Fare rete per le imprese vuol dire fare innovazione. E questo è valido anche (e, forse, in modo particolare) quando la rete nasce attorno al tema del welfare, come spiegava Franca Maino anche in un volume pubblicato qualche anno fa. È il caso della rete WellDone, che negli ultimi mesi si è formata nel territorio parmense. WellDone è un progetto che riunisce alcune delle aziende più importanti di questa area con il supporto dell’associazione “Parma, io ci sto!”. Al momento hanno aderito il Gruppo Chiesi, il Gruppo COLSER, Davines, Dallara, Crédit Agricole, Caruso, Caffeina, Manpower, Ad Store, Parmacotto Group, FoodLab, Lincotek, Stern Energy, Pizzarotti, Delicius e GSK Italia. Si tratta di organizzazioni molto diverse tra loro, sia per settore produttivo sia per dimensioni, ma che hanno trovato un punto di incontro comune: la volontà e l’interesse di investire nel welfare aziendale.
WellDone, la rete parmense per il welfare aziendale
L’idea di fare rete parte da alcune imprese che, tra ottobre 2021 e settembre 2022, hanno dato vita ad una serie di incontri per parlare di varie tematiche di welfare. Questi eventi, aperti anche ad altri interlocutori interessati, sono stati utili per definire le traiettorie verso cui collaborare.
“Abbiamo individuato alcuni tavoli di lavoro su questioni che abbiamo ritenuto strategiche, come: il benessere e la promozione della salute, il diversity e l’inclusione, il caregiving, il coinvolgimento della comunità e la formazione”, ci ha detto Stefania Bollati, che si occupa di wellbeing all’interno di Davines, gruppo cosmetico e B Corp.
“Ora stanno partendo i primi progetti condivisi. Li abbiamo scelti e pensati adottando un approccio condiviso. Vogliamo infatti aiutarci a vicenda e generare una ricaduta positiva per tutto il territorio. Come Davines abbiamo già un piano welfare per i nostri collaboratori, ma con WellDone abbiamo scelto di “uscire” dai nostri spazi e fare qualcosa di più grande, in grado di avere un impatto su molte più persone”.
L’obiettivo di fondo è quindi quello di rafforzare i sistemi di welfare delle imprese coinvolte, per migliorare la qualità della vita dei collaboratori e non solo. E per farlo si è scelto un approccio basato sulla condivisione. Si cercherà di far conoscere e diffondere al meglio le best practice di welfare aziendale promosse dalle imprese del territorio. Ma, al tempo stesso, si investirà in azioni e progetti comuni.
“L’idea del progetto è quella di permettere alle aziende di confrontarsi con l’esterno, con le comunità in cui operano. Vogliamo favorire il contatto tra punti di vista differenti e, quindi, continuare ad alimentare un dialogo costante con il territorio”, ci dice Silvia Catinella, manager all’interno della Ricerca e Sviluppo e Wellbeing Internal Consultant del Gruppo Chiesi.
“Tutto è iniziato come un passaparola tra le aziende. Siamo poi arrivati all’organizzazione di una serie di tavoli tematici, fino alla coprogettazione di attività. Abbiamo ancora una governance agile: c’è solo un patto di adesione che impegna le imprese della rete a partecipare e dare il loro contributo. Vedremo poi come evolveranno questi aspetti”.
Il dialogo è perciò alla base di questo progetto, nato da un primo confronto tra tre aziende – il Gruppo COLSER-Auroradomus, Chiesi e Davines – e poi sfociato in un percorso aperto e inclusivo. “Durante i diversi incontri che si sono tenuti ogni volta in una azienda ospitante diversa, sono state condivise le azioni di well-being più virtuose e ci si è confrontati sia sui successi che sulle criticità di realizzazione affrontate, come ad esempio la comunicazione ai dipendenti, le performance di adesione o gli indici di gradimento” ci ha riportato Tamara Jalanbou, responsabile comunicazione e relazioni esterne del Gruppo COLSER-Auroradomus.
Come Gruppo COLSER abbiamo investito molto proprio su nuove forme di coinvolgimento dei lavoratori alle tematiche di welfare, ad esempio attraverso il nostro Wel#point, la cui esperienza è stata messa a disposizione anche di WellDone”.
Dal welfare aziendale alla centralità della persona
Al momento sono in agenda molti momenti di confronto e di scambio, che toccheranno tutte le opportunità del welfare aziendale.
