Su 900mila lavoratori del terziario il 70 per cento è tornato a occupare regolarmente uffici, scrivanie e posti di lavoro, mentre un 30 per cento continua a usufruire dello smart working da due a tre giorni alla settimana. A dirlo è Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza che ha presentato la sua indagine a campione sul mondo delle imprese e dei servizi: secondo il report sono circa 630mila i lavoratori hanno ripreso a essere presenti fisicamente sul posto di lavoro. Per la confederazione dei commercianti è una buona notizia, visto che molti degli associati di Milano vedono nella ripresa della vita in città l’opportunità di tornare ai livelli di fatturato pre-pandemia.
“Nessuno mette in dubbio il valore dello smart working e il fatto che sia una conquista del mondo del lavoro” ha spiegato Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza “ma è altrettanto certo che uno smart working portato all’eccesso rischierebbe di desertificare la città come è successo nel periodo del lockdown anche perché Milano è fatta sì di residenti, ma anche di city user. Le stime dicono che sono circa 800mila. È importante che tornino a far rivivere la città».
Eppure per molti – emblematico il dibattito sul settore pubblico, dove lo smart working è stato sostanzialmente messo da parte – il ritorno in presenza non è di per sé una buona notizia. Quindi come si possono conciliare le esigenze di imprese, lavoratori e servizi su questo fronte? Recentemente ne abbiamo parlato con Arianna Visentini di Variazioni, ma sull’argomento sono molti gli approfondimenti curati da Secondo Welfare: li trovate qui.