Nel cuore di Torino, a pochi passi dalla stazione di Torino Porta Susa, Elisa Valenti e Giorgio Ceste, progettisti della Società di San Vincenzo de Paoli di Torino, coordinano un emporio di vestiti donati, una sartoria sociale e, soprattutto, una fucina di idee dove lo sviluppo umano e l’attenzione all’ambiente non sono mai separati. Il nome del progetto, ABITO, è già una dichiarazione della missione che portano avanti: accanto al diritto per tutti ad avere abiti dignitosi, vi è infatti l’obiettivo che i beneficiari, persone spesso ai margini della società, abitino la città partecipando attivamente ad iniziative all’interno della comunità.
Presso l’emporio si scambiano e rigenerano capi d’abbigliamento che sono distribuiti gratuitamente a persone con un reddito basso. Queste, a loro volta, possono offrire il proprio tempo e le proprie competenze per gestire le attività del progetto o prendere parte ad altre iniziative a favore della comunità. La sartoria sociale, invece, è il luogo dove abiti non distribuiti vengono rigenerati e trasformati in qualcosa di nuovo e, soprattutto, è la sede di corsi di avvicinamento all’arte del cucito rivolti a donne senza occupazione. Ma, come raccontano Elisa e Giorgio, ABITO è soprattutto un cantiere di idee innovative per risolvere problemi sociali: “la pandemia da Covid-19 ha avuto profondi effetti sul nostro lavoro. Abbiamo dovuto rinunciare al prezioso contributo dei nostri volontari per motivi di sicurezza sanitaria, mentre, dall’altra parte, aumentava la richiesta di persone che chiedevano di accedere ai nostri servizi. E noi ci siamo chiesti che cosa potessimo fare di più, oltre a quello che già stavamo facendo”.
È nata così una nuova iniziativa: Un armadio di lavoro (di cui vi abbiamo parlato qui). “Ci siamo resi conto che avevamo tantissimi abiti eleganti in magazzino che nessuno dei nostri beneficiari richiedeva” – spiegano i due giovani coordinatori del progetto – “ci è così venuta l’idea di metterli a disposizione di chiunque stesse cercando lavoro e avesse bisogno di un abito formale per un colloquio”.
L’idea è semplice: chiunque abbia un vestito formale – quasi nuovo – può donarlo mentre chiunque abbia un colloquio imminente potrà prenderlo. “Per noi questo è un modo per continuare ad essere presenti nel nostro territorio in un periodo economico delicato vivendo appieno lo spirito di sostenibilità che ha animato il progetto fin dalla sua fondazione. Noi vogliamo che neodiplomati, neolaureati o persone che hanno perso il lavoro possano evitare la spesa di un capo che metterebbero un paio di volte godendo invece di beni messi a disposizione dalla comunità. Allo stesso tempo diamo una seconda vita quegli abiti formali che giacciono inutilizzati nei nostri armadi, che vengono indossati raramente perché riservati ad occasioni speciali”.
Le iniziative per il futuro di questo vivace progetto sono tante: da marzo 2021 è infatti partita una raccolta fondi online (a cui è possibile contribuire attraverso questo link) in cui verranno messi all’asta abiti e accessori rigenerati creati insieme agli studenti dell’Istituto Europeo di Design di Torino. Le donazioni andranno a sostenere i nuovi corsi di sartoria per donne in condizioni di vulnerabilità socioeconomica che saranno avviati in primavera.