Il 1° marzo 2022 il “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” ha pubblicato le sue proposte operative per riformare il settore della non autosufficienza in Italia. Tra gli interventi è prevista l’introduzione di un “Secondo Pilastro Integrativo” (di cui vi avevamo parlato qui), con funzione complementare e integrativa rispetto alle prestazioni assicurate dai livelli essenziali, secondo logiche solidaristiche e mutualistiche, per intervenire sulla Long Term Care (LTC).
Il Secondo Pilastro agisce infatti in integrazione al Primo Pilastro – quello pubblico – e adotta una prospettiva complementare, facendo ricorso a risorse di tipo privato. L’obiettivo è costruire un modello che garantisca i principi di equità e solidarietà nell’accesso all’assistenza.
A tal fine, l’attivazione di un Secondo Pilastro prevede l’introduzione di forme di copertura anche per i lavoratori autonomi e per le altre forme di lavoro attualmente non ricomprese nei Contratti Collettivi Nazionali del Lavoro (CCNL), così come l’adesione di carattere individuale e volontario da parte di soggetti che si sono ritirati dal mercato del lavoro. Ne abbiamo parlato con Annamaria Trovò, Dirigente CISL Confederale.
Dottoressa Trovò, perché serve un Secondo Pilastro?
Gli interventi per la tutela della non autosufficienza rappresentano una priorità assoluta alla luce delle tendenze demografiche e dei processi sociali in atto. Tale emergenza non è adeguatamente percepita ma l’invecchiamento della popolazione, il calo demografico, l’atomizzazione dei nuclei famigliari e l’insufficienza delle risorse pubbliche dedicate ci impongono di occuparci urgentemente del tema.
La non autosufficienza alla luce delle tendenze demografiche e dei processi sociali in atto è una priorità assoluta, ma non è adeguatamente percepita.
Una parte significativa della popolazione in età avanzata nei prossimi anni si troverà priva di aiuto familiare e in necessità di aiuti esterni dai costi proibitivi se rapportati al valore medio delle prestazioni pensionistiche. Fermo restando la necessità di un maggiore investimento pubblico sulla tematica è dunque importante aumentare e diffondere l’affiancamento di iniziative integrative e complementari.
Quale potrebbe essere il contributo di un pilastro integrativo?
Un secondo pilastro di natura privata, ma collettivo e mutualistico, per la tutela della non autosufficienza rappresenterebbe una valida integrazione alla luce delle positive e diffuse esperienze portate avanti negli ultimi 15 anni nelle altre aree del welfare integrativo, in particolare quello sanitario e previdenziale.
Gli stessi attori del welfare integrativo potrebbero opportunamente prevedere, attraverso la contrattazione collettiva, il finanziamento di strumenti dedicati sotto forma di polizze o di mutue capaci di rispondere ai bisogni di protezione nel corso dell’intera vita, garantendo prestazioni, sia durante la vita lavorativa attiva, sia dopo il pensionamento.
I vantaggi delle soluzioni collettive e mutualistiche sono noti: l’abbattimento dei costi pro capite, l’eliminazione di forme di anti selezione del rischio da parte dei gestori, la possibilità di fornire servizi e coperture significativi, a basso costo, a chi ne ha più bisogno nel momento in cui il bisogno si concretizza.
Quali sono gli elementi necessari perché possa funzionare al meglio?
Per la costruzione di un efficace secondo pilastro che si fondi sulla mutualità e sulla solidarietà e non abbia costi elevati occorre avviare la contribuzione quando si è giovani.
La contrattazione collettiva può dare un importante contributo in tal senso collocando nel modo più opportuno piccoli costi che darebbero nel tempo grandi benefici di interesse generale.
Per la costruzione di secondo pilastro che si fondi su mutualità e solidarietà e non abbia costi elevati occorre avviare la contribuzione quando si è giovani.
È poi necessario intendersi sul significato di non autosufficienza sapendo che il contesto sociale, sanitario, economico e i progressi della ricerca medica sono in continua evoluzione e pertanto i concetti di bisogni, strumenti e servizi per la tutela si evolvono.
Come si inserisce questo in un sistema pubblico?
I sistemi integrativi possono dialogare col Pubblico sgravandolo da una serie di costi e di impegni senza tuttavia trascurare l’importanza di risposte universali e generalizzate ai bisogni che devono essere finanziate dalla fiscalità generale. Oggi purtroppo riguardo alla LTC abbiamo grandi debolezze nel pubblico e poche esperienze virtuose di secondo pilastro.
Ci sono esperienze virtuose e buone pratiche a cui guardare?
L’esperienza più importante nata dalla contrattazione e dall’impegno delle Parti sociali in materia di Long Term Care è nel settore bancario.
Oltre alla diffusa presenza di polizze LTC, presenti sia nel settore bancario che nel settore assicurativo, infatti, è proprio grazie ad una specifica scelta della contrattazione collettiva del settore che la Cassa di Assistenza Sanitaria per il Personale Dipendente del Settore del Credito (Casdic) dal 1° gennaio 2008, assiste economicamente i dipendenti del settore colpiti da malattie invalidanti che comportino uno stato di non autosufficienza.
Prestazioni LTC, ancorché limitate e temporanee, sono offerte da alcuni Fondi Sanitari integrativi ma limitatamente agli assicurati rappresentati da lavoratori attivi in difficoltà in relazione a patologie invalidanti.
Per quanto riguarda l’altra importante area del welfare integrativo rappresentata dalla previdenza complementare va ricordato che tutti i fondi integrativi offrono una opzione di rendita assicurata LTC al momento del pensionamento prevedendo in caso di non autosufficienza la corresponsione di una rendita maggiorata. Tuttavia tale scelta viene raramente fatta dal pensionando in quanto riduce il valore dell’assegno pensionistico integrativo o del riscatto in forma capitale.
Quale contributo può dunque dare il sindacato sul fronte del Secondo Pilastro?
Il sindacato è sempre più consapevole della necessità di dedicare attenzione e risorse al tema della non autosufficienza e si interroga sulle soluzioni più indicate anche in una positiva e costruttiva relazione con la Federazione dei pensionati, la più attiva e attenta oggi al deficit di tutele nelle situazioni di non autosufficienza in quanto più vicina alle problematiche.
Il sindacato è sempre più consapevole della necessità di dedicare attenzione e risorse al tema della non autosufficienza, ma serve un salto culturale.
Va fatto un salto culturale affinché si consideri la non autosufficienza un problema di tutti che va affrontato insieme fin da oggi, mobilitando strumenti e risorse sia pubblici che privati, anche attraverso la contrattazione collettiva.