La pandemia di Covid 19 ha sconvolto il Sistema Sanitario Nazionale (SSN), ponendo sfide nuove e rendendo ancora più evidenti le principali criticità che già lo caratterizzavano. Per questo motivo Cergas Bocconi, a partire da un’idea di Planning Events srl, ha realizzato Area Sanità, il “Libro Bianco” della sanità del futuro. Si tratta di una ricerca in cui sono stati coinvolti alcuni tra i principali attori istituzionali e stakeholder della sanità nella definizione delle prospettive verso cui orientare l’evoluzione del sistema sanitario del nostro Paese, attraverso momenti che hanno fatto emergere e mettere a sintesi le diverse visioni, esigenze e proposte.
L’obiettivo del lavoro è portare un contributo utile al dibattito pubblico in questa fase cruciale, in cui sono disponibili le risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e l’opinione pubblica è sensibile alle scelte di programmazione sanitaria. In questa fase si delinea infatti un’opportunità chiave, e forse unica, per rilanciare il SSN.
In particolare, l’attenzione di Area Sanità di focalizza su 3 aree: le politiche del personale (di cui vi abbiamo parlato qui), le tecnologie digitali per l’innovazione dei processi di cura e l’utilizzo dei big data con finalità di analisi e programmazione sanitaria. Di seguito si propone una sintesi delle riflessioni riferite alla digitalizzazione dei servizi sanitari.
Transizione digitale e sanità: priorità e proposte
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sottolinea l’importanza della transizione digitale come uno dei tre assi strategici per la ripresa del Paese a cui contribuiranno a vario titolo tutte le missioni, inclusa la Missione 6 dedicata alla salute. Il PNRR detta quindi un segnale di discontinuità rispetto al passato, cercando di favorire nel Paese un quadro omogeneo di adozione e implementazione del digitale. Senza un adeguato spirito di iniziativa e coordinamento le somme allocate potrebbero risultare inefficaci a colmare i divari regionali e promuovere un’equa diffusione del digitale, allontanando il traguardo della piena digitalizzazione dei dati e dei flussi informativi, dell’integrazione e dell’interoperabilità necessaria affinché i benefici del digitale siano capitalizzati a vantaggio del cittadino / paziente.
Con questo orizzonte di riferimento, il panel selezionato degli stakeholder del Sistema Sanitario Nazionale che hanno partecipato ai lavori di Area Sanità ha identificato quattro ambiti di prioritario intervento: 1) l’evidence based management a supporto del digitale; 2) lo sviluppo di un’infrastruttura tecnologica interoperabile, integrabile e integrata tra regioni e aziende; 3) il ridisegno dei servizi e dei processi per attuare e implementare la digitalizzazione; 4) il rafforzamento delle competenze digitali del singolo utente e della collettività (figura 1).
Da qui sono venute 10 proposte, riportate brevemente nell’elenco sottostante.
- Definire target di popolazione per la digital health;
- Definire il livello di digitalizzazione atteso di processi e aziende;
- Promuovere, valutare e consolidare progetti pilota;
- Analizzare la dotazione tecnologica odierna;
- Promuovere piattaforme interoperabili;
- Facilitare le collaborazioni pubblico privato in ambito tecnologico;
- Analizzare e riprogettare I processi del back e del front-office;
- Favorire forme di co-progettazione e co-produzione;
- Promuovere la digital literacy;
- Abilitare risorse e spazi per l’accesso dei cittadini al digitale.
Di seguito si propone un estratto del report, disponibile integralmente sul sito www.area-sanita.it, con il dettaglio delle prime 3 proposte relativo all’ambito dell’Evidence Based Management, che rappresentano il presupposto per tutti gli altri ambiti. La promozione del digitale non può infatti prescindere da un’analisi attenta del fabbisogno, delle caratteristiche degli end-user, e degli obiettivi perseguibili grazie ad un accurato utilizzo del digitale.
Il digitale può supportare il servizio sanitario a migliorare la capacità di offerta, talvolta colmando dei gap di servizio o aumentando l’appropriatezza e la tempestività nella presa in carico. Questo significa tuttavia conoscere approfonditamente le caratteristiche della domanda (ad es. tipologia pazienti, frequenza e intensità delle cure richieste, digital literacy, disponibilità e supporto di un care giver) e dell’offerta (configurazioni, ruoli, prestazioni e performance) per intervenire con un approccio manageriale attento e basato sulle evidenze.
