5 ' di lettura
Salva pagina in PDF

Anche Milano entra a fare parte del progetto “100 Resilient Cities”, network promosso dalla Rockefeller Foundation per diffondere e sviluppare in tutto il mondo strategie urbane improntate alla resilienza. Ma che cosa sono le città resilienti? Quali spazi si possono aprire per le città italiane, in particolare sul fronte sociale?


Cosa sono le città resilienti?

La resilienza viene definita in fisica come la capacità dei materiali di resistere agli urti senza spezzarsi. Trasferita sul piano sociale, consiste quindi nella capacità di individui, comunità, istituzioni e imprese di una città di sopravvivere, adattarsi e crescere quando colpite da eventi ad impatto potenzialmente, o effettivamente, negativo. Questi eventi possono caratterizzarsi come shock improvvisi (terremoti, alluvioni, epidemie, attacchi terroristici, ecc.), il che rende il concetto particolarmente interessante per il nostro Paese, consideratone l’assetto idro-geologico, ma anche come problemi cronici (disoccupazione, carenza di abitazioni accessibili, problemi di mobilità, ecc.), aprendo nuovi spazi di riflessione anche nella prospettiva delle politiche sociali.

La resilienza tuttavia non implica solo strategie di risposta e adattamento, ma anche percorsi trasformativi atti a migliorare le città sia durante le fasi “negative” che in quelle “positive”, in un’ottica di prevenzione. Le città resilienti, infatti, prendono consapevolezza della propria esposizione a determinati rischi e conseguentemente predispongono un piano proattivo ed integrato per prevenirli e, in caso di necessità, reagire in modo efficace.

A questo scopo è importante migliorare la resilienza dei singoli sistemi che compongono una città, i quali come vedremo meglio sono fortemente interconnessi, perché così facendo si migliorerà la resilienza della città nel suo insieme, rendendola capace di reagire prontamente agli eventi traumatici – anzi, nella migliore delle ipotesi, di uscirne più forte. Si tratta di un processo che richiede lo sviluppo di qualità come capacità di apprendimento; flessibilità e differenziazione (cioè piani alternativi); integrazione tra soggetti; inclusività e adattamento.


Il City Resilience Framework

Al fine di meglio comprendere questo concetto, Arup, con il supporto della Rockefeller Fooundation, ha elaborato il City Resilience Framework, un quadro che offre una lente per comprendere la complessità delle città, identificare le aree di criticità e rischio e le risorse disponibili per predisporre un piano di azioni e programmi che possano migliorarne la resilienza (Figura 1). L’obiettivo è anche di offrire un linguaggio comune e un framework condiviso che possa favorire le città nello scambio di esperienze e conoscenze.

Figura 1 – Il City Resilience Framework

Fonte: www.100resilientcities.org

Il Resilience Framework si compone di 4 dimensioni a loro volta suddivise in 3 drivers:

  • Health & Wellbeing (salute e benessere). Chiunque viva e lavori in città dovrebbe avere accesso a quanto necessario per sostentarsi e stare bene, realizzarsi. Questo obiettivo richiede disponibilità di beni e servizi di prima necessità (acqua potabile, riparo, ecc.), di servizi di welfare e opportunità di lavoro;
  • Infrastructure & Environment (infrastrutture e ambiente). Si riferisce al sistema di strumenti, sia naturali che opera dell’uomo, che proteggono e connettono le risorse urbane consentendo il flusso di beni, servizi e conoscenze;
  • Economy & Society. Il sistema economico e finanziario deve consentire agli individui di vivere pacificamente e agire collettivamente;
  • Leadership & Strategy. Si riferisce ai processi che promuovono processi inclusivi di decision-making, l’empowerment degli stakeholders e strumenti di pianificazione integrata.

Complessivamente, questi 12 driver costituiscono la capacità di resilienza di una città rispetto a shock e stress.

Questo quadro analitico ci richiama immediatamente alla mente i framework delle smart cities, tanto che spesso le città intelligenti e quelle resilienti vengono fatte coincidere. I due concetti però, pur fortemente interconnessi, non sono coincidenti e non vanno confusi. E’ chiaro che gli strumenti intelligenti aiutano una città a divenire resiliente, ma non la rendono automaticamente tale. Permangono inoltre sostanziali elementi di differenza tra le due: ad esempio, mentre la smart city punta sull’efficienza e, quindi, sull’eliminazione delle “ripetizioni” che rappresentano un costo per la comunità, la città resiliente presenta caratteristiche di ridondanza e diversità, puntando ad esempio sulla creazione di alternative (strade, mezzi di trasporto, approvvigionamento di risorse), così da prevenire stati di crisi.


