Quaderni di Economia Sociale è la pubblicazione semestrale edita da SRM – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno, dedicata all’analisi dello sviluppo sociale, partecipato e culturale, che ha l’obiettivo di affrontare tematiche attuali e di interesse per le comunità. Recentemente è stato pubblicato il numero 2 del 2018 della Rivista. Come spiega il direttore Salvio Capasso nell’editoriale di presentazione, il 12° numero di QES propone come sempre diversi contributi dedicati "al mondo della solidarietà, del non profit e della partecipazione civica che approfondiscono l’azione, le difficoltà e le prospettive di chi opera per lo sviluppo sociale, partecipato e culturale del territorio", a cui si aggiunge un focus tematico dedicato all’immigrazione. Di seguito vi raccontiamo brevemente i contenuti.
Una "terza via" per andare oltre la crisi
Tra i temi analizzati dai vari autori si segnala un approfondimento di Marco Santillo sulle forme tradizionali, nuove o rinnovate di convivenza civile ed economica ispirate ai principi valoriali della relazionalità e della reciprocità che si stanno riallacciando a seguito della crisi, non solo economica ma etica e di progetto che sta attualmente attraversando il mondo capitalistico nel suo complesso. "Nelle pieghe dei sistemi economici dominanti (quali quello utilitaristico, olistico, della socialità)" segnala Capasso "emergono infatti altri filoni esegetici che sembrano in grado di rispondere più efficacemente alle problematiche innescate dalla crisi del mondo globalizzato". Nel testo vengono analizzate quindi "le caratteristiche di questi sistemi di pensiero ed in particolare dell’Economia civile, dell’ordoliberismo e dell’economia sociale di mercato".
Impresa Sociale e Terzo Settore: dove vogliamo andare?
Un altro spunto interessante è offerto da Francesco Amati, che riflette in merito al modello di impresa sociale e alla sua diffusione a seguito dell’introduzione nel nostro ordinamento del decreto legislativo 155/2006 e, più recentemente, della Riforma del Terzo Settore. Si tratta di elmementi di fondamentale importanza che riconoscono la "pregnanza imprenditoriale del terzo settore, vincolando l’operato delle future imprese sociali alla produzione di benessere per le comunità ed i territori, alla creazione di reti sociali, al coinvolgimento attivo di lavoratori ed altri enti non profit, alla spinta verso l’innovazione produttiva e tecnologica".
In questo contesto rinnovato, spiega Gabriella Noto, Stato e imprenditori sociali si trovano di fronte a sfide complesse, non da ultimo lo sviluppo di "nuove e adeguate professionalità" e di un "ambiente stabilmente autonomo" che possano garantire, da un lato, la migliore allocazione delle risorse e, dall’altro, un orientamento più coerente al raggiungimento della mission. Il contributo di Noto indiviuda quindi alcune professionalità utili a costruire opportunità nel Terzo Settore e ad attrarre competenze, soprattutto nel contesto meridionale.
Sviluppo locale, tra progetti e esperienze concrete
Interessante è poi l’articolo a firma di Marco Cau e Graziano Maino, che documenta le coordinate metodologiche per la costruzione partecipata del piano di fattibilità di un progetto di sviluppo locale. Poichè "definire il piano di realizzazione serve a mettere a punto degli interventi concreti ricontestualizzando il disegno unitario in attività articolate e interconnesse" occorre "sperimentare e calibrare al meglio forme di coinvolgimento, modalità di informazione e di ingaggio accoglibili dal territorio".
Segue un contributo di Eleonora Maglia che racconta di Discobus, sperimentazione che a livello territoriale fa convergere l’attenzione di Pubbliche amministrazioni e di Associazioni di categoria per promuovere lo scambio di conoscenze sul tema dell’abuso di sostanze tra i giovani. Si tratta di un intervento che, visti i risultati positivi finora raggiunti "può costituire una buona pratica replicabile ad altri contesti e quindi un punto di riflessione per orientare i futuri interventi di protezione giovanile".
