Dario Grison e Graziano Maino sono i curatori di “Writing and working smart. Proposte per la collaborazione digitale“. Il quaderno, edito da Secondo Welfare in collaborazione con Pares, raccoglie articoli concepiti e scritti durante il primo lockdown dovuto alla pandemia di Covid-19. Si tratta di uno zibaldone di riflessioni, esperienze, apprendimenti e strumenti ritenuti utili per quanti stanno provando a fronteggiare in maniera adattiva e creativa le inedite difficoltà del presente attraverso il digitale. Franca Maino ha curato la prefazione a questa pubblicazione. Ve la proponiamo di seguito. |
Lo sviluppo e la diffusione di tecnologie digitali nell’ambito del welfare – il c.d. “digital welfare” – è già una realtà in molti Paesi del mondo: le politiche per la diffusione di conoscenze e competenze digitali sono essenziali per l’accesso ai servizi, per far fronte alle trasformazioni del mercato del lavoro e per contrastare fenomeni di povertà e saper cogliere opportunità di inclusione sociale, oltre che per garantire le condizioni di cittadinanza sociale. In tali contesti i sistemi di protezione sociale stanno sperimentando una profonda trasformazione che riguarda l’offerta dei servizi, le organizzazioni e gli operatori che li fornisco, i beneficiari che li ricevono e tutti gli attori che direttamente o indirettamente sono coinvolti in questi processi. Processi sempre più influenzati da dati e strumenti digitali che vengono utilizzati, ad esempio, per automatizzare l’accesso alle prestazioni, identificare i destinatari, ma anche sanzionarli in caso di irregolarità o frodi. Si tratta di dinamiche che, peraltro, con ogni probabilità a seguito della pandemia del Covid-19 vediamo e vedremo accelerare, con tutti i benefici e rischi che questo comporta. Se da un lato tali sviluppi possono essere salutati con favore per le loro grandi potenzialità in termini di efficienza, risparmio e inclusione, dall’altro pongono importanti e delicate sfide che toccano il cuore del concetto stesso di stato sociale, con significative ripercussioni in tema di tutela dei diritti fondamentali e della cittadinanza, a detrimento in particolare delle fasce della popolazione più vulnerabili e svantaggiate, acuendo così disuguaglianze già esistenti e aumentando l’impatto del divario digitale.
Le esperienze di trasformazione digitale – sia quelle intenzionali, promosse dalle istituzioni e ricercate dagli attori sociali ed economici, sia quelle indotte dalla crisi pandemica che sta investendo la società globale – alimentano un dibattito diffuso e al tempo stesso rappresentano un territorio di ricerca vasto e complesso. Che effetti producono le tecnologie digitali sul welfare, sull’offerta e sulla fruizione dei servizi (in particolare quelli alla persona e alle famiglie), sul benessere e sulle condizioni di esclusione, sulle competenze personali e sociali nel rapportarsi alle dinamiche economiche e produttive, sulla cittadinanza agita e percepita? Queste domande inducono a riflettere su come, insieme ad analisi di scenario, essenziali per governare le trasformazioni digitali in corso, siano essenziali il vaglio delle iniziative praticate per ridurre i divari digitali e la valutazione degli approcci per promuovere l’alfabetizzazione tecnologica e delle azioni che mirano a diffondere competenze pratiche e creare condizioni di autonomia diffusa a contrastare il rischio di esclusione e povertà. Accanto al riconoscimento dei diritti digitali è sempre più necessario garantirne l’effettiva fruibilità, sia in termini di disponibilità di servizi (pensiamo ad esempio all’accesso ad una connessione sicura ed efficiente, sia per quanto attiene alle competenze necessarie per essere protagonisti attivi della trasformazione digitale.
La rivoluzione digitale investe infatti la realtà in modo così profondo e pervasivo da richiede articolate proposte – insieme innovative e praticabili – per assicurare risposte inclusive. Interi gruppi sociali, privi di strumenti e competenze tecnologiche, sono in bilico tra condizioni di povertà economica, forme di marginalità socio-culturale, esclusione dall’esercizio dei diritti. L’esempio dell’educazione finanziaria può aiutare a cogliere l’esigenza di promuovere politiche per diffondere conoscenze e abilità – di base e avanzate – in campo digitale, attraverso la formazione e l’aggiornamento. Ma non si tratta solo di intervenire nei confronti di singoli soggetti: si tratta di immaginare politiche che accompagnino le trasformazioni operative delle organizzazioni che operano in ambiti sociali e sanitari, educativi, di cura alle persone fragili, di promozione e di sviluppo di comunità. Ma anche di sostegno degli attori economici (si pensi alle agenzie per il lavoro e alle imprese), nello sviluppare trasformazioni organizzative del lavoro attraverso piani di smart working e di conciliazione che richiedono infrastrutture digitali diffuse, di promozione di politiche per la formazione lungo l’intero arco della vita, animate da agenzie formative e culturali, da scuole e università, e dalle biblioteche pubbliche.
Si è aperto un nuovo ambito di lavoro sociale – seppure ancora troppo poco esplorato e presidiato – rispetto al divario digitale nel quale operare per cercare di ridurre forme di diseguaglianza che negli anni futuri rischiano di riprodursi e stratificarsi, ridefinendo i confini tra inclusione e marginalità, tra ricchezza e povertà, a favore di chi meglio saprà sfruttare le opportunità offerte dall’innovazione, perchè parte già ora da una situazione di privilegio e/o perchè sarà più rapido e accorto nello sfruttarle.
Chiedersi in che misura l’innovazione digitale investa i servizi di welfare e le organizzazione preposte alla loro progettazione ed erogazione, quali trasformazioni stia apportando o potrebbe apportare ai modi di lavorare e produrre, in quali ambiti e per quali competenze questo si verifichi, quali siano i margini di sviluppo e di miglioramento per le organizzazioni è pertanto fondamentale. Domande queste (ma non sono le sole) a cui il quaderno Writing and working smart. Proposte per la collaborazione digitale cerca di fornire spunti e risposte a partire dalla riflessione svolta sulle sperimentazioni condotte nel periodo del lockdown dovuto alla pandemia da Covid-19. O meglio, si tratta di riflessioni e sperimentazioni che l’epidemia e le misure di contenimento adottate per limitarla hanno in qualche modo portato a maturazione, imponendo una brusca accelerazione a processi ideativi e operativi che, almeno in alcuni contesti, si erano già – più o meno timidamente – intrapresi.
Senza nascondere criticità o ambiguità ancora da risolvere, autrici e autori, grazie alle loro competenze ed esperienze, e a partire da prospettive disciplinari differenti, provano così ad offrire un contributo di idee per alimentare un dibattito attorno a quelli che potrebbero essere gli scenari del futuro prossimo nei quali misure e attori di welfare si troveranno ad operare. Accanto a queste riflessioni avanzano anche alcune proposte operative per aiutare le organizzazioni ad intraprendere percorsi formativi e organizzativi volti a introdurre l’innovazione digitale, soprattutto quella legata all’adozione di forme di lavoro agile e di smart working.