Dei fondi della Politica di coesione Ue è raro che si parli. Ma negli ultimi mesi sta succedendo più spesso.
Il Governo Meloni, infatti, vuole rinegoziare con la Commissione UE non solo il PNRR, ma anche l’accordo di partenariato che regola l’utilizzo proprio di questi fondi europei. Con un recente decreto legge, l’Esecutivo ha cambiato la governance del PNRR e ha toccato anche quella della Politica di coesione. Inoltre, secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, vorrebbe anche spostare sotto il capitolo della coesione i progetti del PNRR che sono in ritardo, in modo da poterli completare entro il 2029, guadagnando così tre anni in più. Il Governo con questa mossa punta a centralizzare molti dei processi, nella speranza che questo faciliti l’utilizzo delle risorse. Certo, bisognerà vedere se e come il decreto sarà convertito dal Parlamento, ma intanto è utile capire il contesto in cui il provvedimento ha visto la luce.
Partiamo dal presupposto che tutto questo fermento avviene in un momento delicato.
A causa della pandemia, la programmazione 2021-2027 della Politica di coesione è appena cominciata, con più ritardo del solito. Cambiare le modalità di utilizzo in questa fase potrebbe causarne di ulteriori. Andando a incidere negativamente anche sul nostro sistema di welfare. Vediamo perché.
Fondo sociale europeo+
La Politica di coesione è una delle fette più significative del bilancio UE e, come stiamo spiegando col progetto A Brave New Europe, ha l’obiettivo di ridurre le differenze fra i territori e garantire le stesse opportunità a tutti i cittadini europei. Come tutto il bilancio comunitario, anche questa politica si articola in programmi di sette anni. L’ultimo a concludersi è stato quello 2014-2020, ma i contributi economici destinati ai vari Stati possono essere spesi fino a fine 2023.
La nuova programmazione 2021-2027, che come detto è appena partita, è composta da 29 programmi, tra nazionali e regionali. Complessivamente, tra risorse europee e cofinanziamento nazionale, stiamo parlando di 75,3 miliardi di euro, che sono destinati, principalmente, a due fondi: il FESR – Fondo europeo di sviluppo regionale e l’FSE+ – Fondo sociale europeo+.
Il sostegno al sistema di welfare arriva soprattutto dal secondo che, spiega l’esperto di fondi UE Antonio Bonetti, “è il principale strumento di finanziamento dell’UE attraverso il quale trova attuazione il Pilastro europeo dei diritti sociali, il grande quadro a livello UE per dei servizi sociali di qualità, generativi”.
L’FSE+ ha una dotazione complessiva di 28,34 miliardi di euro, di cui poco meno della metà è garantita dallo Stato italiano, e sostiene interventi in tre ambiti principali:
- Occupazione
- Istruzione, formazione e competenze
- Inclusione e protezione sociale
“L’FSE+ rappresenta un importante strumento per affrontare la crisi socioeconomica causata dalla pandemia di Covid-19, per la ripresa verde, digitale e resiliente dell’UE e per incentivare gli investimenti in posti di lavoro, competenze e servizi”, spiega il sito Guida all’Europrogettazione, promosso da ACRI insieme a nove Fondazioni. “Nell’ambito dell’FSE+ ricadono inoltre specifiche iniziative dedicate all’economia, all’occupazione e all’innovazione sociale”, aggiunge la guida.
Inclusione e lotta alla povertà
L’FSE+ , così come il FESR, viene attuato tramite Programmi Nazionali e Regionali (PN e PR, in sigle)1, che sono previsti dall’accordo di partenariato e che hanno ciascuno la sua autorità di gestione. In alcuni casi i programmi possono riguardare entrambi i fondi. Accade per diversi Piani Nazionali che incidono, in vari modi, sul sistema di welfare.