“Il gruppo di lavoro ha già individuato due obiettivi fondamentali” ha specificato Tamara Jalanbou. “La creazione e distribuzione di una survey comune da sottoporre ai dipendenti delle aziende, che consentirà di far emergere i loro bisogni principali, e lo studio di un data base territoriale di servizi well-being condivisi a disposizione delle aziende. Essendo un campione di popolazione significativa, i risultati potrebbero essere di interesse anche per l’istituzione locale, così che possa valutare la creazione o il rafforzamento di alcuni servizi”.
E intanto, entro la fine del 2022 partirà anche il primo progetto: “Parma on tour”. Si tratta di alcune visite organizzate che i dipendenti delle imprese potranno fare proprio nella città emiliana. Saranno rivolte in prima battuta ai lavoratori e alle lavoratrici straniere e originarie di altre zone d’Italia, ma non solo.
“Parma on tour è un’opportunità per far conoscere le bellezze del nostro territorio. Attraverso questo progetto vogliamo però anche facilitare la creazione di una community tra le persone delle imprese di WellDone. Saranno incontri coordinati da professionisti fatti anche per facilitare le creazione di legami e relazioni tra le persone”, dice Stefania Bollati di Davines. Un approccio che si sovrappone bene all’idea di welfare socio-culturale che Secondo Welfare racconta ormai da diverso tempo.
“Questo per noi significa avere a cuore il benessere della persona a 360°. E questo è un impegno che tutte le realtà che partecipano a WellDone si stanno prendendo. Anche perché vorremmo candidare Parma a “Capitale del benessere lavorativo”. Lo sappiamo che è una sfida molto dura, ma ci impegneremo per questo”, aggiunge Stefania Bollati.
In futuro, dunque, l’obiettivo è investire su salute, work-life balance e formazione. La volontà delle aziende della rete è, in altre parole, quella di mettere al centro la persona e il suo benessere, inteso in senso multidimensionale, cioè individuale, familiare e lavorativo. Dialogando con chi sta realizzando WellDone si capisce una cosa interessante: non si tratta “solo” di una a ritrovata responsabilità dell’azienda verso la comunità e i suoi “portatori di interessi”, ma anche dall’aver compreso che il welfare genera un ritorno in termini di prestazioni, clima aziendale e miglioramento organizzativo.
“Per noi di Chiesi”, sostiene Silvia Catinella, “stare bene in azienda è il cuore della performance. Per questo abbiamo da anni stabilito percorsi di wellbeing che ci permettono di prenderci cura delle persone che lavorano con noi. Abbiamo cercato di creare un approccio “people care” personalizzato, empatico e umano. Ma anche diffuso e condiviso, grazie ai tanti colleghi e colleghe che si mettono in gioco insieme a noi per costruire un ambiente e un modo di lavorare positivo. Tutto questo è parte del nostro DNA, come azienda farmaceutica che pone al centro del proprio business la cura, e come B Corp certificata. Ed è anche per questo che per noi è stato naturale entrare a far parte di WellDone”, ha concluso Silvia Catinella.
Anche per Rosanna Maserati, Responsabile servizio diversità ed inclusione di Crédit Agricole, la condivisione è una delle motivazioni principali che ha spinto la sua azienda a partecipare a WellDone. “Abbiamo aderito al progetto alla ricerca di un luogo di condivisione di best practice, convinti che particolarmente per le tematiche di well-being e people care è dal continuo confronto che nascono le migliori iniziative. In Crédit Agricole Italia, siamo partiti da un patrimonio di iniziative di welfare che derivano da CCNL e dalla contrattazione aziendale “storica”, per continuare negli ultimi anni con l’apertura verso nuovi strumenti di work-life balance”. “Negli ultimi anni si è andati verso la consapevolezza che i beni e servizi welfare che aiutano nel lavoro di cura, come asili nido, flessibilità orarie dedicate, e che consentono di rimuovere gli ostacoli che ancora si frappongono sulla via della piena espressione del talento femminile o più in generale del valore di ognuno, diventando così strumenti di inclusione”.
Il legame con il territorio
WellDone è infine anche un’opportunità per facilitare il dialogo con le istituzioni e non solo. La rete consentirà di avere un interlocutore unico che potrà interfacciarsi con il Comune, i fornitori di servizi e tutti gli stakeholder del territorio: dalle realtà filantropiche , come Fondazione Cariparma, fino alla cooperazione sociale e le associazioni di volontariato.
