Il 2020 ha portato a significativi mutamenti sull’origine e sui percorsi seguiti dai minori stranieri non accompagnati arrivati in Italia. Anche in riferimento a questa componente dell’immigrazione, che di frequente possiede tratti che la distinguono da quella che caratterizza gli adulti, l’elemento che ha generato le maggiori perturbazioni risulta essere connesso all’infezione da Covid-19, con i conseguenti provvedimenti di restrizione dei movimenti delle persone, insieme all’acuirsi della crisi economica e del peggioramento delle già precarie condizioni di vita nei Paesi di partenza causate dalla pandemia.
Un primo elemento di novità si può cogliere dall’analisi delle rilevazioni effettuate dal Ministero del Lavoro, pubblicate sul sito Integrazione Migranti, sul numero dei minori stranieri non accompagnati (MSNA) in accoglienza sul territorio italiano nel 2020, da cui si desume, nonostante la pandemia, un leggero incremento delle presenze passate da 6.054 all’inizio dell’anno a 7.080 al 31 dicembre.
Se si pensa che alla fine del 2017 erano 18.303, mentre nel 2018 il loro numero si era ridotto a 10.787, per la prima volta negli ultimi tre anni si assiste a un’inversione di tendenza causata da una variazione in positivo della differenza tra minori rintracciati sul territorio o arrivati via mare e coloro che, raggiunta la maggiore età, hanno lasciato il sistema di accoglienza. In questo senso, come per i migranti adulti (di cui abbiamo parlato qui), la prima parte dell’anno, segnata dalle chiusure, ha determinato un calo drastico dei rintracci con una conseguente diminuzione dei minori in accoglienza il cui numero aveva toccato un minimo di 5.202 alla fine del mese di luglio, mentre, nonostante la ripresa dell’epidemia, si è verificato un forte recupero negli ultimi mesi dell’anno.
I percorsi dei giovani albanesi
In merito all’origine dei MSNA, le provenienze maggioritarie nel 2020 rimangono quelle albanesi e kosovare che nel complesso arrivano a circa il 20% del totale e rappresentano, a partire dalla fine del 2017 e fino alla prima metà del 2020, la componente nazionale principale degli ospiti nelle strutture di accoglienza. Osservando questo dato, emerge un’evidente incoerenza riferita al confronto tra il numero di adulti richiedenti asilo e minori in accoglienza provenienti dai due Paesi balcanici di lingua albanese.
Questi ultimi rappresentano infatti una delle etnie prevalenti tra i minori accolti in Italia, mentre le richieste di protezione dei maggiorenni non arrivano al 4% del totale. La presenza di un numero così elevato di MSNA da questa particolare area è verosimilmente legata ad alcuni fattori tra cui i principali risultano essere, oltre alla contiguità geografica e la precaria situazione economica, in particolare nelle zone rurali, l’impossibilità di ottenere un permesso di soggiorno per mortivi di lavoro nel nostro Paese, meta tradizionale dell’immigrazione albanese.
Tali condizioni potrebbero indurre alcune famiglie a inviare in Italia adolescenti che sono in procinto di diventare maggiorenni, in modo che, al compimento del diciottesimo anno, abbiano la possibilità di convertire il permesso per minore età con quello per motivi di lavoro o studio. Bisogna considerare che in Italia, dove è presente una diaspora ben integrata di oltre 450.000 persone di origine albanese, i membri di questa comunità sono in grado di rappresentare un importante riferimento per i giovani compatrioti, in particolare alla fine del periodo di accoglienza e in prospettiva per la ricerca del lavoro. Dunque, l’unica speranza per un giovane albanese di ottenere un permesso di soggiorno nel nostro Paese è quella di arrivare come minore solo. Un’altra motivazione, anch’essa collegata alla ricerca di occupazione, è riferita alle carenze del sistema scolastico albanese e alla possibilità di seguire, in Italia, percorsi di studio di maggiore qualità che possano determinare alla conclusione, inserimenti lavorativi qualificati, anche dal punto di vista della remunerazione.
Durante un incontro con un gruppo di tutori volontari pubblicato dal sito del Coordinamento Tutori Volontari MSNA di Milano la mediatrice sociale albanese Dava Gjoka spiega: “I ragazzi che arrivano in Italia hanno in genere 16/17 anni perché è un’età in cui possono già essere autonomi. Vengono accompagnati in Italia dai genitori perché la legge albanese non consente ai minorenni di viaggiare da soli, quindi arrivano generalmente in aereo con uno dei genitori che poi fa ritorno in Albania. L’unico modo per essere accolti in comunità e ottenere un permesso di soggiorno è proprio quella di essere dei minori soli. I ragazzi che partono sono in genere quelli che hanno un riferimento nel nostro Paese: un parente o un amico di famiglia. I genitori si sentono maggiormente rassicurati da questa presenza. In questo modo si assicura ai ragazzi l’accoglienza, lo studio e un lavoro”.
