Il welfare aziendale richiede professionalità preparate. Negli ultimi anni abbiamo raccontato come i servizi e i benefit di welfare che le imprese mettono a disposizione dei propri collaboratori siano sempre più diffusi. Ed è proprio per questo che un numero crescente di organizzazioni è alla ricerca di figure professionali in grado di gestire il processo di implementazione del welfare in azienda.
Secondo l’indagine “Investire nella genitorialità“, ricerca affidata da Fondazione Ulaop-Crt a Social Value Italia che ha coinvolto 142 imprese con sede in Piemonte, il 43,3% delle aziende ha introdotto la figura del Welfare Manager (anche grazie ai finanziamenti previsti dalla Regione con la strategia WeCaRe).
Si tratta soprattutto di figure interne all’organizzazione (72% dei casi), che sono state formate e hanno seguito dei corsi specifici; in prevalenza sono esperti dell’ambito delle risorse umane (41%) oppure appartenenti alla direzione dell’impresa (25%) o all’amministrazione (20%).
Una figura richiesta e riconosciuta
La maggiore diffusione di questa figura e la progressiva rilevanza del ruolo del welfare in azienda ha portato ad un riconoscimento del Welfare Manager. La Regione Lombardia, ad esempio, lo ha inserito nel 2020 all’interno del Quadro regionale degli standard professionali, lo strumento che inquadra e definisce i profili professionali, le competenze richieste e i percorsi formativi necessari.
Inoltre, nel 2021, una serie di enti ha promosso la Prassi UNI/PdR 103:20211 in tema di “Welfare aziendale – Requisiti per la progettazione, la realizzazione e valutazione di progetti di welfare aziendale e requisiti di competenza del Welfare Manager”. Secondo la Prassi, il Welfare Manager svolge una serie di attività essenziali per la definizione del piano di welfare, come:
- l’analisi e la classificazione dei bisogni, in modo da comprendere le caratteristiche sociali, demografiche, economiche, culturali e valoriali dei lavoratori e delle lavoratrici;
- la definizione del piano strategico riferito agli interventi di welfare aziendale, alla luce delle priorità aziendali, delle risorse finanziarie disponibili e dell’articolazione temporale attribuita al progetto;
- la progettazione e la realizzazione degli interventi, quindi l’individuazione delle misure da implementare, grazie alla collaborazione o alla partnership con fornitori o provider;
- la misurazione dei risultati e il monitoraggio del piano, allo scopo di comprendere e valutare l’impatto dell’intervento realizzato e, di conseguenza, intervenire con eventuali modifiche e revisioni.
La Welfare Manager Factory
È proprio sulla base dei contenuti della Prassi UNI/PdR 103:2021 che è nato il percorso formativo Welfare Manager Factory (WMF), promosso da Percorsi di secondo welfare, eQwa e Walà. Si tratta di un corso pensato per formare professionisti del welfare aziendale: dura 30 ore, è fruibile totalmente da remoto ed è composto da 10 moduli formativi alla cui conclusione è possibile ottenere una certificazione di competenza emessa da un Istituto accreditato.
“Il nostro obiettivo”, spiega Sergio Sorgi, fondatore di eQwa, “è stato quello di realizzare un percorso per formare dei Welfare Manager ‘di qualità’. Questo vuol dire professionisti in grado di partire dai bisogni delle persone e dagli obiettivi del management per mettere a terra un piano di welfare che sia efficace nel raggiungimento dei suoi scopi e, al tempo stesso, efficiente in termini economici”.
“Per questo la Welfare Manager Factory ripercorre tutti gli step per la realizzazione di un piano di welfare aziendale, così come descritti dalla Prassi 103/2021. Questa Prassi, che nel 2026 auspichiamo si trasformi in una Norma di qualità, è nata dalla volontà di sottolineare come il welfare aziendale non sia un semplice strumento di sostegno al reddito, ma piuttosto un’opportunità per mettere al centro il benessere della persona”, continua Sorgi. A questo scopo “la prassi si concentra infatti sulle soluzioni sociali che le aziende possono realizzare, con particolare attenzione alle necessità e ai bisogni reali dei lavoratori”. Tutto ciò “ponendo attenzione anche all’investimento dell’impresa: perché il welfare è anche una spesa che deve creare un ROI, cioè un ritorno di investimento, per l’organizzazione”.
Per tornare a valorizzare il ruolo sociale del welfare aziendale
L’idea di WMF, dunque, è quella di una “scuola” che garantisca competenze che possano essere certificate e convalidate da un ente terzo vuole, dando così un’opportunità in più a professionisti e imprese che puntano sul welfare “nobile”, cioè incentrato sul valore sociale. Come sottolinea ancora Sorgi “il welfare aziendale non è solo uno strumento per accedere ad un vantaggio fiscale, ma è un mezzo per governare efficacemente un’impresa, proteggendo i lavoratori dai rischi e promuovendone il benessere. Ed è ancora più necessario oggi, nel momento in cui assistiamo a fenomeni rilevanti come quello delle grandi dimissioni o del quiet quitting”.
Inoltre non bisogna dimenticare che il welfare aziendale è sempre più essenziale in materia di sostenibilità. “Lo si attua per i lavoratori, per offrire soluzioni legate al benessere e non solo wellbeing. Anche per questo gli obiettivi di un piano di welfare dovrebbero essere riconducibili ad alcuni degli indicatori SDGs (Sustainable Development Goals, ndr) delle Nazioni Unite, ad esempio “Salute e benessere” (3), “Istruzione di qualità” (4), “Uguaglianza di genere” (5), “Lavoro dignitoso e crescita economica” (8), “Ridurre le diseguaglianze” (10), “Città e comunità sostenibili” (11), “Consumo e produzione responsabili” (12)”, conclude Sorgi.
In questa direzione il welfare aziendale – costruito secondo logiche attente al suo impatto – rappresenta un’opportunità per le imprese che vogliono investire in ambito sociale. Sempre più spesso si parla di fattori ESG (Environmental, Social, Governance), ma sono poche le organizzazioni che considerano realmente la dimensione “S”, cioè “Social”. Le misure, i benefit e le prestazioni sociali per i lavoratori e le lavoratrici sono una strada privilegiata proprio per concretizzare l’investimento delle imprese in questa direzione.
Non dunque un’operazione di “washing”, ma un’opportunità per posizionarsi in maniera convincente sul mercato. Perché un welfare aziendale ben fatto è anche un biglietto da visita verso i consumatori, sempre più attenti ai comportamenti delle aziende. La valorizzazione delle proprie risorse umane attraverso professionisti competenti è infatti una questione cruciale per quelle organizzazioni che vogliono valorizzare le logiche di sostenibilità.
Note
- Le Prassi di Riferimento (PdR) di UNI hanno l’obiettivo di introdurre prescrizioni tecniche o modelli applicativi settoriali quando non ci sono norme né progetti di norma nazionali, europei o internazionali. Definiscono quindi degli standard di qualità non vincolanti, che rappresentano però un valore aggiunto per chi li applica.