Il ruolo della cooperazione, del resto, appare già significativo all’interno della rete. Come ci ha detto Cristina Bazzini, Presidente del Gruppo Cooperativo COLSER-Auroradomus, “WellDone, fa dell’unione di realtà, persone ed esperienze diverse la propria forza. Parte tutto da Parma, anche se il progetto unisce esperienze di aziende locali, nazionali ed internazionali che condividono l’urgenza di migliorare la vita dei propri dipendenti e collaboratori con azioni concrete. Con questo progetto, che inizia a delinearsi ora e che avrà bisogno anche del dialogo con le istituzioni e il territorio per raggiungere i propri obiettivi, le imprese fanno rete per provare a costruire insieme un nuovo futuro per il mondo del lavoro e per la comunità.” E in questo senso il mondo cooperativo può essere un tramite importante per facilitare queste relazioni.
Anche per queste ragioni, darà il proprio sostegno al progetto “Parma io ci sto!”, associazione nata nel 2016 con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze del territorio parmense e mettere a sistema idee e progetti per favorire lo sviluppo economico e sociale della città. Oggi l’iniziativa conta circa 130 associati – in gran parte imprese – che insieme si impegnano a realizzare progetti per rendere più attrattiva Parma e il suo territorio.
Alessandro Chiesi, Presidente di “Parma io ci sto!”, ci spiega come da tempo in città si muovano diverse cose. “Con il progetto #dieci” ad esempio “abbiamo promosso un percorso di co-creazione della visione per Parma e il suo territorio nei prossimi dieci anni in cui il tema del “valore sociale condiviso” e della necessità di promuovere iniziative volte ad aumentare il benessere delle persone è stata individuata come una priorità che non può essere affrontata individualmente ma solo attraverso soluzioni comuni”.
“Welldone è un progetto che nasce, infatti, dall’incontro di aziende del territorio che hanno voluto mettere a sistema esperienze e best practice con l’obiettivo di creare modelli accessibili e replicabili”, aggiunge Chiesi. “Un progetto che fa della partecipazione e della condivisione di diverse esperienze il suo principale punto di forza e che, pertanto, rientra pienamente nello spirito della nostra associazione”.
Fare rete per fare welfare aziendale (e territoriale)
Come spesso vi raccontiamo (ad esempio all’interno del nostro Quinto Rapporto sul secondo welfare e nel citato volume di Maino), le reti d’impresa sono una formula particolarmente interessante quando si parla di welfare aziendale.
In molti sottolineano come il welfare delle imprese rischi di alimentare le disuguaglianze tra territori, settori produttivi e micro-piccole imprese e quelle più grandi e attrezzate. Fare rete consente però alle organizzazioni di condividere costi, risorse, rischi e – in generale – quegli oneri che molto spesso rappresentano un ostacolo insormontabile per le piccole realtà.
Inoltre fare rete può facilitare la nascita di convenzioni con provider, operatori e fornitori di servizi. Ma anche di forme collaborative con l’attore pubblico e il Terzo Settore. Come vi abbiamo raccontato attraverso alcuni esempi – che trovate nel ciclo dedicato al welfare “a filiera corta” – le reti per il welfare delle imprese riescono spesso a espandersi a livello territoriale, coinvolgendo attori e soggetti interessati che non appartengono al mondo aziendale.
Proprio per questo, come abbiamo suggerito in un nostro recente articolo, il welfare aziendale si trova di fronte a una sfida importante in cui, per evitare di alimentare il solo l’utilizzo dei fringe benefit e rischiare in una deriva “consumistica”, potrebbe essere determinante prevedere sgravi fiscali e incentivi per quelle imprese che fanno welfare “in rete”. Come, appunto, WellDone.
Si tratterebbe di sostenere quelle iniziative che – attraverso la contrattazione, la collaborazione tra le parti sociali e la costituzione di reti multi-stakeholder – puntano a coinvolgere un numero ampio di aziende, ma anche il tessuto economico locale, il Terzo Settore e l’attore pubblico, allo scopo di dar vita ad attività e creare servizi per i lavoratori, le loro famiglie e, in alcuni casi, anche per il territorio. Una sfida che, come spiegavamo in un nostro recente editoriale, speriamo possa essere raccolta dal nuovo Parlamento e dal nuovo Governo.