Dopo l’intervista a Bernardino Casadei, con cui abbiamo introdotto il tema delle Fondazioni di comunità, proponiamo il dialogo avuto con Pier Mario Vello, Segretario Generale di Fondazione Cariplo, che ci ha raccontato di sviluppi, obiettivi e risultati del progetto di Cariplo che si è occupato di tali realtà. Nel 1997 Fondazione Cariplo, dopo aver studiato e apprezzato le esperienze delle communities foundations americane, presenti negli Stati Uniti fin dal 1914, ha infatti deciso di introdurre anche in Italia le cosiddette Fondazioni di comunità, con l’intento di favorire la crescita della filantropia, la promozione della cultura del dono e lo sviluppo della società civile anche nel nostro Paese.
Cariplo nel 1999 ha favorito la costituzione delle prime Fondazioni di comunità italiane: la Fondazione della Provincia di Lecco e la Fondazione della Comunità Comasca. Nel 2000 sono quindi nate la Fondazione della Provincia di Mantova, la Fondazione della Comunità del Novarese, la Fondazione della Comunità Bergamasca e la Fondazione della Comunità di Monza e Brianza. Nel 2001 è stata la volta della Fondazione Provincia di Cremona. Del 2002 sono la Fondazione di Comunità del Varesotto, la Fondazione della Comunità di Brescia, la Fondazione della Provincia di Pavia, la Fondazione della Provincia di Lodi e quella della Fondazione Pro Valtellina. Le ultime nate, nel 2006, sono la Fondazione Comunitaria del Ticino Olona, la Fondazione Comunitaria del Verbano-Cusio-Ossola e la Fondazione Comunitaria Nord Milano. Queste 15 fondazioni, che insistono sulla quasi totalità del territorio lombardo e sulle aree del verbano e del novarese, zone dove Cariplo ha sempre svolto un ruolo molto attivo, rappresentano ancora oggi quasi la metà delle Fondazioni di Comunità presenti nel nostro Paese.
Abbiamo chiesto al Dott. Pier Mario Vello di spiegarci più nello specifico l’evoluzione del progetto Fondazioni di comunità, raccontandoci quali risultati abbia raggiunto nel corso di questi quindici anni e quali siano le prospettive di crescita di tale esperienza.
Dottor Vello, perchè Cariplo ha deciso di intraprendere il Progetto Fondazioni di Comunità?
Potrebbe spiegarci la modalità operativa che Cariplo ha seguito per l’istituzione delle Fondazioni? Dal punto di vista economico quale relazione intercorre tra Cariplo e le Fondazioni?
Per far partire le Fondazioni di comunità Cariplo ha deciso di farsi promotrice dei singoli progetti costitutivi, aggregando intorno a sé altri eventuali fondatori e mettendo a disposizione delle neonate fondazioni una dotazione iniziale. Il cosiddetto “progetto sfida” prevede lo stanziamento iniziale di 5 milioni di euro e l’impegno a raddoppiare i fondi raccolti autonomamente dalla fondazione di comunità nei dieci anni successivi la costituzione fino al raggiungimento del cosiddetto “obiettivo sfida” (fissato in 5 milioni di euro). Se quindi la Fondazione di comunità è stata in grado di raccogliere 5 milioni di euro Cariplo si impegna a trasferire altrettanto denaro nelle casse della Fondazioni di comunità. Raggiungendo l’obiettivo fissato la Fondazione di comunità andrà dunque a trovarsi in possesso di un patrimonio finanziario pari ad almeno 15 milioni di euro. Questo è l’endowment principale fornito alle Fondazioni, in più Fondazione Cariplo si impegna a fornire una dotazione annuale per la promozione di bandi locali volti al perseguimento dei local proposal stabiliti dalla Fondazione di comunità. Cariplo ha preferito fornire da subito risorse alle Fondazioni di comunità in modo che potessero dotarsi di una struttura efficiente, che potesse garantire una certa continuità nel tempo e fosse in grado di fornire una presenza stabile sul territorio.
Quali obiettivi dovrebbe perseguire una Fondazione di comunità?