La pandemia da Covid-19, con la diffusione dei timori di contagio e le conseguenti misure di chiusura attuate in primavera e riprese alla fine del 2020, ha determinato l’interruzione di questo flusso. L’analisi mensile dei rintracci di giovani albanesi sul territorio nazionale evidenzia il calo di arrivi: mentre nel mese di gennaio erano stati 96, in linea con la media dell’anno precedente, il numero dei MSNA rintracciati nei mesi successivi è stato pari a zero in aprile e maggio e di poche unità nell’ultima parte dell’anno.
Dal Pakistan, dal Bangladesh e dalla Tunisia
Non sembra, invece, avere subito lo stesso rallentamento l’arrivo di minori provenienti dai due grandi Paesi mussulmani del Sub continente indiano: Pakistan e Bangladesh. Dopo la stasi primaverile ha subito un’impennata, parallelamente a quella degli adulti, in corrispondenza dell’allentamento delle misure anti Covid-19. Il loro numero ammonta rispettivamente 574 e 1.558 e comprende oltre il 20% del totale dei rintracciati. A seguito di questo incremento, alla fine dell’anno, i minori originari di questa area geografica rappresentano, con 2.132 presenze, il 30,1% di coloro che sono ospitati nelle strutture di accoglienza in Italia.
Un discorso a parte merita la situazione riferita ai MSNA tunisini, in arrivo prevalentemente via mare attraverso il Canale di Sicilia. In questo caso le direttrici sono simili a quelle dei giovani adulti in partenza dal Paese a causa delle insostenibili condizioni economiche e della disoccupazione giovanile e che nel 2020 hanno rappresentato oltre due terzi del totale dei migranti giunti in Italia.
Il rintraccio di minori tunisini, in tutto 1.049 a fine dicembre, è infatti andato di pari passo con quello degli sbarchi dei giovani adulti. A differenza di questi ultimi, generalmente espulsi dopo il loro arrivo, i MSNA grazie allo status legato alla minore età e alle convenzioni internazionali che li tutelano, entrano a far parte del sistema di accoglienza a loro riservato. Tra giugno e novembre il numero di minori tunisini accolti si è più che triplicato passando da 248 a 812.
A seguito della chiusura della rotta libica e in accordo con la forte contrazione degli arrivi di adulti, è continuato anche nel 2020 il calo dei MSNA provenienti dall’Africa Sub Sahariana (Nigeria, Gambia, Guinea, Senegal, Costa d’Avorio), che negli anni della cosiddetta “crisi migratoria” rappresentavano oltre il 40% dei minori in accoglienza: il loro numero si è ridotto negli ultimi tre anni a poco più del 10% del totale.
A differenza di quanto accade negli altri Paesi europei, è invece minima la presenza di MSNA che provengono dalle aree di crisi del Medio Oriente. L’unica presenza significativa è quella dall’Afghanistan, di poco superiore al 2,5% del totale, mentre i minori provenienti da Siria e Iraq sono conteggiati nella statistica ministeriale tra le ‘varie provenienze’. Anche i MSNA originari dalle altre aree di conflitto, come la Somalia o l’Eritrea, rappresentano percentuali insignificanti.
I MSNA nelle regioni italiane
Un ultimo elemento di riflessione è riferito alla distribuzione dei MSNA nelle strutture di accoglienza delle varie regioni italiane. Come per gli anni scorsi, la regione che alla fine del 2020 ospitava il maggior numero di minori non accompagnati continua ad essere la Sicilia, passata, a causa dell’afflusso dei MSNA tunisini, da 956 a 2.043 accolti dalle strutture presenti sul proprio territorio. La posizione dell’isola al centro del Mediterraneo la rende naturale porto di sbarco delle correnti migratorie dal Nord Africa e l’incremento di presenze che si è verificato risulta essere conseguenza dell’arrivo via mare di minori tunisini, pakistani e del Bangladesh.
La novità più rilevante emersa dai dati forniti dal portale Integrazione Migranti, è riferita al Friuli-Venezia Giulia, regione che con 794 MSNA accolti si pone immediatamente alle spalle della Sicilia, superando le altre tradizionali aree di accoglienza di minori, ovvero le grandi regioni del Nord e Centro Italia. Il dato riferito alla regione posta al confine orientale, passata da circa il 3% delle accoglienze all’inizio del 2018 ad oltre il 12% del novembre 2020, non deve stupire in quanto approdo naturale della ‘rotta balcanica’ che sempre di più rappresenta una via alternativa dei percorsi dei richiedenti protezione, dopo la chiusura di quella del Mediterraneo centrale.