È noto come l’Italia non abbia un vero e proprio sistema di servizi per la non autosufficienza, quanto un insieme eterogeneo e territorialmente mal distribuito di servizi e benefici economici, in assenza di una chiara visione di insieme e di un modello organico di governo e programmazione (Ministero della Salute 2015). È altrettanto noto come i finanziamenti e la quantità di servizi siano inferiori alla media europea e come la diffusione informativa e l’accessibilità delle risposte siano ampiamente migliorabili (Cergas Bocconi 2022). Per anziani e famiglie, la ricerca di risposte ai propri bisogni rappresenta un vero e proprio percorso ad ostacoli, ampiamente autogestito e fonte di consistenti fatiche, sia fisiche che emotive: responsabilità istituzionali frammentate, duplicazione di adempimenti, iter amministrativi tortuosi, criteri di inclusione e esclusione non sempre facilmente comprensibili. Non a caso, è più facile che riescano ad ottenere benefici economici e servizi soprattutto le famiglie più attrezzate sotto il profilo economico e culturale (Cinelli e Longo 2021).
In sintesi, nella gran parte dei casi, chi esprime bisogni non può rivolgersi oggi ad un attore istituzionale privilegiato, facilmente identificabile e certamente unico. Deve più spesso decodificare autonomamente le proprie necessità, comprendere se esistano benefici economici o risposte di servizio coerenti con esse, identificare correttamente l’ente o gli enti che li garantiscono, comprendere gli iter amministrativi, predisporre la documentazione necessaria. Infine, deve confrontarsi con criteri di inclusione e esclusione spesso selettivi, apparentemente più orientati ad escludere che ad ammettere. Le valutazioni sono raramente basate su strumenti in grado di produrre misure oggettive e dati fra loro comparabili.
Questo scenario è ben diverso da quello della gran parte dei Paesi europei più avanzati, dove è di regola presente un sistema standardizzato di valutazione del fabbisogno assistenziale, regolato a livello nazionale o concordato tra i vari attori operanti a livello locale (Spasova 2018). È possibile, ad esempio, richiamare la particolarità italiana delle procedure di valutazione per l’assegnazione dell’indennità di accompagnamento, uno degli interventi più consistenti a supporto della non autosufficienza(Network Non Autosufficienza 2021). Le valutazioni non sono basate su modalità oggettive e strumenti standardizzati, la discrezionalità delle commissioni ASL è elevata e, soprattutto, i risultati delle valutazioni sono “tutto o nulla” rispetto al raggiungimento del 100% di invalidità o delle ulteriori specifiche necessarie1. Non sono previste graduazioni intermedie, al contrario di quanto avviene in tutti gli altri Paesi europei, dove i livelli assistenziali determinati in sede di accertamento variano da un minimo di tre ad un massimo di quindici e consentono di modulare le prestazioni in funzione del diverso grado di bisogno (European Commission and Social Protection Committee 2021).
Accesso unico, percorso unico
La proposta di riforma avanzata del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza entra nel vivo di questi temi. La possibilità di accedere all’insieme degli interventi del Sistema Nazionale Assistenza Anziani (SNA) viene stabilita tramite una sola valutazione, la Valutazione Nazionale di Base (VNB) (di cui abbiamo già parlato qui, ndr), entro i confini di un percorso unico, chiaro e semplice, per l’accesso all’intera rete del welfare. Il percorso collega la Valutazione Nazionale di Base (VNB), di titolarità statale, alla successiva valutazione dell’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) territoriale, di titolarità di Asl e Comuni. Non sono contemplati altri canali di primo accesso allo SNA. La VNB è realizzata dall’équipe SNA, un organo multidisciplinare con competenze sociali e sanitarie e viene utilizzato uno strumento valutativo di nuova generazione (Guaita 2015) che deve rispondere ad alcune specifiche:
- deve essere validato e sperimentato su ampia scala;
- deve essere informatizzato e interoperabile con altri database istituzionali;
- deve garantire una valutazione globale della persona2 ed essere dotato di algoritmi di calcolo che producano indici sintetici di assorbimento di risorse, stratificazioni per livelli crescenti del fabbisogno assistenziale e indicazioni di priorità dei bisogni cui rispondere con il progetto personalizzato (Falsiroli, Colloca e Landi 2014).