Il progetto

100 Resilient Cities è un progetto promosso dalla Rockefeller Foundation per aiutare le città a diventare più “resilienti” rispetto alle attuali sfide di natura sociale, economica e ambientale/geologica. Perché le città? In primo luogo perché il mondo sta vivendo una rapida urbanizzazione: nel 2050, il 75% della popolazione urbana vivrà in città. In secondo luogo, le pressioni globali che si sviluppano al livello del tessuto cittadino (dai cambiamenti climatici, alle pressioni socio-economiche) aprono nuove sfide e incertezze. Poiché come detto gli spazi urbani sono composti da sistemi interconnessi, i malfunzionamenti anche di uno solo possono comportare danni sequenziali fino a crolli fisici, economici o sociali. Costruire città resilienti rappresenterebbe quindi un obiettivo importante per la sicurezza futura delle città.

Che cosa offre il progetto? Le città che fanno parte del network verranno supportate nell’elaborazione di una strategia verso la resilienza attraverso 4 strumenti:

  • supporto finanziario e logistico per l’istituzione di una specifica figura all’interno dell’amministrazione, il Chief Resilience Officer, che si occuperà dell’implementazione di una strategia atta al perseguimento della resilienza;
  • supporto tecnico nello sviluppo di una strategia costruita sulle esigenze specifiche della città, strategie che non sarà statica, ma da perfezionare costantemente in un ottica di apprendimento e adattamento continuo;
  • accesso a una piattaforma di servizi e contatti con partners provenienti dal settore pubblico, privato e non profit che possano collaborare all’implementazione della strategia;
  • inserimento nel network di 100 Resilient Cities, rete che favorisce lo scambio di conoscenze/best practices e l’aiuto reciproco con le altre città coinvolte.

Avviato nel dicembre 2013 con il coinvolgimento di 32 città disseminate in tutti i continenti, alla call del 2014 ha visto la candidatura di 330 nuove città e la selezione di 35 di loro tra cui Milano, che andrà ad affiancare nel network l’altra città italiana, Roma. Una nuova call è prevista per il 2015.

L’esempio di Milano

Pochi giorni fa Milano è stata inclusa, insieme ad altre 35 città, nel network delle città resilienti. Il caso di Milano può aiutarci a comprendere meglio cos’è e su quali sfide si concentra una città resiliente.

Le aree di intervento identificate vertono sostanzialmente intorno a due aspetti.

Il primo coincide con l’impatto della crisi economica e la contrazione delle risorse. In particolare, si riscontra una forte carenza di abitazioni accessibili, sia dal punto di vista dell’housing sociale che dell’edilizia residenziale pubblica, oltre che notevoli difficoltà circa la riqualificazione degli edifici storici. A ciò si aggiunge un rischio crescente di disordini sociali dovuti alla mancanza di equità e accesso ai servizi pubblici – rischio confermato dagli scontri avvenuti recentemente.

Il secondo aspetto invece ha a che fare con la sostenibilità: la città, tra le più trafficate e tra le più “bisognose di energia” d’Italia, sta lavorando sul contenimento degli effetti dei cambiamenti climatici, in particolare sull’uso dell’energia durante le ondate di caldo e sul rischio idraulico.

La città ha sì tanti problemi da affrontare, ma anche tante risorse che potrebbero favorire la costruzione di una città resiliente: “Milano si è distinta per il suo profilo e la sua influenza a livello internazionale, non solo come centro tra i più industrializzati e a più alta densità abitativa d’Europa, ma anche quale hub mondiale della finanza, del design e della cultura”, ha affermato Peter Madonia, Chief Operating Officer, The Rockefeller Foundation. “In virtù del suo nuovo status di Città Metropolitana e con l’avvicinarsi di Expo 2015, Milano ha la grande opportunità di sviluppare progetti pilota secondo modelli innovativi che possano essere estesi ad alti centri urbani, a livello nazionale e nel mondo, diventando così città leader per l’impegno a sviluppare resilienza attraverso il Programma 100 Resilient Cities”. “Grazie anche alla collaborazione con il Politecnico di Milano, l’Agenzia di Mobilità Ambiente e Territorio e il Kyoto Club, abbiamo ora una preziosa occasione per elaborare con “100 Resilient Cities” una strategia urbana di riqualificazione che parta dalle periferie, con interventi integrati di qualità per rendere la città sempre più capace di rispondere alle esigenze ambientali e sociali in modo appropriato e innovativo” ha spiegato invece il vicesindaco e Assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Ada Lucia De Cesaris.
 

Riferimenti

100 Resilient Cities

Comunicato Comune di Milano

The Resilient Dividend


Potrebbe interessarti anche:

Smart Cities, le città intelligenti

Da Roma a Milano, cosa succede nelle periferie italiane?

  

Torna all’inizio