La diffusione dello smart working ha stimolato nuove riflessioni sul lavoro negli ultimi anni. Ad esempio, molte organizzazioni si sono trovate a ripensare gli spazi in cui lavorano i propri collaboratori, come avevamo raccontato qui.
Lavoratrici e lavoratori, ma anche chi si occupa di HR, si trovano d’accordo nell’attribuire allo smart working un ruolo di crescente importanza. Eppure secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, dopo la pandemia si è ridotto il numero di lavoratori agili. Sono passati da oltre 4 milioni nel 2021, a circa 3,6 milioni nel 2022.
Su Il Post, viene proposta fa una riflessione sulla differenza, non sottile, tra lavoro da remoto e smart working e su vantaggi e svantaggi che comporta la scelta di una modalità di lavoro piuttosto dell’altra. Implementare lo smart working, infatti, non è semplice. Le aziende devono imparare a offrire soluzioni digitali e realmente flessibili, lavorando sulla propria organizzazione interna. A volte restare “al remoto” è apparentemente più facile, ma quasi sempre non si tiene conto dei costi “nascosti”.