L’accesso è unico. Anziani e famiglie possono rivolgersi direttamente all’équipe responsabile della Valutazione Nazionale di Base o arrivarvi attraverso il Punto Unico di Accesso (PUA), il luogo fisico – collocato presso la Casa della Comunità – di prossimità e di facile individuazione deputato a fornire informazioni, orientamento e supporto amministrativo alla popolazione interessata. In entrambi i casi lo scopo è accompagnare e facilitare il loro contatto iniziale con lo SNA. La VNB ingloba le diverse valutazioni oggi esistenti per ricevere le prestazioni di titolarità statale (ad esempio, invalidità civile, prestazione universale di base/Indennità di Accompagnamento, agevolazioni fiscali, benefici ex-Legge 104, congedi e permessi di lavoro per i caregiver). Stabilisce la possibilità di accedere allo SNA e definisce sia il livello di fabbisogno assistenziale che gli interventi necessari3.
Completata la VNB, gli anziani ammessi allo SNA vengono indirizzati all’Unità di Valutazione Multidimensionale (UVM) territoriale, di titolarità di Asl e Comuni. All’UVM sono trasmessi i risultati della VNB. La UVM svolge la propria valutazione del caso, potendo basarsi sulle informazioni ottenute con la precedente VNB, integrandole con quelle ulteriori ritenute necessarie per la fruizione dei servizi e degli interventi locali (servizi domiciliari, semiresidenziali e residenziali; contributi economici). L’UVM attiva quindi il Progetto assistenziale integrato (PAI), costruito attraverso lo strumento del budget di salute e l’integrazione sul caso delle risposte sanitarie e sociali. È facoltà delle Regioni decidere di adottare lo stesso strumento valutativo previsto per la VNB – ipotesi privilegiata – oppure mantenere i sistemi attuali ma alimentando il flusso di dati nazionale fondato sulla strumentazione della VNB4. Sia per la VNB che per le UVM sono previsti criteri di priorità per le situazioni a maggiore urgenza o di maggiore complessità.
Cosa cambia rispetto ad oggi?
Uno dei benefici più evidenti riguarda la semplificazione: una volta giunti presso la Commissione Valutativa che effettua la VNB, i cittadini non dovranno rivolgersi a nessun’altra sede e potranno – in seguito – essere accompagnati direttamente all’UVM. Due valutazioni fra loro ben collegate invece delle 6-7 oggi necessarie. Un altro vantaggio consiste nella valorizzazione della conoscenza: si supera l’attuale incomunicabilità – e la conseguente mancata condivisione dei dati raccolti – tra i vari luoghi di valutazione; la stessa azione delle UVM è facilitata dal solido insieme di informazioni raccolte attraverso la VNB.
Nel complesso, il Patto propone una profonda innovazione tecnologica di processo, coerente con la scelta di sistemi valutativi idonei a garantire omogeneità delle informazioni, trasmissibilità fra sistemi, interoperabilità (Ulate 2021). Non si tratta di una innovazione di poco conto. L’adozione di strumenti di valutazione aggiornati e di soluzioni tecnologiche che permettano di condividere in rete le informazioni di salute del cittadino limita la necessità di spostamenti fisici di persone in difficoltà e di familiari già impegnati nel lavoro di cura e favorisce l’interscambio di informazioni digitalizzate con gli altri attori del sistema. Per gli stessi motivi, può essere superata la logica tradizionale che impone l’accesso fisico delle persone alle risorse (sportelli, appuntamenti, code), favorendo piuttosto l’integrazione dei PUA con piattaforme web, social, App dedicate, prenotazioni on-line, comunicazioni in remoto, strumenti di identità digitale. Le famiglie devono poter accedere facilmente alle informazioni di cui necessitano, sia per accesso diretto ai servizi locali che dalla propria abitazione (Portali web e applicazioni da essi dipendenti).
