In Italia esistono più di 10.000 “piccole scuole”, cioè istituti che accolgono un numero ridotto di alunni rispetto alla maggior parte delle altre scuole. Questo perché spesso si trovano in territori geograficamente isolati.
Come spiega Donata Columbro su L’Essenziale, “il Movimento delle piccole scuole, fondato nel 2017 e sostenuto dal Ministero dell’istruzione tramite Indire, ha attivato una raccolta dati tramite adesione diretta degli istituti: a oggi ne hanno registrati 8.848“. Si tratta di importanti luoghi di socializzazione e di apprendimento non solo per gli studenti, ma anche per le comunità locali, soprattutto in territori dove esercizi commerciali, infrastrutture e opportunità scarseggiano.
Nonostante limitazioni di connessione e di attrezzature queste scuole, specialmente durante la pandemia, hanno cercato investire in ambito digitale, utilizzando strumenti come tablet e app per la didattica a distanza e individuando nuove strade per garantire l’insegnamento. Che sono rimaste anche dopo la fine dell’emergenza (un tema interessante, di cui Secondo Welfare si è occupato con la serie Oltre la Dad).
L’articolo è parte del progetto A Brave New Europe – Next Generation, che tra i suoi temi approfondisce, appunto, anche quello della digitalizzazione.