecutivo è intervenuto nel 2017 sulla legislazione in vigore per ampliare e semplificare la regolarizzazione per motivi di lavoro dei cittadini stranieri presenti irregolarmente sul territorio. Come ha scritto Maria Chiara Locchi sulla rivista Diritto, immigrazione e cittadinanza, l’attuale norma consente “al lavoratore migrante di valorizzare le proprie capacità di inserimento nel tessuto socio-economico, anche se ancora non si è ottenuto un rapporto di lavoro, e al datore di lavoro di impegnarsi ad assumere il lavoratore straniero senza incorrere in responsabilità amministrative”.
Il governo di Costa si era distinto anche per una regolarizzazione straordinaria annunciata all’inizio della pandemia di Covid-19, nel marzo 2020. Il provvedimento era stato molto elogiato, ma si era attirato anche diverse critiche.
Un governo che accoglie
Del resto, è tutta la situazione dei migranti in Portogallo a presentare sia luci sia ombre.
Da un lato, il Paese, complice anche la presenza di folte comunità straniere provenienti da Paesi come il Brasile in cui si parla portoghese, garantisce mediamente buoni livelli di integrazione. Il Portogallo, per esempio, figurava terzo sia nell’edizione 2014 sia nell’edizione 2020 del Mipex, l’indice che misura il livello di integrazione dei cittadini stranieri in un determinato Stato.
Dall’altro, la Fondazione dos Santos ricordava che più di un terzo dei migranti presenti in Portogallo nel 2022 aveva un contratto a termine e correva il rischio di finire sotto la soglia di povertà. I cittadini stranieri, riportava sempre l’Ansa, “svolgono i lavori più duri e pericolosi, per esempio nell'edilizia, guadagnando uno stipendio mediamente più basso del 5,3%. Sono inoltre responsabili di un saldo positivo di 1 miliardo e 600 milioni di euro del sistema previdenziale nazionale, del 17% di nuove nascite e di oltre 100 mila nuove iscrizioni nell'anno scolastico 2021/22”.
Le persone che migrano in Portogallo, quindi, limitano la portata della crisi demografica di Lisbona. Non la risolvono, certo, ma la rendono meno acuta. Non solo con la loro presenza ma anche contribuendo coi nuovi nati.
“In certi comuni il dato dei nuovi nati da genitori stranieri arriva al 25-30%”, riprende Malheiros, che ci spiega anche come il tema migrazione sia stato trattato nel dibattito pubblico portoghese in questi anni.
Inizialmente, prosegue, “la giustificazione per i nuovi arrivi è stata il mercato del lavoro. Diverse organizzazioni datoriali in settori come agricoltura, turismo ed edilizia hanno detto più volte che senza stranieri non avrebbero potuto resistere” e, tra 2011 e 2015, i governi di centro-destra guidati Pedro Passos Coelho, molto preoccupati per la tenuta dell’economia, si sono mostrati molto sensibili a questo tipo di sollecitazioni.
Poi, secondo l’esperto di migrazione, con l’arrivo al potere della sinistra di Costa, si è aggiunta anche la giustificazione demografica: “siamo un Paese vecchio e i migranti portano bambini, contribuiscono a rendere la popolazione più giovani e fanno figli”, spiega.
Un futuro incerto
Anche con questa idea in mente, nel 2022, l’esecutivo portoghese ha approvato nuove norme in materia di migrazione, con la creazione del visto d’ingresso per la ricerca lavoro, l’abolizione delle quote in ingresso e procedure semplificate per molte categorie di persone, tra cui cittadini e cittadine della Comunità dei Paesi di lingua portoghese (CPLP).
Il visto d’ingresso per la ricerca di lavoro è valido per un massimo di tre mesi e, secondo Malheiros, “é positivo perché soddisfa le esigenze dei datori di lavoro e, allo stesso tempo, rende visibili i migranti”. “É una soluzione - conclude il professore - che andrebbe sperimentata anche in altri Paesi”.
In Italia che, come abbiamo avuto modo di raccontare, ha diversi elementi in comune con la situazione portoghese, una misura simile al visto portoghese non sembra essere all’ordine del giorno. Anzi, proprio ieri si è tenuto l’ultimo click day per il decreto flussi 2024, che ha si aumentato i numeri dei lavoratori stranieri in arrivo, ma ha anche confermato le problematiche di un impianto basato sulle quote in ingresso, che non a caso Lisbona ha abolito.
Più in generale, in Europa non sembra esserci molto appetito politico per provvedimenti che favoriscono l'immigrazione, nonostante i dati indichino effetti apparentemente positivi anche sul fronte demografico.
Ma del resto, anche nello stesso Portogallo il clima è cambiato. Alle ultime elezioni i populisti di estrema destra Chega sono arrivati terzi, con poco più del 18%, raddoppiando il risultato del 2022 e ottenendo 48 seggi al parlamento. In materia di immigrazione, il partito ha posizioni molto dure, a volte apertamente razziste. Ora, Chega sembra che non parteciperà al Governo che il centro-destra sta cercando di formare, ma il suo successo elettorale potrebbe condizionare comunque le scelte del prossimo esecutivo. E quindi anche il modo in cui il Portogallo affronterà la sua crisi demografica.
Note
- La natalità è la quantità di nascite in un dato periodo. La fecondità è il numero di figli per donna.