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Il primo ministro britannico David Cameron, nel corso di un discorso tenuto a Ipswich, ha annunciato una serie di provvedimenti che renderanno più difficile l’accesso ai servizi di welfare per i cittadini non-britannici. Nonostante alcuni chiarimenti successivi al discorso, la posizione assunta dall’esecutivo britannico è emblematica di una tendenza anti-immigrazione che sta interessando diversi Paesi dell’Unione Europea e che andrà valutata con molta attenzione per evitare che si crei un pericoloso precedente.

Le nuove restrizioni legate al welfare

Nel corso del suo discorso sull’immigrazione Cameron ha annunciato che i criteri per concedere sussidi di disoccupazione saranno resi più severi per tutti i cittadini non britannici. I cittadini dell’area economica europea (i 27 membri UE più Linchestein, Norvegia e Islanda) non potranno più richiedere il sussidio dopo sei mesi di disoccupazione, a meno che non dimostrino preventivamente non solo che "sono in cerca di lavoro" ma che hanno competenze e "buone possibilità" di trovare un nuovo impiego. In assenza di garanzie concrete non sarà quindi possibilie accedere alle forme di assistenza finora garantite. Tra i nuovi criteri verrà inserita anche una conoscenza minima della lingua inglese, non prevista dall’attuale normativa che, secondo Cameron, presenta molte altre lacune su cui sarà necessario intervenenire.

Misure restrittive per gli stranieri saranno introdotte anche in tema di housing. Cameron ha affermato che i criteri per accedere ad alloggi popolari saranno resi più severi per gli immigrati, che dovranno essere residenti in Gran Bretagna da almeno due anni prima di poter accedere alle liste d’attesa. Una volta entrati in graduatoria, l’assegnazione degli alloggi sarà comunque subordinato a nuovi “test di residenza”, che dovranno essere somministrati preventivamente ai richiedenti da parte degli enti locali. 

Anche in tema di sanità saranno introdotte forti restrizioni per i cittadini non-britannici. Gli immigrati temporanei dovranno infatti dotarsi di assicurazioni sanitarie private per poter accedere ai servizi garantiti dalla NHS. La decisione mira a contrastare il cosiddetto “turismo del welfare”, la prassi assunta da molti cittadini comunitari, specialmente provenienti dall’Est Europa, che si recano nel Regno Unito appositamente per godere dei trattamenti sanitari offerti dal sistema sanitario britannico.

Le motivazioni di ordine interno

In attesa di vedere come e quando i provvedimenti annunciati da Cameron entreranno in vigore, appare sicuramente utile comprendere le ragioni che hanno condotto alla previsione di queste nuove misure, riconducibili a questioni sia di ordine interno che esterno al Regno Unito. Sul fronte interno ha sicuramente pesato la pesante sconfitta subita alle ultime elezioni amministrative dai conservatori, che in molte circoscrizioni sono risultati il terzo partito dopo Labour e UKIP, partito anti-europeo e anti-immigrazione in forte ascesa nel panorama politico britannico. Da qui la decisione dei tories di intraprendere misure più severe in tema di immigrazione, anche sull’onda di un’opinione pubblica sempre più preoccupata per la libertà di circolazione garantita dall’appartenenza all’Unione Europea. 

Nei prossimi mesi, infatti, alcune limitazioni alla libera circolazione dei cittadini bulgari e rumeni decadranno definitivamente, un fatto che preoccupa notevolmente i britannici che, seppur da sempre abituati a grandi ondate migratorie, temono accessi incontrollati nei confronti dei quali non potrebbero teoricamente attuare misure restrittive preventive. In questo senso Cameron ha fatto intuire come più limitazioni sul fronte del welfare potrebbero rappresentare una soluzione quantomento parziale al problema: “Non è possibile controllare l’immigrazione se il sistema di welfare non è in grado di definire con chiarezza chi vive e contribuisce con il proprio lavoro alla crescita di una specifica area”. L’impossibilità di accedere a determinati servizi in assenza di un controllo operato dalle istituzioni britanniche potrebbe quindi scoraggiare chi si reca nel Regno Unito privo di una prospettiva lavorativa seria e strutturata, determinando alcune limitazioni per gli stranieri che la normativa comunitaria non è attualmente in grado di impedire.

Una tendenza (preoccupante) non solo britannica

La scelta di imporre limitazioni ai servizi di welfare attualmente garantiti agli immigrati non appare una tendenza unicamente britannica. All’inizio del mese di marzo alcuni Paesi dell’Unione – Germania, Olanda, Austria e la stessa Gran Bretagna – si erano infatti accordati per chiedere alla Commissione la possibilità di implementare misure restrittive in materia sociale anche agli immigrati comunitari. Tale richiesta non è stata formalizzata, ma dimostra come il caso britannico non sia isolato, e possa in futuro essere individuato come un esempio che potrebbe essere seguito da altri Stati membri.

Il Regno Unito è indubbiamente il Paese meno europeista dell’Unione e la scelta di Londra potrebbe rimanere una particolarità tutta britannica similmente ad altre attualmente in vigore, come ad esempio la clausola opt-out relativa al trattato di Schengen sulla libera circolazione. Tuttavia bisogna considerare come l’attuale situazione economica e sociale sia probabilmente la più difficile affrontata dall’UE da quando esiste, e come quello della Gran Bretagna rischi di essere un pericoloso precedente se non verrà adeguatamente inquadrato e compreso. La scelta britannica di limitare il welfare agli stranieri per condizionare l’immigrazione sul proprio territorio potrebbe essere infatti seguita da altri Paesi membri, che vedono con timore l’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area Schengen che, seppur rimandato dal Consiglio Europeo nelle scorse settimane, verso la fine del 2013 potrebbe infine concretizzarsi.

 

 

Riferimenti

Il video del discorso di Cameron

Limitazioni alla libera circolazione dei cittadini bulgari e rumeni

Le previsioni del trattato di Schengen sulla libera circolazione

Schengen: slitta ancora l’ingresso di Romania e Bulgaria
Ansa, 8 marzo 2013

Quattro Paesi Ue insieme per rifiutare il welfare ai comunitari
Secondo welfare, 11 marzo 2013

 

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