Definire i target di popolazione adatti e prioritari per la digital health
Stratificare la popolazione sulla base dei dati
Nei paradigmi della medicina di iniziativa e della medicina personalizzata è emersa la rilevanza della stratificazione dei pazienti per lo sviluppo di terapie mirate che ottimizzino la scelta dell’intervento per il singolo paziente al fine di aumentarne le probabilità di successo. Il raggruppamento dei pazienti in sottogruppi omogenei di malattia, in cui i processi patologici specifici sono ben definiti, combinato all’analisi dei fattori ambientali e socio-economici che influenzano la salute e gli stili di vita del paziente rappresentano un patrimonio informativo di primaria importanza, non solo per la scelta delle terapie, ma anche degli approcci di trattamento e quindi per i diversificati modelli di servizio.
Aumenta oggi la consapevolezza che il digitale non possa essere semplicemente uno strumento di transizione delle cure dal fisico al virtuale, dal tradizionale all’innovativo. Non si tratta di fare digitalmente ciò che si è sempre fatto. Le domande da porre diventano quindi: quali aspetti delle cure è opportuno digitalizzare? Esistono alcuni percorsi specialistici e diagnostici che più di altri potrebbero beneficiare della digitalizzazione? Per quali tipologie di pazienti o in quale fase? Come bisogna diversificare i servizi o i canali di fruizione per pazienti clinicamente omogenei ma eterogenei dal punto di vista della literacy sanitaria, della fragilità fisica o cognitiva e della competenza digitale?
Il digitale non si presta per ogni casistica né tantomeno per ogni fase del percorso di cura di un paziente
Le patologie croniche sono sempre più oggetto di progettualità digitali che danno prova della loro utilità in termini di maggior continuità e integrazione dei servizi e aderenza alle terapie da parte del paziente. Forte è il dibattito sulla possibilità di digitalizzare la gran parte dei follow-up una volta che l’inquadramento della patologia sia chiaro e stabilizzato, mentre prevale la convinzione che la maggior parte delle prime visite vada fatta in presenza. Tra gli specialisti, si nota come la predisposizione al digitale e alla telemedicina sia cambiata negli ultimi due anni e aumentino le richieste anche da parte dei professionisti di poter ricorrere a questi approcci.
Si propone di accompagnare ogni scelta di adozione e implementazione del digitale ad una attenta verifica delle caratteristiche dei pazienti e al monitoraggio costante dei risultati prodotti sui diversi target, mediante l’utilizzo dei dati sia clinici sia amministrativi. I risultati devono considerare anche le seguenti dimensioni rilevanti in una prospettiva di ridisegno dei servizi: tasso di reclutamento del target dei bisogni, tasso di aderenza alle terapie, riduzione delle iniquità nell’accesso e nella fruizione, riduzione della variabilità dei consumi per pazienti omogenei.
La digitalizzazione dei servizi permette la raccolta by design e automatica di questi dati. Si tratta di iniziare ad analizzarli sistematicamente e di attivare routine istituzionali di utilizzo e accountability.
Definire il livello di digitalizzazione atteso e ottimale (di processi e aziende)
Comprendere quale sia il livello target di digitalizzazione dei processi
Dalle evoluzioni recenti, sia nel pubblico che nel privato, si osserva come la maggior parte dei processi amministrativi, quali i sistemi di prenotazione, accettazione, pagamento, refertazione e consultazione referti possa avvenire digitalmente, contribuendo peraltro alla raccolta, sistematizzazione e storage di dati precedentemente frammentati e non sempre leggibili o ri-leggibili da operatori sanitari diversi in momenti successivi.
La pandemia ha prodotto una forte accelerazione di cambiamenti già in atto. Si pensi ad esempio alle spinte per centri unici di prenotazione (CUP) digitalizzati, centralizzati o federati a livello sovra-aziendale, o al decollo, seppur parziale e tanto atteso, del fascicolo sanitario elettronico, o ancora all’aumento di tocken per il self-check in nelle strutture sanitarie. In merito ai sistemi di pagamento, le strutture sanitarie pubbliche presentano ancora modelli tradizionali che gradualmente potrebbero adeguarsi alle best practice emergenti.
Anche sui processi clinici, senza dubbio la pandemia ha promosso la produzione di norme e linee guida a supporto di nuove forme di digitalizzazione; la telemedicina, in tutte le sue forme sta mostrando come il digitale possa supportare diverse funzioni e servizi, dalle comunicazioni tra medici, tra medici e pazienti, medici e amministrativi, a terapie in cui l’utilizzo di un device richiede il monitoraggio costante a distanza. Tuttavia si conferma come tutte le fasi del continuum of care (prevenzione, diagnosi, cura, follow-up) richiedano sempre il giusto bilanciamento tra fisico e digitale.