Immigrazione oltre la percezione: qual è la vera situazione dell’Italia?
Il focus sull’immigrazione si apre con un approfondimento di Enrico Di Pasquale e Chiara Tronchin, che offrono alcuni dati di contesto sulla situazione europea. Ad oggi nell’Unione Europea vivono oltre 21 milioni di cittadini di Paesi terzi (4,2% della popolazione totale) e si arriva a quota 38 milioni (7,5%) se consideriamo anche le migrazioni intra-europee. L’attuale sensibilità abbastanza diffusa a livello popolare vede l’immigrazione come un problema, ma diversi sono gli elementi di confusione e di errata valutazione che andrebbero individuati e chiariti prima di poter parlare, come fanno molti, di "emergenza". Il primo è il concetto stesso di “immigrato”, a cui si devono aggiugere informazioni corrette sul numero di richiedenti asilo e di migranti ospitati nei centri di accoglienza (170.000, appena lo 0,3% della popolazione presente in Italia) e degli stranieri residenti (pari a 5,1milioni, l’8,5%). Su tale tema gli autori presentano alcune considerazioni sulla situazione dell’immigrazione a livello internazionale e nazionale e sull’impatto economico per le società di residenza.
Negli ultimi anni ci si è concentrati moltissimo sul transito dei migranti, sui divieti di sbarco e sull’organizzazione dell’accoglienza dei richiedenti asilo. Ma quali sono i nodi normativi del diritto internazionale su questi fronti? Cercando di rispondere a questa domanda Giuseppe Cataldi individua gli elementi necessari per garantire una reale protezione dei migranti, a partire da una leale cooperazione tra gli stati membri e l’emanazione di regole certe per superare i problemi legati all’esame delle domanda di protezione internazionale.
Il focus si concentra poi sul tema dell’integrazione sociale ed economica dei migranti. Una questione non semplice, poiché di fronte alla chiusura dei canali di ricezione lavorativa e alle inefficienze del circuito d’accoglienza, il migrante si trova in molti casi costretto a svendere il proprio lavoro, abbandonandosi a diversi meccanismi di esclusione – spaziale, economica, sociale, culturale. A partire da queste considerazioni, Luca Cigna (che nei mesi scorsi ha svolto attività formativa presso Percorsi di secondo welfare) analizza alcune problematiche che riguardano il modello delle migrazioni, soprattutto in riferimento al contesto meridionale, area un tempo esclusivamente di transito ma che sta diventando progressivamente area di stabilizzazione dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. Come si spiega nell’articolo, nel Mezzogiorno non mancano alcune buone pratiche di inclusione che hanno fondato il proprio successo sullo strumento dell’innovazione sociale come possibile anello di congiunzione tra economia, migrante e territorio. In questa area del Paese, secondo l’autore, la creazione di servizi compartecipativi, auto- sostenibili e socialmente responsabili potrebbe rompere la catena di povertà e sfruttamento, garantendo non solo condizioni di vita dignitose, ma anche solidarietà ed inclusione allo straniero nelle comunità locali.
L’ultimo spunto di riflessione, firmato da Cristina Montesi, riguarda un tema più generico che però ha un legame stretto con i flussi migratori: gli "aiuti allo sviluppo dei Paesi poveri", sul quale gli economisti tendono a collocarsi su posizioni diametralmente opposte. Da un lato c’è infatti chi sostiene la necessità di aumentare il sistema degli aiuti, magari apportando delle riforme alla luce delle criticità emerse nel tempo, per permettere ai paesi a basso reddito di uscire dalla trappola della povertà. Dall’altro c’è chi, osservando gli scarsi risultati ottenuti in cinquant’anni di aiuti allo sviluppo, sostiene che il modello attuale vada abbandonato per adottare misure alternative di politica economica. L’autrice in questo quadro sottolinea come "più che sopprimere del tutto gli aiuti, andrebbe ripensata la loro gestione".
Riferimenti