Da una parte persegue un’attività caratteristica delle fondazioni che è quella di erogare risorse e promuovere la filantropia: la Fondazione di comunità c’è per rispondere alle esigenze di un dato territorio e per far del bene alla società civile di quell’area, promuovendo attività mirate sui bisogni locali. Dall’altro lato, e qui c’è indubbiamente il tratto più innovativo, la Fondazione agisce non solo come erogatore ma anche come aggregatore di risorse e competenze. Tanto più la Fondazione di comunità si dimostra impegnata per il proprio territorio tanto più sarà in grado di raccogliere attorno a sé attori che possano contribuire allo sviluppo delle sue attività. La Fondazione di comunità pertanto non si occupa solamente di fund raising, ma si impegna a catalizzare le capacità e le intelligenze dei migliori uomini e donne del territorio, in modo che la società civile possa condividere la mission della Fondazione e contribuire all’azione da essa svolta. E’ evidente che questi due pilastri sono sinergici: quanto più la Fondazione svolge bene la propria attività filantropica tanto più è in grado di raccogliere sul territorio risorse e competenze che, a loro volta, miglioreranno le attività proprie della Fondazione.
Quali sono i soggetti che si tende a coinvolgere nel Consiglio di Amministrazione delle Fondazioni di comunità?
Dipende molto dal territorio in cui si decide di costituire una Fondazione di comunità. Indubbiamente è un bene che la rappresentanza sia la più ampia possibile e che siano espresse le diverse realtà che costituiscono la società – Terzo settore, volontariato, Chiesa, attori economici e istituzioni pubbliche – avendo tuttavia come punto fermo l’indipendenza della Fondazione tanto dalle correnti di pensiero di natura economica che da quelle di natura politica. Fondazione Cariplo, anche questo è importante ricordarlo, non sceglie quali soggetti coinvolgere all’interno del CdA delle Fondazioni di comunità. Cariplo è fondatrice delle diverse Fondazioni, ma sono poi queste che, dotandosi autonomamente di uno statuto e di un proprio regolamento per le nomine, scelgono chi debba sedere nel proprio Consiglio di Amministrazione. Un ulteriore appunto merita il tema della “istituzioni coinvolte”. Le istituzioni per loro stessa natura sono scatole vuote, strutture che funzionano primariamente non per le caratteristiche oggettive che posseggono ma grazie a coloro i quali operano al loro interno, cioè grazie alle persone. Quale vantaggio può avere una Fondazione di comunità coinvolgendo istituzioni blasonate se queste sono rappresentate da persone “scadenti”? Siamo convinti che oggi la filantropia si possa realizzare grazie soprattutto a competenze specifiche, anche manageriali. Riconosciamo che un’altra componente fondamentale per chi lavora sul territorio sono le relazioni che servono per svolgere il ruolo di collettore. Non serve blasone, ma semmai voglia di “sporcarsi le mani”: oggi il mondo è andato avanti confondendo l’importanza delle conoscenze con quelle delle competenze. Non servono “amici” ma persone che sappiano fare bene il proprio mestiere. Per questo motivo il non profit si sta sempre di più professionalizzando e molti grandi professionisti del profit vanno a lavorare nel Terzo settore.
Al di là dell’impegno nella costituzione e nel parziale sostegno economico, quali rapporti mantiene Fondazione Cariplo con le varie Fondazioni di comunità?
Fondazione Cariplo assume un ruolo di “mantenimento della rotta”, spingendo in particolare su tutti quegli aspetti relativi alla qualità dei servizi offerti, al livello delle persone coinvolte e all’attenzione verso il territorio. Fare una Fondazione di comunità non è cosa facile. Implica un lavoro continuo e intenso che sicuramente non è possibile fare a tempo perso: strutturare la filantropia e aggregare gli attori del territorio sono lavori scientifici, che non possono essere fatti superficialmente. La Cariplo funge da sollecitatore delle iniziative intraprese dalle Fondazioni sotto diversi punti di vista, aiutandole ad esempio nel campo della formazione e della comunicazione, o fornendo loro consulenza in materia di fund raising, creazione degli statuti, governance interna. Forniamo cioè supporti in grado di far crescere le competenze proprie delle Fondazioni, cercando comunque di garantirne sempre l’autonomia. Stiamo spingendo perché aumentino l’impegno e l’efficacia dal punto di vista della comunicazione, con nuovi sistemi moderni che passano per i social network, strumenti che possono essere molto utili per la trasparenza, la raccolta e ancora per assoldare volontari.
Le Fondazioni di comunità usano molto lo strumento dei bandi, privilegiando quelli che prevedono l’obbligo per le associazioni che vi partecipano di reperire autonomamente una parte del denaro prevista. Per quali ragioni Cariplo ha indicato questa strada privilegiata per l’erogazione?