Condivisa l’utilità di attivare la valutazione SNA, dovrebbe essere compito del PUA attivare i passaggi utili: quali documenti sono necessari, definire l’appuntamento, valutare l’utilità di una valutazione domiciliare piuttosto che in sede, inviare sms di conferma e ricordo. Anche la preparazione della valutazione, inoltre, non dovrebbe essere affidata alla sola famiglia; sarà compito del back office del PUA o della équipe deputata alla VNB raccogliere le informazioni già in possesso del sistema pubblico (Dessureault 2017). I sistemi di Valutazione Multidimensionale (VMD) di terza generazione, basati su piattaforme informatiche, possono importare dati digitalizzati, ad esempio già reperibili sul Fascicolo Sanitario Elettronico o in altri database amministrativi, come quelli dell’INPS. Tali funzioni preparatorie permettono di evitare oneri impropri a persone e famiglie, ma rendono anche più rapida, facile e completa l’esecuzione della VNB da parte degli operatori impegnati nella compilazione degli strumenti di VMD, se questi sono già alimentati da informazioni certificabili. Se la persona sarà ammessa allo SNA, questa comunicazione – insieme alla valutazione completa – sarà trasmessa per via digitale agli attori istituzionali competenti per quanto necessario, alla persona e famiglia, all’UVM locale e al medico di medicina generale per quanto di competenza.
Si tratta di aspetti fortemente valorizzati nel PNRR e nei suoi principali documenti attuativi5. Utile sottolineare come questi processi rappresentino anche un potente strumento di governo e programmazione dello SNA ad ogni livello (nazionale, regionale, locale). La possibilità di raccogliere dati omogenei e comparabili permette infatti di stimare la consistenza delle popolazioni con diversi livelli di fabbisogno assistenziale, la loro evoluzione nel tempo e la consistenza ed efficacia delle risposte6.
Un utilizzo aggiornato e appropriato della Valutazione Multidimensionale
Per concludere, sembra utile collocare la proposta del Patto entro i confini di un sostanziale ripensamento degli obiettivi e degli strumenti della Valutazione Multidimensionale (VMD). La VMD nasce nei primi anni ’80, come modello di valutazione dei bisogni delle persone per costruire piani di cura finalizzati a migliorare qualità di vita ed esiti degli interventi.7
La salute e il benessere di una persona anziana sono condizionate infatti da dimensioni molteplici, non limitabili alle tradizionali categorie cliniche (diagnosi di malattia) ma collegate alla complessa relazione fra componenti di salute, autonomie, risorse personali e di contesto (culturali, economiche, familiari, abitative). Negli anni, sono stati proposti e utilizzati centinaia di strumenti di misura (indici, scale), più spesso orientati a misurare solo aspetti parziali del funzionamento della persona (Giacobini 2012). Anche l’esplosione di valutazioni e strumenti che si registra oggi in tutti i contesti e setting di cura, assorbendo risorse umane e economiche rilevanti, non ha prodotto esiti soddisfacenti. Piuttosto, sembra diffuso un utilizzo della VMD prevalentemente amministrativo o tariffario, oppure guidato da logiche di gate-keeping negativo, più orientate a limitare l’accesso a benefici e servizi che a guidare l’allocazione appropriata delle risorse professionali ed economiche necessarie a rispondere a bisogni misurati secondo criteri oggettivi (Carpenter 2013).
La proposta del Patto rimanda quindi ad un utilizzo aggiornato e appropriato della Valutazione Multidimensionale, per rispondere alle necessità delle persone, guidare gli interventi dei professionisti e la programmazione degli interventi necessari8. Nel complesso, una proposta ambiziosa ma solida e innovativa. D’altro canto, l’evoluzione della popolazione anziana italiana e dei bisogni che essa esprime, di fatto epocali, impongono interventi coraggiosi. Non sarà più sufficiente una piccola manutenzione del sistema, quanto una profonda revisione di logiche operative ormai datate e sempre meno efficaci ed efficienti.
Bibliografia
- Carpenter I. (2013), Using interRAI assessment systems to measure and maintain quality of long-term care, in OECD/European Commission, “A Good Life in Old Age? Monitoring and Improving Quality in Long Term Care”, Parigi, OECD.
- Cinelli G., Longo F. (2021), Un servizio nazionale per gli anziani non autosufficienti, in Mecosan, 18, pp. 155-173.
- CERGAS Bocconi (2022), Il presente e il futuro del settore Long Term Care: cantieri aperti. 4° Rapporto Osservatorio Long Term Care, Milano, EGEA.