Uno dei più importanti è il Piano Nazionale Inclusione e lotta alla povertà, che è gestito dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che vale circa 4 miliardi di euro. I fondi sono ripartiti in modo da dare di più a chi ha di meno, con 2,5 miliardi destinati alle regioni del Sud considerate meno sviluppate: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
“Questo programma va in nella direzione di un maggior coinvolgimento di tutti gli operatori del sistema di welfare allargato, di un rafforzamento degli Ambiti Territoriali e Sociali e dell’attuazione di azioni di capacity building specifiche per gli enti del terzo settore”, spiega Bonetti.
Le priorità del piano sono quattro e, in ordine di fondi destinati, sono:
- Sostegno all’inclusione sociale e lotta alla povertà
- Contrasto alla deprivazione materiale
- Child guarantee (su cui torniamo dopo)
- Interventi infrastrutturali per l’inclusione socio-economica.
Il programma si concretizzerà in bandi per sostenere progetti, che potranno essere consultati sul sito del Ministero a questa pagina.
Scuola e città
Guardando al welfare, tra i programmi misti FSE+ / FESR, sono interessanti anche il PN Scuola e competenze e il PN Metro plus e città medie Sud. Il primo vale 3,7 miliardi di euro, è gestito dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e, secondo Bonetti, “cerca di puntellare il sistema formativo e ad ampliare i servizi che le scuole possono mettere a disposizione di alunni e famiglie”. Il secondo, invece, è un ampliamento del piano che nella precedente programmazione riguardava solo le città metropolitane e ora tocca anche le città di medie dimensioni delle sette regioni del Sud considerate meno sviluppate.
“Il PN Metro Plus e Città medie Sud 2021-2027 – si legge sul sito del programma – anticipa nel nome un ulteriore elemento evolutivo: azioni rivolte a nuovi interlocutori, le città medie del Sud, che verranno coinvolte nel ruolo di beneficiari per progetti di rigenerazione di aree fragili, caratterizzate da disagio socio-economico e abitativo”. Il programma ha una dotazione di 3 miliardi di euro, da usare in ambiti molto variegati: dalla rigenerazione urbana alla mobilità Green, dal contrasto al disagio all’innovazione sociale, dall’economia circolare alla cultura e al turismo.
Secondo Bonetti, si tratta di un programma interessante perché, in passato, ha consentito di sperimentare e rendere strutturali nuovi modelli di intervento. Ad esempio, “il dibattito sull’Housing First2 è andato avanti per molti anni, ma è stato solo grazie alle risorse del PON Metro 2014-2020 che sono state stanziate delle risorse per applicare questa idea. È grazie a quel programma che sono state fatte le sperimentazioni e l’housing first è potuto diventare uno dei pilastri degli interventi per l’inclusione sia del PNRR sia del PN Inclusione e lotta alla povertà 2021-2027”.
Giovani, donne e lavoro
I programmi nazionali relativi al solo FSE+ sono meno numerosi, ma non meno importanti. Il PN Giovani, donne e lavoro, in particolare.
Il programma ha riunito quelli che nella precedente programmazione erano il PON Occupazione e il PON Garanzia Giovani e ha una dotazione di circa 5 miliardi di euro. La sua autorità di gestione è ANPAL, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro che, sul suo sito, spiega come il programma punti “a promuovere il lavoro e le competenze, a favorire l’occupazione di giovani, donne e persone fragili e a modernizzare i servizi per il lavoro e le politiche attive”.
“A livello nazionale, il PN si innesta nel processo di riforma del sistema delle politiche attive promosso dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Perno di tale riforma è il Programma per la Garanzia di occupabilità dei lavoratori (GOL), i cui obiettivi costituiscono principi generali dell’azione che informano anche il PN”, spiega il documento di programmazione.
Garanzia Giovani, in quest’ottica, pur non avendo più un programma esclusivo, rimarrà in funzione e, continua il documento, “si caratterizzerà come una specifica articolazione arricchita di GOL”.
Novità e assenze
“Se guardiamo al FSE+ nel suo complesso, vediamo una grande novità e una grande mancanza, un vulnus”, commenta Bonetti.
