Sempre più adolescenti in Italia subiscono gli effetti della povertà alimentare. Oltre all’incapacità di accedere a cibo adeguato e di qualità necessario al proprio sostentamento, per loro soffrire di povertà alimentare significa anche non poter vivere le occasioni sociali legate al cibo, vivere lo stigma che genera il vivere in una condizione di precarietà e le situazioni di stress che ne conseguono. Un insieme di bisogni e vissuti che producono conseguenze soprattutto sul piano del benessere psico-fisico e che possono avere effetti sul futuro oltre che sul presente.
È quanto emerge da “Cresciuti troppo in fretta”, indagine di ActionAid Italia su adolescenti che vivono in famiglie che, a causa della loro condizione di povertà alimentare, si rivolgono ad enti di assistenza.
Abbiamo chiesto a Roberto Sensi, coordinatore del progetto di ricerca, e Monica Palladino, ricercatrice che ha seguito ideazione, progettazione e realizzazione dell’indagine qualitativa, di raccontarci come è stata realizzata la loro indagine e quali sono i principali risultati che emergono.
Quali sono le ragioni che vi hanno spinti ad indagare la povertà alimentare tra gli adolescenti?
La scelta di indagare l’impatto della povertà alimentare su questo specifico gruppo sociale (11-17 anni, ndr) muove da due considerazioni. La prima è di carattere socio-economico: la povertà minorile in Italia è un fenomeno in continua crescita, come confermano ogni anno i dati Istat, e allo stesso tempo gli interventi di contrasto alla povertà alimentare si indirizzano prevalentemente alla famiglia e, solo in modo indiretto, agli adolescenti. Essendo la povertà alimentare una conseguenza della povertà, il suo impatto è più rilevante in termini quantitativi e qualitativi proprio su quei soggetti più esposti come, appunto, i giovani.
La seconda considerazione muoveva dal concetto stesso di povertà alimentare come fenomeno multidimensionale caratterizzato da spetti materiali, che si riferiscono alla quantità e qualità del cibo consumato, e immateriali, che hanno a che vedere con la socialità, la cultura e gli aspetti psicologici ed emozionali.
L’ipotesi, confermata poi dalla ricerca sul campo, era che la povertà alimentare producesse un impatto rilevante, caratterizzato da specifiche dinamiche e modalità, proprio sulle dimensioni non materiali della vita degli adolescenti, come ad esempio la socialità e il benessere psicofisico, che sono fattori fondamentali per la crescita di questi ragazzi.
Alla luce dei dati raccolti, quali sono i tratti distintivi del fenomeno della povertà alimentare tra gli adolescenti?
L’esperienza di povertà alimentare vissuta dagli adolescenti intervistati investe sia aspetti materiali che non materiali della loro vita, che peraltro sono tra loro interconnessi. Vengono condizionate negativamente sia la qualità e quantità del cibo che mangiano, sia la libertà di condividere cibo con gli amici e quindi le occasioni di socialità che al cibo sono collegate, incluso mangiare fuori insieme. Già la sola consapevolezza di non potersi permettere certe cose, e la decisione di voler evitare l’imbarazzo, rinunciando ad uscire con gli amici quando e come vorrebbero, è di per sé causa di disagio, ed è qualcosa a cui ragazzi di quest’età non dovrebbero essere costretti.
Rispetto agli aspetti materiali del “cosa” mangiano, a volte gli adolescenti devono rinunciare a cibi importanti per una sana alimentazione. In alcune testimonianze è venuto fuori come cibi fondamentali per la crescita e lo sviluppo, come carne e pesce fresco, scarseggino. La pasta, invece, c’è sempre e forse ne consumano pure troppa dato che capita che la mangino anche due volte al giorno. È venuta fuori anche una certa attitudine a mangiare cibi precotti e preconfezionati perché a volte è l’unica cosa da fare con genitori che lavorano tutto il giorno. E questo è un tratto distintivo di tutta la fascia di età presa in considerazione in questa analisi.
Tornando sulla questione della consapevolezza che gli adolescenti hanno della situazione economica della famiglia, questa è sicuramente un tratto distintivo dei risultati di questa indagine. La fascia di età che abbiamo preso in considerazione è piuttosto ampia, ma le risposte raccolte mostrano che l’essere maturi e consapevoli non riguarda solo gli adolescenti più grandi, come forse avremmo potuto aspettarci, ma in alcuni casi tale maturità è apparsa più marcata nella fascia di età più bassa, nonostante i tentativi da parte dei genitori di proteggerli cercando di nascondere loro le condizioni di disagio economico. Questi tentativi spesso falliscono perché c’è un momento, un punto limite in cui i genitori devono dire loro che in quel particolare momento non possono “accontentarli”, vuoi per il cibo oppure per qualche altra richiesta, come magari uscire con gli amici o partecipare a una gita. È di questo che si tratta quando parliamo di dimensione emozionale della povertà alimentare
Quali sono gli strumenti quali-quantitativi che avete utilizzato per analizzare il fenomeno? Quali gli elementi di innovazione di tali strumenti?