Recentemente sulla stampa si è dibattuto sull’utilizzo o meno dei bandi. Felice Scalvini, di Assifero, ha affermato, ad esempio, che l’uso sistematico dei bandi rischia di trasformare in “progettifici” le Fondazioni e le organizzazioni che si rivolgono a loro per chiedere sostegno. Questo rischio può esserci, ma il bando è uno strumento di estrema trasparenza che obbliga le Fondazioni a stabilire criteri precisi, a pubblicizzarne i parametri assunti e a rendere noti parametri di valutazione assunti su tale questione. Ovvio che poi su ogni territorio i criteri del bando possono essere più o meno precisi, ma con l’attenzione di non attivare misure arbitrarie che esulino dagli schemi metodologici di un bando pubblico e trasparente. Inoltre il fatto di coinvolgere direttamente le associazioni nella raccolta dei fondi impedisce che queste si “siedano” attendendo che sia qualcun altro a fornire loro le risorse di cui necessitano. La Fondazione non è il bancomat a cui accedere quando se ne avverte la necessità. E’ una realtà che ovviamente eroga risorse, ma che soprattutto è capace di coinvolgere attivamente gli attori presenti sul territorio.
Cariplo continua a operare in qualche modo sui territori in cui sono presenti Fondazioni di comunità?
I bandi di Fondazione Cariplo sono aperti a tutte le organizzazioni non profit, in Lombardia e nelle province di Novara e Verbano-Cusio-Ossola. Le Fondazione di comunità hanno una loro autonomia ed è giusto che sia così, pubblicano dei bandi su tematiche comprese nei nostri stessi ambiti di intervento, ma che puntano a sostenere azioni che Fondazione Cariplo non svolge. Insomma, non ci facciamo concorrenza, anzi ci integriamo. Va detto poi che le Fondazioni di Comunità ricevono ogni anno consistenti contributi da Fondazione Cariplo attraverso i quali attivano bandi o altre iniziative a favore del non profit. In quel caso ci affianchiamo a loro. In certi casi infatti le risorse necessarie per sostenere interventi importanti, o le tempistiche di attuazione di un progetto, risultano non essere sostenibili da una Fondazione di comunità, ed in questo caso è Cariplo che si muove. Le fondazioni di comunità sono preziose antenne sul territorio, in grado di valutare le necessità specifiche di quei luoghi: Cariplo si occupa di erogazioni consistenti per campi particolari, mentre le Fondazioni di comunità erogano risorse meno considerevoli che tuttavia abbracciano una maggior gamma di attività.
Cariplo oltre a indirizzare l’azione delle Fondazioni di comunità opera una qualche valutazione delle attività da esse svolte?
Sulle iniziative realizzate autonomamente dalle fondazioni locali non interveniamo, com’è giusto che sia. Certamente se una fondazione locale dovesse perdere completamente coscienza dei propri obiettivi e erogare risorse senza tenere conto della propria mission Cariplo non resterebbe a guardare. Se dovesse accadere un fatto del genere dopo aver richiamato la Fondazione smetteremmo di erogarle nostre risorse e, nel caso, ci sfileremmo anche dal suo CdA. Ovviamente quei bandi attivati con risorse della nostra Fondazione sono invece oggetto di un controllo approfondito e specifico. Collaboriamo molto attivamente anche per la valutazione e la selezione dei cosiddetti progetti emblematici: ogni anno due territori provinciali beneficiano di un bonus ulteriore di risorse, circa 7,5 milioni di euro; questi servono per realizzare iniziative di vasta portata che difficilmente sarebbero sostenibili anche attraverso i bandi di Fondazione Cariplo; in questo caso il territorio viene coinvolto e sceglie con giudizio i progetti di cui sente maggior necessità. Per questo si chiamano azioni emblematiche e ricorrono ogni sei anni.
Cariplo ha intenzione di costituire Fondazioni di comunità in altre aree in cui attualmente non sono presenti? Penso in particolare alla città Milano e nella zona a Sud-Est della città in cui non esistono realtà simili.