Integrare fisico e digitale
Per la commistione crescente di fisico e digitale, con il continuo interscambio tra esperienze online e off-line, deve aumentare l’attenzione per il “phygital”, neologismo proposto quasi una decina d’anni fa quando questa nuova dimensione era solo oggetto di ricerca. Oggi nel progettare servizi sanitari e modelli organizzativi a cavallo tra fisico e digitale, è necessario comprendere i benefici della digitalizzazione, del virtuale, e arricchirli con quelli della fisicità, della comunicazione verbale e non verbale che spesso contribuiscono ad un’anamnesi più puntuale. Anche in un percorso interamente digitale, occorre definire come e ogni quando rivedere il paziente e rivalutare il quadro clinico. Ogni quanto prevedere dei meeting in presenza tra medici per discutere tra pari la casistica in carica?
Monitorare e misurare il livello di digitalizzazione delle aziende sanitarie
In letteratura sono state proposte scale e misure per approfondire quanto e come proceda l’adozione di soluzioni digitali. Ad esempio, la scala proposta da HIMSS (Analytics Electronic Medical Record Adoption Model – EMRAM), adottata anche da alcune regioni italiane, integra alcuni algoritmi e sistemi di calcolo per assegnare uno score (da 0 a 7) al livello di adozione delle cartelle cliniche elettroniche da parte degli ospedali, al fine di guidarli verso il totale abbandono della reportistica cartacea. Un approccio di misurazione simile è stato proposto anche per monitorare il livello di continuità di cura (Continuity of Care Maturity Model o CCMM). A prescindere dallo strumento si conferma l’importanza, dopo la condivisione di un piano nazionale e regionale per la digitalizzazione, di misurare e interpretare i risultati dei piani per facilitare non solo comparazioni tra aziende e regioni (benchmarking) ma soprattutto forme di apprendimento reciproco e collettivo (benchlearning).
Definire, valutare e consolidare progetti pilota
Avviare progetti pilota
La digitalizzazione ha mostrato con chiarezza i propri vantaggi in molti settori, tuttavia la sanità richiede senza dubbio alcune cautele per favorirne il successo. Si propone di identificare ambiti di sperimentazione sui quali le aziende sanitarie di tutta Italia possano cimentarsi. Avviare progetti pilota in ottica di massima trasparenza e condivisione dei risultati consentirà alle esperienze locali di fornire indirizzi utili ad altre aziende.
Modelli di presa in carico digitali per patologie croniche, quali diabete o cardiopatie, se funzionano in un’azienda quasi certamente possono funzionare a livello Paese, per l’alta standardizzabilità dei bisogni di questi pazienti.
Valutare progetti pilota
Negli ultimi due anni, la maggior parte dei progetti pilota è stata avviata come unica via per arrivare ai pazienti, per assicurare l’accesso alle cure; non sono stati definiti altri obiettivi e KPI, se non quello di continuare ad erogare servizi.
In assenza di obiettivi chiari, sono mancati indicatori efficaci definiti ex ante per misurare ex post i risultati prodotti. Rilevazioni qualitative delle esperienze avviate durante la pandemia raccontano di come la digitalizzazione abbia portato a processi di fruizione più sicuri e piacevoli per i pazienti. Oltre a modalità di esercizio della professionalità talvolta ritenute più attente e sicuramente più ‘comode’.
Se la digitalizzazione favorisca l’ottimizzazione dei processi, l’efficientamento operativo, o un miglioramento nella soddisfazione degli utenti e negli esiti di salute, è da valutare in modo strutturato e sistematico al fine di scalare le soluzioni e i modelli migliori.
Consolidare progetti pilota efficaci ed evitare l’industrializzazione di idee e progetti non testati
In un momento storico eccezionale, caratterizzato da emergenze mai affrontate e dalla disponibilità di risorse ingenti per la digitalizzazione, sarà opportuno fuggire dalla tentazione di proporre schemi ‘industriali’ – one size fits all, senza prima aver maturato le competenze anche a livello locale per gestire la digitalizzazione dei servizi. Per questo motivo l’avvio di progetti pilota e la loro valutazione diventano precondizione per il loro consolidamento.
L’articolo riporta un estratto del documento Area Sanità, Strategie per la salute del Paese, presentato il 5 novembre a Bologna. Il team di ricerca ringrazia Planning Events srl per il contributo incondizionato alla ricerca e tutti gli esperti coinvolti nelle interviste e nei panel di discussione. I nominativi degli esperti sono riportati nel report integrale, disponibile al sito www.area-sanita.it.