La scelta di usare un approccio di tipo quali-quantitativo si è rivelata utile per diversi motivi. I due approcci, da soli e insieme, hanno permesso di esplorare meglio quanto volevamo indagare. A guidare la nostra analisi è stato voler comprendere la povertà alimentare partendo dalla prospettiva di chi la vive sulla propria pelle. In questo senso, l’uso di un approccio qualitativo si è mostrato sicuramente quello più appropriato. Strumenti di indagine come interviste semi strutturate di tipo misto, anche con l’ausilio di strumenti visuali come fotografie e immagini (emoticon, ndr), sono state molto efficaci nello stimolare la riflessione e le risposte dei ragazzi.
Ma nella ricerca ci siamo occupati anche di numeri e di statistiche, perché sappiamo quanto siano importanti per altri aspetti. Un importante elemento di innovazione in questa indagine è come abbiamo integrato le due cose: l’attenzione agli strumenti di indagine statistica, per esempio è nata già al momento della definizione delle linee guida dell’intervista qualitativa. In quella fase abbiamo pensato di testare “sul campo” un questionario sperimentale fatto di domande a risposta chiusa (e quindi idonee ad indagini demoscopiche), legate alle condizioni in cui immaginavamo questi ragazzi si sarebbero potuti trovare a causa della povertà alimentare. Il questionario è stato auto compilato dai ragazzi a conclusione dell’intervista qualitativa e i risultati confermano la appropriatezza delle domande poste e la capacità che esse hanno di elicitare informazioni sulla esposizione a conseguenze negative della povertà alimentare che sono invisibili se indagate attraverso strumenti di indagine quantitativa esistenti al momento.
Mense scolastiche: uno strumento fondamentale per contrastare la povertà alimentare
L’intento futuro è quello di estendere la sperimentazione su campioni più ampi e differenziati (per esempio tramite le scuole) per validare anche da un punto di vista statistico gli indicatori che se ne possono derivare.
Quali sono i principali risultati che emergono dall’indagine?
Come già detto, mettere in evidenza la forte consapevolezza di vivere in una condizione di disagio economico da parte degli adolescenti è senza dubbio un primo importante risultato, soprattutto perché è chiaro che a essa si accompagna il sentire che in qualche modo non c’è una soluzione. Questo si traduce in un atto di rinuncia quasi deliberata e cosciente a quella che invece dovrebbe essere la normale spensieratezza della vita di un adolescente, in cui non ci si dovrebbe fare problemi, ad esempio, ad uscire a mangiare con gli amici. Abbiamo verificato che si tratta di adolescenti attenti, che osservano quanto succede in famiglia, e maturi, che non esitano a offrire i loro risparmi o comunque a conservarli pensando che potrebbero servire ai loro genitori.
Ciò che preme portare all’attenzione di chi dovrebbe rispondere attraverso azioni di politica sociale è che tutto questo si lega alle risposte emozionali dei ragazzi, che sono venute fuori a partire da domande volte a comprendere come questi limiti li facessero sentire. Quella consapevolezza genera emozioni altalenanti: prima di tutto tristezza perché è chiaro che questi ragazzi si sentono diversi dagli altri, ma poi la tristezza viene sostituita dalla rassegnazione, perché capiscono/percepiscono che non solo non possono farci nulla, ma riconoscono che anche i loro genitori hanno in qualche modo le mani legate.
La cosa preziosa che quest’indagine ci affida, però, è che le testimonianze restituiscono anche un’immagine di positività rispetto al futuro, nonostante il vissuto recente durante la pandemia che, come qualcuno di loro ci ha detto: “è stato abbastanza distruttivo, un po’ per qualunque cosa, persona, nel pensiero”. Pensiero che, invece, verrebbe da dire è rimasto integro e sano in questi ragazzi, è che è dovere di tutti continuare a proteggere.
Quali sono le raccomandazioni per le istituzioni che emergono dalla ricerca?
Un ruolo fondamentale per intervenire in risposta alla povertà alimentare è svolto dalle politiche di contrasto alla povertà. Se il fenomeno non è circoscrivibile alla sola condizione di povertà assoluta, è indubbio che per incidenza e intensità, chi vive in questa condizione sia più esposto alle conseguenze della povertà alimentare, sia dal punto di vista materiale che non materiale.
Contro la povertà alimentare servono misure capacitanti, collettive e inclusive
Senza efficaci misure di contrasto alla povertà, la povertà alimentare continuerà a crescere. Per questo è necessario rafforzarle ed estenderle per raggiungere tutti quei soggetti più esposti come, ad esempio, i minori e gli stranieri. È inoltre fondamentale garantire un accesso integrato ai servizi, alcuni dei quali dovrebbero finalmente essere considerati come essenziali, a partire, ad esempio, dalle mense scolastiche e dai trasporti, i costi di questi ultimi gravano enormemente su famiglie con figli con conseguenze negative sulla socialità dei ragazzi.
Allo stesso tempo devono cambiare i modelli di governance e le strategie di contrasto che devono essere in grado di fare sistema tra gli attori pubblici del welfare territoriale, di programmare interventi in modo integrato superando la settorializzazione e di essere adeguatamente informati, ricorrendo alle analisi e alla raccolta dei dati.