- Dessureault L. (2017), Better data, better decisions = Sustainable care, Canadian Institute for Health Information (CIHI), Home & Continuing Care Department.
- European Commission and Social Protection Committee (2021) 2021 Long-term care report. Trends, challenges and opportunities in an ageing society. Volume 1. Luxembourg, Publications Office of the European Union, p. 39.
- Falsiroli C., Colloca G., Landi F. (2014), VAOR: storia di questi ultimi 20 anni, in “I luoghi della cura”, 4, pp. 8-9.
- Giacobini, C. (2012), Definizione e valutazione della disabilità: com’è arretrata l’Italia! In www.superando.it.
- Guaita A. (2015), La valutazione multidimensionale geriatrica trent’anni dopo: riflessioni storiche e attuali, in “I Luoghi della Cura”, 1, pp. 17-21.
- Ministero della Salute, (2015), Revisione OCSE della qualità dell’assistenza sanitaria in Italia, Roma, Ministero della Salute, gennaio.
- Spasova S. (2018), Challenges in long-term care in Europe. A study of national policies, Brussels, European Commission.
- Network Non Autosufficienza (2021), L’assistenza agli anziani non autosufficienti in Italia. Punto di non ritorno. Rapporto 2020/2021. Maggioli Editore, Santarcangelo di Romagna.
- Ulate M.M. (2021), Comprehensive geriatric assessments for long-term and home care settings and digital platforms available to support their applicability: a systematic review, in “Alzheimer’s Dement”, 17 Suppl 8, e057529. doi: 10.1002/alz.057529.
Note
- Rispettivamente: “Impossibilità a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore” e/o “Non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza continua”.
- Fra queste: situazione familiare e abitativa, livello socioculturale e condizione socioeconomica, autonomie quotidiane e compromissione cognitiva e motoria, comorbilità e stabilità clinica, anomalie del comportamento e problemi di salute mentale, terapie e interventi già in atto.
- L’impianto proposto – un’unica valutazione per accedere allo SNA, che valuti il fabbisogno assistenziale dell’anziano – è coerente con le indicazioni del PNRR. Il Piano, infatti, insiste sulla “semplificazione dei percorsi di accesso” e sull’individuazione di “modalità di riconoscimento della non autosufficienza basate sul bisogno assistenziale” (Governo Italiano, PNRR, Roma, Presidenza del Consiglio, pp. 212-213).
- In alternativa si sarebbe potuto prevedere un solo momento valutativo, riguardante congiuntamente l’insieme delle misure di titolarità dello Stato e degli Enti Locali. Tuttavia, questa scelta avrebbe comportato di modificare radicalmente l’operato e le modalità organizzative degli enti territoriali in materia, anche imponendo loro di rinunciare agli strumenti valutativi oggi in uso. Il radicamento dei diversi modelli regionali nella realtà del welfare sconsiglia di seguire questa strada.
- PNRR, Missione 6-Salute. Milestone EU M61c-4: “Linee guida organizzative contenenti il modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”, aprile 2022.
- Consiglio Superiore di Sanità, Sezione I. Gruppo di lavoro: “Invecchiamento della Popolazione e Sostenibilità del Servizio Sanitario: il ruolo della Health Technology Assessment (HTA) per la valutazione tecnica, economica ed organizzativa della Sanità del futuro”, Roma, 15 maggio 2020.
- “The major purposes of CGA are to improve diagnostic accuracy, optimize medical treatment, improve medical outcomes (including functional status and quality of life), optimize living location, minimize unnecessary service use, and arrange long-term case management” (Rubinstein, 1984).
- “Passare da una classificazione per diagnosi a una classificazione per scale non è un grande passo avanti, se non si supera il ruolo passivo di registrazione del caso per divenire piuttosto revisori critici dei bisogni che si stanno valutando. Trascurare gli strumenti anche narrativi e clinici di interpretazione delle storie personali, infatti, non consente di mettere in discussione il percorso fra malattia e disabilità che la persona sta compiendo, per dargli eventualmente nuove chance di cura; obbliga ad accettarlo così come è non per curarlo, ma per collocarlo al meglio” (Guaita, 2015).