Per quel che riguarda la città di Milano Cariplo ha deciso di continuare a operarvi direttamente. Non ci sembrava il caso di raddoppiare le strutture per coordinare attività su un territorio, quello milanese, che ben conosciamo. Per quel che riguarda la zona Sud-Est invece esistono due ragioni fondamentali per cui non esiste una Fondazione di comunità: da un lato, anche in conseguenza della crisi, le risorse si sono fatte più scarse, dall’altro ci piaceva l’idea di consolidare l’esperienza delle 15 fondazioni esistenti prima di vararne di nuove. Come ho già detto creare una Fondazione di comunità efficiente non è uno scherzo, e in una situazione non facile come quella attuale abbiamo scelto di essere prudenti e attendere tempi migliori. Non è dunque escluso che in futuro si possa attivare una Fondazione anche nella zona “scoperta” che mi ha indicato, la quale comunque beneficia di erogazioni provenienti direttamente da Cariplo.
E per quanto riguarda le aree al di fuori della Lombardia?
Fuori dall’area in cui normalmente opera Cariplo – ovvero Lombardia e le provincie di Novara e del Verbano-Cusio-Ossola – non penso costituiremo altre Fondazioni di comunità. Questo perché altre fondazioni di origine bancaria potrebbero favorire, o hanno già favorito, esperienze simili a quelle del Progetto Fondazioni di comunità di Cariplo, anche sperimentando forme diverse rispetto a quelle utilizzate da Cariplo in questi anni. Anche se, occorre dirlo, non è obbligatorio che una Fondazione abbia alle spalle una fondazione bancaria per poter funzionare, è certo che avere un supporto di questo genere rende la strada meno in salita. Ci sono casi di Fondazioni di comunità non legate a Cariplo che sono state fondante senza questo genere di endowment, in cui quindi le Fondazioni hanno reperito autonomamente tutte le risorse di cui avevano necessità. In questi casi tuttavia la strada è enormemente più difficoltosa per le Fondazioni, perché il rischio è quello di non avere neanche le risorse per strutturarsi internamente in maniera professionale.
Ritiene che la politica potrebbe fare qualcosa per aiutare attività filantropiche simili alla Fondazione di comunità?
Le Fondazioni di origine bancaria hanno appena approvato la Carta delle Fondazioni: un documento spontaneo con il quale, tra le altre cose, si impegnano ad evitare commistioni con il mondo della politica, per non rischiare che questa se ne appropri. Ma a livello locale, spesso gli amministratori comunali, provinciali o di altre istituzioni hanno saputo ben interpreta il loro ruolo: hanno supportato la nascita e lo sviluppo delle Fondazioni di comunità, comprendendo che esse possono rappresentante un efficace strumento ad esempio per il secondo welfare o per l’integrazione delle politiche pubbliche condivise. La Politica, così come il mondo economico, dovrebbe valutare con molta più attenzione tutti gli aspetti legati al dono, alla solidarietà e alla gratuità, evitando di contrastarli o addirittura di deviarne gli scopi, impegnandosi invece per sostenerli. E’ solo attraverso questa strada che si può attivare un lavoro su e con la società civile che né il settore pubblico né il mondo dell’economia si sono dimostrati in grado di svolgere. Il pubblico, il privato e il privato sociale oggi hanno il dovere di lavorare insieme per il bene comune. La gratuità, il dono, sono elementi dirompenti di cui oggi abbiamo assolutamente bisogno e che né lo Stato né l’economia sono in grado di generare da soli. Negli ultimi anni ci siamo dimenticati di questi fattori che sono stati importanti per risollevare il nostro Paese perfino dal dramma del dopoguerra, e che hanno garantito la crescita economica, sociale e culturale. A livello imprenditoriale si stanno facendo passi avanti con la Corporate Social Responsability, ma indubbiamente si può e si deve fare molto di più. Il mondo della filantropia oggi appare maturo per fare la propria parte. E le fondazioni di Comunità sono uno strumento potente per coinvolgere le persone e far loro toccare e vedere concretamente che il contributo di ciascuno, sotto forma di donazione torna effettivamente alla comunità dove si è generato sotto varie forme: dai progetti in ambito culturale, fino a quelli per il sostegno ai servizi alla persona di cui oggi si sente tanto bisogno.
Riferimenti
La pagina del progetto sul sito di Fondazione Cariplo
Risultati 2010 sul sito di Fondazione Cariplo
Alcune esperienze di filantropia di comunità sul sito di Fondazione Cariplo
Brochure del Progetto Fondazioni di comunità
La nostra intervista a Bernardino Casadei, Segretario Genrale di Assifero, sulle Fondazioni di Comunità
Promuovere la filantropia comunità nel Mezzogiorno: l’esperienza di Fondazione con il Sud