“Al di là degli slogan, la vera novità contenuta nel PN inclusione e lotta alla povertà è la Child Guarantee, la sua attuazione in Italia come seconda priorità di questo piano nazionale”, prosegue l’esperto. La Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea che ha istituito la Garanzia per l’infanzia, infatti, prevede che gli Stati Membri, in cui il tasso di povertà minorile è al di sopra della media europea, debbano utilizzare il Fondo sociale europeo Plus, nella misura di almeno il 5% dell’allocazione totale, in interventi specifici per il contrasto alla povertà infantile. E il nostro Paese si trova proprio in questa condizione.
“Il grande vulnus, invece, è l’invecchiamento attivo”, riprende Bonetti. “Quella dei nuovi servizi richiesti dai nuovi bisogni legati all’invecchiamento (che Secondo Welfare sta seguendo col Focus LTC, ndr) è una partita che manca completamente. E, a mio avviso, è molto grave. Vedo un buco nero sia in merito ai servizi di welfare per l’invecchiamento attivo sia per la spinta all’innovazione, anche tecnologica”, conclude.
Politica di coesione: cosa potrebbe cambiare?
Il quadro finora descritto non tiene conto delle scelte del Governo sulla Politica di Coesione che abbiamo indicato in apertura. Il decreto legge, se verrà convertito dal Parlamento nella sua formulazione attuale, potrebbe portare molti cambiamenti. Specialmente sul fronte delle strutture governative di riferimento dei vari Programmi.
L’autorità di gestione del PN Metro Plus e Città medie Sud, per esempio, era l’Agenzia per la coesione territoriale che, però, è stata chiusa per volere del ministro per gli Affari europei, Sud e Pnrr, Raffaele Fitto. Il recente decreto sul PNRR approvato in Consiglio dei Ministri, ha spiegato Fitto, “procede alla soppressione dell’Agenzia della coesione e alla riorganizzazione di queste competenze all’interno del Dipartimento delle politiche di coesione”.
Anche ANPAL, che è l’autorità di gestione del PN Giovani, donne e lavoro, sembra vivere momenti di incertezza. Come spiega Linkiesta, la ministra del Lavoro Marina Calderone sta cambiando i vertici dell’agenzia, per la quale si prospetta “l’ennesima fase di transizione in un momento in cui sarebbe necessario che l’agenzia funzionasse al meglio, con il programma GOL del PNRR e le politiche attive da implementare per il reddito di cittadinanza”.
Il condizionale usato all’inizio è d’obbligo. La volontà del Governo di rivedere l’accordo di partenariato in un’ottica di maggiore centralizzazione sembra essere stata momentaneamente stoppata dalla Commissaria UE alla Coesione Elisa Ferreira. Dopo aver incontrato il Ministro italiano a Bruxelles, la Commissaria ha dichiarato su Twitter che “migliorare l’impatto e l’efficienza degli investimenti finanziati dalla politica di coesione va di pari passo con il rispetto della loro natura territoriale e della logica regionale”. Per Il Sole 24 Ore, “è un altolà abbastanza secco alle intenzioni del ministro di accentrare la gestione dei fondi strutturali europei per la programmazione 2021-2027”.
Note
- I Programmi nazionali (PN) e i Programmi regionali (PR), nella precedente programmazione, si chiamavano Programmi operativi nazionali (PON) e Programmi operativi regionali (POR). Ora, i nomi sono cambiati ma le funzioni sono rimaste le medesime.
- L’approccio Housing First è nato agli inizi degli anni ’90 negli Stati Uniti per sostenere le persone senza dimora con necessità complesse, in particolare legate all’abuso di sostanze e/o al disagio psichico. Il presupposto di questo programma sta tutto nel suo nome, “housing first”, ovvero: la casa, prima di tutto. L’abitazione è vista come punto di partenza invece che come obiettivo finale di un percorso, invertendo il comune meccanismo di intervento di contrasto alla homelessness. Approfondisci.