A Torino, al Centro Studi Sereno Regis, la sera di giovedì 30 Maggio sono stati presentati il reportage “Storie Interrotte” e la relativa mostra fotografica sul tema delle migrazioni, entrambi realizzati in Ciad e in Mali e sulla frontiera italo-francese di Bardonecchia. L’evento è stato un’occasione per riflettere insieme sulle migrazioni, l’accoglienza, le frontiere, il diritto a muoversi.
Il reportage, suddiviso in 4 episodi, due ambientati in Africa e due in Val Susa ai confini con la Francia, è opera di due giornalisti, Andrea De Georgio e Annalisa Camilli, con immagini e foto di Michele Cattani e le musiche dei giovani Electric Circus. Il reportage si inserisce all’interno del progetto “Check point: storie di frontiere tra Europa e Sahel”, promosso da Rainbow 4 Africa – ONLUS e Cooperativa Orso, in collaborazione con ENGIM Piemonte.
Il progetto è finanziato attraverso il Consorzio delle Ong Piemontesi da Frame, Voice, Report! con il contributo dell’Unione Europea. Il logo e la cartolina del progetto sono stati realizzati dagli studenti e dalle studentesse dell’IIS Bodoni – Paravia di Torino.
Il primo episodio di Storie InterRotte ci porta a Kayes, zona rurale del Mali dalla quale proviene la maggioranza dei migranti maliani verso l’Europa, una terra popolata dalle mogli, madri o sorelle dei migranti che hanno deciso di partire per migliorare la condizione economica delle proprie famiglie. Da questa terra da qualche tempo iniziano a partire anche molte giovani ragazze alla volta del sogno europeo. Partono, pur consapevoli dei rischi, lasciando alle spalle villaggi bruciati dal sole dove l’unica attività, l’agricoltura, è sempre più compromessa dai cambiamenti climatici.
Il secondo episodio, ambientato nel villaggio di Sambacanou, racconta il fenomeno delle rimesse dei migranti e gli effetti sulla vita di coloro che sono rimasti: una nuova cisterna vede la luce nel villaggio e presto darà acqua corrente all’intera comunità grazie ai fondi inviati da coloro che sono emigrati in Francia.
Il terzo episodio ci porta proprio al confine con la Francia. Nel 2018 circa cinquemila persone hanno attraversato la frontiera italofrancese passando da Bardonecchia e dal Colle della Scala, mentre almeno tre persone sono morte lungo la traversata a causa dell’ipotermia o perché si sono perse o sono cadute in un crepaccio. Nella maggior parte dei casi la gendarmeria francese li ferma e li riporta indietro sul versante italiano, ma dopo qualche giorno i ragazzi riprovano ad attraversare il valico di frontiera.
Il quarto e ultimo episodio ci parla del modello di accoglienza diffuso che è stato creato nel 2016 proprio in Val Susa al confine con la Francia: qui i comuni della zona si sono impegnati ad accogliere oltre un centinaio di richiedenti asilo e protezione internazionale (massimo 12 persone per paese) all’interno di abitazioni private. Questo modello, che favorisce l’integrazione dei rifugiati con la popolazione e il loro sviluppo individuale, si chiama Micro accoglienza diffusa (Mad).
Alla presentazione, la sera di giovedì 30 Maggio, la sala del Sereno Regis è gremita, molti gli interventi del pubblico che ha dialogato con il giornalista Andrea De Georgio e il fotografo Michele Cattani. Le domande riguardano le motivazioni alla base della scelta di migrare, la consapevolezza dei rischi, le responsabilità europee nelle condizioni sociali ed economiche dell’Africa; inoltre dal pubblico arrivano anche testimonianze relative alla propria storia di migranti e richiedenti asilo. Le questioni sono complesse, le risposte aperte: le motivazioni delle migrazioni sono molteplici, non sempre definite. Dei rischi si è consapevoli, ma vivere le cose sulla propria pelle è poi diverso, come racconta una ragazza nigeriana dal pubblico. Rimane un punto: c’è chi ha il diritto e la possibilità di viaggiare nel mondo e di esplorare nuove opportunità e chi non ha questa possibilità se non a prezzo di traversate nel deserto e in mare.
Questo reportage interroga il pubblico, racconta delle storie, delle persone; per questo viene proiettato anche nelle scuole come sottolinea nell’introduzione Lucrezia Riccardi, responsabile area migranti della Cooperativa Orso. D’altronde proprio il modello di accoglienza diffusa sperimentato in Val Susa, raccontato nell’ultimo episodio, proponendo un’accoglienza sostenibile in piccoli numeri punta a creare le condizioni per cui lo straniero sia visto per quello che è come persona, con un nome, una storia e soprattutto con la possibilità di farsi conoscere nel corso del tempo.
Viene da pensare che una presa di coscienza sull’argomento si possa dunque coniugare con politiche sostenibili quando si coinvolgono il territorio e la società civile. Al di là dei “buonismi” e dei “cattivismi” servono politiche intelligenti ed è necessario valorizzare quanto di buono è già stato sperimentato. Da qui bisognerà prima o poi riprendere anche questa storia interrotta.
Photo Credit Michele Cattani – Progetto Storie InterRotte